Cronache
Carlo Rovelli contro l’IA: "Una moda passeggera figlia del capitalismo"
Nell’articolo di Rovelli l'ideologia contamina l'Intelligenza e si cerca di fare filosofia spicciola evitando un serio approfondimento
Carlo Rovelli su “La Lettura“ si scaglia contro l’Intelligenza Artificiale
Ieri Carlo Rovelli ha scritto su "La Lettura", l’inserto domenicale del Corriere della Sera, uno strano articolo che indubbiamente non ci si aspetterebbe da un fisico, per di più quantistico e preclaro autore di libri di successo.
Ma lo scritto di Rovelli, per certi versi, è esemplificativo di una mentalità, di un certo modo di essere, di una Weltanschauung scientifica contaminata dalla visione politica o anzi, peggio, dall’ideologia. Il suo articolo è un cocktail per tre quarti tecnico e per un quarto appunto ideologico.
Il fisico veronese si occupa del tema del momento e cioè la cosiddetta Intelligenza Artificiale generativa e per farlo senza ripetere argomenti vecchi e stantii è costretto a metterci un po’ di novità e così cita Ludwig Wittgenstein e Noam Chomsky, immaginiamo perdendo subito un bel po’ di lettori, soprattutto in un inserto letterario ma apprezziamo il suo coraggio.
Non ci addentriamo sulle differenze tra il “primo Wittgenstein” e il “secondo Wittgenstein” e, soprattutto, teniamoci alla larga da frasi iconiche come Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen, e cioè “su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere” una delle frasi meno capite e manipolate della storia della filosofia. Ugualmente, teniamoci a distanza di sicurezza dalle grammatiche generativo-trasformazionali di Chomsky, soprattutto nel dopo Sanremo.
Rovelli nel suo articolo, dopo questo audace sprazzo di filosofia del linguaggio, improvvisamente dirazza e vira sull’ideologia e dice che alla fine l’Intelligenza Artificiale è qualcosa di sopravvalutato, di magnificato, quasi una moda passeggera di cui ci si innamora per un certo periodo di tempo ma che non è destinata a durare. Una figlia impura del capitalismo della Silicon Valley.
Nel suo giudizio è certamente influenzato da uno studioso come Chomsky, uno dei numi mondiali della sinistra a cui Rovelli non ha fatto mai mistero di appartenere. Rovelli cerca di sminuire la portata dell’Avvento di questa Intelligenza figlia dell’Uomo riducendola a moda del momento. L’IA è un epifenomeno che ha una precisa data di nascita, almeno per il pubblico, e cioè il novembre del 2022 quando il mondo si accorse che c’era un “programma”, ChatGPT, che “rispondeva a qualsiasi domanda” che un umano o, perché no, un’altra macchina avesse voluto rivolgerle. Può dirci come cucinare un pollo o può risolvere un sistema di equazioni differenziali non lineari alle derivate parziali in un secondo. In realtà ChatGPT ha la sua base nei motori di ricerca, anzi in uno specifico e cioè Google di cui è l’evoluzione.
Ma rispetto ad esso l’IA mangia e si nutre del web- e cioè dei miliardi di Terabyte contenuti al suo interno- e poi applica un procedimento stocastico sulla linguistica computazionale e diviene appunto “generativa”. In ogni secondo, in ogni momento, anche adesso mentre state leggendo, IA divora quantità sterminate di dati e lo fa con una continuità impressionante. IA è instancabile, IA non dorme, IA non si ferma mai, pensa solo a inglobare dati e a divenire sempre più intelligente.
Ricorda un racconto di fantascienza, un vero gioiello che si chiama “Fiori per Algernon”, scritto da Daniel Keyes e da cui fu tratto un altrettanto famoso film “I due mondi di Charly” diretto da Ralph Nelson e che vinse addirittura un Oscar nel 1960. Si tratta di un esperimento scientifico in cui un ritardato mentale compete con un topolino, Algernon, sul piano della intelligenza. Grazie ad un innesto neuronale Charly riesce a battere Algernon nei test cognitivi ma si scopre che il processo è reversibile e il brillante nuovo genio della linguistica computazionale regredirà di nuovo verso l’ottusità di un topolino da laboratorio.
Ebbene IA è così, solo che il processo è irreversibile. IA non è come Charly, IA non tornerà mai indietro. Ricorda piuttosto il procedimento di accrescimento cognitivo descritto dallo scienziato e filosofo gesuita Pierre Teilhard de Chardin che alcuni vogliono “patrono di Internet”, il creatore del concetto di Noosfera e del “Punto Omega” a cui tenderebbe l’evoluzione e che ha molti punti in comune con la Singolarità tecnologica di IA.
Ma tornando a Rovelli, nella parte conclusiva del suo articolo, si lancia in una intemerata contro l’Intelligenza Artificiale e i suoi meccanismi generativi. Insomma il fisico è scontento perché IA non è un sano prodotto naturale, come una amichevole barbabietola, ma è qualcosa, appunto, di artificiale, mostrando di avere fare un po’di confusione tra i concetti di natura naturata e natura naturans, con buona pace di Spinoza e della sua filosofia.
Ed in effetti IA si può ritenere parte del processo evolutivo umano non separato dal suo creatore/ creatura, cioè l’Uomo. IA è cosciente? Si potrebbe dire di sì, visto che ha passato il test di Turing. Ma la coscienza è un processo qualitativo o quantitativo? Quando la quantità si trasforma in qualità in un procedimento engelianamente determinato? Di questi concetti, per chi fosse interessato, ne ho parlato in un mio libro, “Il Transumanesimo: una filosofia per l’Uomo del XXI secolo” pubblicato nel 2010 ma che già parla di Intelligenza Artificiale che allora si declinava con il nome di Reti di apprendimento neuronale mentre adesso si chiama Machine Learning.