Cronache
Non una di meno, slogan contro Meloni. Ma cosa c'entra governo con femminismo?
Al corteo di "Non una di meno", tra cori contro Israele, Salvini e il governo Meloni, si è assistito a scene di guerriglia che poco c'entrano con il femminismo
Violenti slogan contro Israele, Salvini e Meloni al corteo "Non una di meno"
Ieri nella “Giornata internazionale per “l’eliminazione della violenza sulle donne” è andato in onda qualcosa di violento, di già visto e che non fa bene alla causa che difende. Qualcosa che ricorda tempi antichi, anni ’70, cortei che invadevano le città al grido “Tremate, tremate le streghe son tornate” e si saldavano inevitabilmente alla politica extraparlamentare che portò alla stagione del terrorismo. Ricorda Cesare Musatti, il grande psicanalista, colpito da uno zoccolo scagliatogli contro dalle femministe inferocite.
A Roma, al Circo Massimo, si sono contate – secondo gli organizzatori - 500.000 persone, non certo tutte donne (come invece è stato detto), al corteo di “Non una di meno”. Le femministe hanno sfilato urlando violenti slogan contro il “patriarcato” e fin qui, si può capire, ma anche contro Israele e il governo, nello specifico Giorgia Meloni, guarda caso la prima donna premier della storia repubblicana, ma anche contro Matteo Salvini.
Nel corteo organizzato ufficialmente “contro la violenza” campeggia un bello striscione pacifista con la scritta “Se domani tocca a me brucia tutto”. Un vero esempio di coerenza ideologica e soprattutto metodologica pronunciato da Elena Cecchettin, la “gladiatora” sorella della povera Giulia. Certo che lo slogan assume un significato alla luce delle foto horror contenute sul suo profilo Instagram. Ne abbiamo parlato qui.
Per rafforzare l’intento pacifista cinque attiviste hanno attaccato la sede Rai di viale Mazzini a Roma. Al blitz è seguito per le cinque una visita al locale commissariato. L’evento, nostalgia canaglia, ricorda quello organizzato dalle femministe anni ’70 con l’attraversamento di via Labicana per giungere alla mitica “Piazza Cofferati”, pardon “Piazza San Giovanni”. Gli slogan sono stati i soliti e rivelano la fiacca filologia femminista e cioè: “Maschi educatevi oppure isolatevi”, “Mi fido solo delle mie sorelle”, “No al patriarcato”, “No alla mascolinità tossica”.
Alla testa del corteo il solito camion sgangherato che ha proiettato sui palazzi la scritta “free Palestine” in colore fucsia e che poi si è spostato davanti alla sede della organizzazione “Pro vita e Famiglia” e ha ricoperto con gigantografie lo stabile, in un episodio di intimidazione. Naturalmente il sindaco di Roma Roberto Gualtieri si è fiondato per non perdere la passerella insieme al segretario del Pd Elly Schlein che saltellava come un grillo per farsi i selfie da postare.
Maurizio Landini ha redarguito Giorgia Meloni non presente ai cortei con un: “Meloni assente al corteo? Ognuno si assume la responsabilità delle proprie scelte”, come se si fosse trattato di un obbligo. Certo che la posizione della Schlein è un po’ più difficile da tenere perché lei è ebrea e si è trovata in un oceano di femmine furiose che stavano con le “sorelle palestinesi stuprate”. Suo padre che ha combattuto in Israele l’ha già criticata ma lei fa finta di niente.
Alla Palestina si è aggiunto anche il tema dell’Ambiente e così il corteo “Non una di meno” ha ospitato eventi degli ecovandali di Extinction Rebellion con tanto di mimi e repertorio da figli dei fiori. Poi una scena da film horror che ricorda le immagini che ha su Instagram Elena Cecchettin: un corteo di streghe vestite di rosso di Red Rebels che danzavano in circolo intorno alla fontana del Bernini a Piazza Navona.
“Vogliamo costruire un mondo diverso, contrario alla logica patriarcale e capitalista del conquista e distruggi. Questa spasmodica ricerca di dominio per darsi l’illusione di essere forti. Dominare corpi. Dominare terre. Ed è per questo che la lotta transfemminista intersezionale si intreccia con la lotta ecologista, con la difesa dei territori. In questa prospettiva non possiamo non citare il ponte sullo Stretto, che occupa un posto d’onore tra le grandi opere, essendo di fatto oltre che un affare economico-politico, anche un grande specchio per le allodole”, così hanno dichiarato intonando – come al solito - “Bella Ciao” e il pugno chiuso.
Insomma non si capisce cosa c’entri il femminicidio di Giulia Cecchettin con le “sorelle palestinesi stuprate” e il “ponte sullo Stretto” di Salvini, preso di mira nel corteo. Non si capisce, se prima non si chiama in causa una brutta bestia che ha nome Ideologia e che nulla ha a che fare con i diritti e donne. Ieri è sceso in campo un corteo contro l’Occidente e i sui valori di Sviluppo e Democrazia. Il filo rosso che è stato scelto per rappresentare la giornata non è quello della tragedia del sangue versato nei femminicidi ma il colore rosso dell’ideologia politica.
Queste femministe fanno politica perché se non la facessero avrebbero dovuto dire qualcosa anche delle “sorelle israeliane stuprate da Hamas” e non si sarebbero occupate del Ponte dello Stretto. Oltretutto la vicenda sta prendendo una deriva pericolosa. Chiunque abbia un’opinione diversa viene implacabilmente bastonato mediaticamente in un pericolosissimo rigurgito di intolleranza e i giornalisti hanno paura e non si espongono. Questo è l’inizio della fine della democrazia.