L'eutanasia è un falso problema: ad essere sacra è la libertà di scelta
Eutanasia un tema difficile? No. In un mondo libero e laico, l’idea che la vita sia sacra ed appartenga a Dio è lecita, ma è assurdo imporla a chi non crede
Si dice che l’eutanasia sia un tema difficile, e non è così.
Immaginiamo di avere sul tavolo una scatola chiusa, e ci si chieda di che colore è l’oggetto che c’è dentro. Ovviamente la discussione potrebbe essere interminabile, perché i colori sono in numero pressoché infinito, e la domanda è futile. L’unico modo per conoscere quel colore, direbbe Kant, è aprire la scatola. Ma soprattutto: è vero che c’è un oggetto, nella scatola? Perché, se non ci fosse, la domanda sarebbe assurda. Il problema dell’esistenza dell’oggetto, direbbe ancora Kant, precede quello del suo colore.
Ecco in che senso il problema dell’eutanasia è mal posto. Infatti la sua soluzione dipende da un quesito logicamente precedente: il rapporto tra vita e diritto.
In tutte le legislazioni del mondo l’omicidio è sanzionato con pesanti pene, perché l’idea dell’intera umanità è che ognuno ha il diritto all’esistenza. Ma questo diritto non è visto in maniera positiva, nel senso che il codice ci debba dire se praticare o no uno sport, se sposarci o no, e via dicendo, ma in maniera prevalentemente negativa, nel senso che nessuno deve essere ucciso. Poi, purché non violi i diritti altrui, “ciascuno è padrone della sua vita” e può fare ciò che vuole. Incluso suicidarsi. Se sopprimo qualcuno sto in carcere per ventun anni, se salto dal balcone, e mi sfracello tre piani più in basso, non commetto reato. Neanche se sopravvivo.
Purtroppo ciò che si è esposto fin qui è il punto di vista laico. Per la dottrina cristiana, invece, “il corpo è il tempio dello Spirito Santo” e ciò spiega perché può essere peccato la masturbazione, il suicidio, le pratiche anticoncezionali ed altre cose ancora, inclusa l’obesità, dal momento che la “gola” (ghiottoneria) è uno dei sette peccati capitali. In sintesi, l’uomo è appena l’inquilino del suo corpo. Il padrone è Dio.
Ecco perché il singolo non può disporre della sua vita. Essa non è un dono di Dio, come dicono, è un usufrutto. Può usarne ma senza danneggiarla e per gli scopi previsti dal proprietario. Ecco perché l’eutanasia non è ammessa.
Per il laico è inconcepibile che qualcuno venga a dirgli se deve vivere o morire, se deve avere figli o non deve averne, se sì o no può assaporare il sesso senza essere sposato, ma per la Chiesa tutte queste cose sono materia della sua dottrina. E, se può, impone i suoi principi con la forza. Sono duemila anni che ripete che l’uomo, uccidendosi, dispone di qualcosa che non è suo, e così tutti – anche gli atei – ripetono senza riflettere che “la vita è sacra”.
Naturalmente queste affermazioni comportano due corollari: il primo, che chi si oppone all’eutanasia dovrebbe anche non essere sovrappeso, astenersi dal sesso fuori dal matrimonio, astenersi dalle pratiche anticoncezionali, non masturbarsi e via dicendo. Anche queste cose hanno a che vedere col “sacro”. Inoltre, non si può non osservare che quando una cosa è nell’interesse di molti, come l’interruzione volontaria della gravidanza, il costume si evolve e con esso il codice penale. Oggi l’aborto cosiddetto terapeutico è addirittura a spese dello Stato.
La seconda considerazione è che se la religione arrivò ai quei principi, lo fece, coscientemente o no, nell’interesse della specie. Un tempo si moriva giovani e la mortalità infantile era alta. Dunque, per evitare l’estinzione della specie, l’istinto richiedeva che si facesse il massimo numero di figli e si considerasse “sacra” la vita, anche del semplice concepito. Poi i secoli sono passati e molte di quelle esigenze sono venute meno. Il problema di oggi, piuttosto che l’estinzione della specie, è l’iperantropizzazione. E invece la Chiesa, che in molte altre materie è diventata tanto tollerante da chiedersi se non sia ormai un’associazione di beneficenza, sull’eutanasia rimane rigida. Forse perché quel problema riguarda pochi, sfortunatissimi esseri umani. Sull’aborto, visto che riguarda milioni di persone, chiude un occhio, e richiede soltanto la formalità di una confessione, sull’eutanasia, che riguarda al massimo poche centinaia di persone, è ancora disposta a far pagare a quei pochi il prezzo dei pregiudizi dei molti.
La discussione sull’eutanasia è semplicemente ipocrita. In un mondo libero e laico, l’idea che la vita sia sacra ed appartenga a Dio è lecita, ma è assurdo imporla a chi non è credente. Abbiamo una società che si scandalizza se qualcuno chiama frocio un omosessuale, e poi impone, a chi soffre tanto da invocare la morte, di continuare a vivere. Se questa non è crudeltà, che cos’è?