Cronache

Legittima difesa prima della riforma: più assoluzioni, qualche condanna.I casi

Emanuele Silvestri

Legittima difesa: più assoluzioni, ma qualche condanna in vista della riforma. I casi precedenti

Più assoluzioni ma qualche condanna: la legittima difesa prima della riforma 

Dopo una lunga gestazione, l’iter della proposta di legge sulla legittima difesa è giunta al suo epilogo, o quasi. Per l’attuazione delle modifiche sull’art. 52 del Codice Penale già approvate dal Senato lo scorso 24 ottobre 2018, ora manca solo la conferma della Camera. Il disegno di legge recante le “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa” si compone di nove articoli, attraverso i quali, oltre alle materie della legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo, si toccano anche i reati contro il patrimonio e il delitto di violazione di domicilio. Da ciò si spiega la volontà della Commissione giustizia di predisporre un testo unificato.

Ma la novità che costituisce il pezzo forte del Ministro Salvini sta nei primi due articoli del disegno di legge. In estrema sintesi, questi porterebbero a richiamare in qualsiasi circostanza il rapporto di proporzionalità tra l’offesa e la difesa. Quindi, ad assicurare lo stato di assoluta impunibilità a chi fa uso di armi per contrastare un possibile pericolo d’aggressione. Inoltre, il Senato ha introdotto anche il criterio del “grave turbamento” accanto a quello di minorata difesa quale causa di non reato per chi fa uso di armi legalmente detenute.

Rispetto alla normativa vigente quello proposto segna un cambiamento drastico sul tema della difesa personale, sia a livello giuridico, che morale e sociale. Proprio per tal motivo, nonostante la proposta di legge abbia un’origine partitica e sia inserita nel contratto di governo, tanti sono i favorevoli alla sua approvazione e altrettanti i contrari. Ma di recente Salvini ha assicurato che “non ci saranno scherzi in Parlamento” e Di Maio ha smentito le voci di un possibile dissenso: “E’ nel contratto, rispettiamo gli impegni”.

Ad opporsi, invece, è il presidente dell’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) Francesco Minisci: “E’ una riforma di cui non abbiamo bisogno. L’istituto è sufficientemente regolamentato nel nostro sistema”.

A tal proposito, come dimostrano i casi sottoelencati, il richiamo alla legittima difesa putativa ha spesso scagionato i privati cittadini anche dalle situazioni più dubbie.

Di un'altra opinione, invece, sono i familiari delle vittime che tentano in ogni modo di ottenere un risarcimento per i danni subiti.

 

I CASI PRECEDENTI

GIOVANNI PETRALI

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“Mani in alto! Questa è una rapina!” è stata la frase con la quale, nel corso di una quotidiana giornata di maggio del 2003,  due uomini armati hanno fatto irruzione nel bar della famiglia Petrali. La situazione va subito fuori controllo e il proprietario Giovanni spara quattro colpi di pistola sui malviventi. Durante la fuga, uno dei delinquenti muore sulla strada. L’altro, con un polmone perforato dal proiettile, riesce a salvarsi. Da qui in avanti, ha avuto inizio l’incubo giudiziario e sociale di Petrali. Inizialmente è stato condannato in primo grado a un anno e otto mesi di reclusione, con pena sospesa. Secondo il giudice, solo il primo colpo è stato sparato nella fase di “legittima difesa”, gli altri tre, invece, non rientravano nella “fase dell’offesa”. Otto anni dopo, nel 2011, l’Appello ha ribaltato la sentenza riconoscendo al 75enne milanese la “legittima difesa putativa”. In quanto sconvolto dalla situazione, l’uomo avrebbe sparato commettendo un errore di percezione della situazione. Lo scorso novembre 2018, autori di un libro intitolato “Legittima difesa, la vera storia di una rapina finita nel sangue”, i figli Nicolò e Marco avrebbero commentato come inutile, ai fini di un miglioramento della condizione sociale del loro padre, l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge recante le modifiche al codice penale.

 

FRANCO BIROLO

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Franco Birolo, un semplice tabaccaio padovano ex Parà. La notte del 26 aprile 2012, il 23enne moldavo Igor Ursu fa irruzione con altri all’interno del suo negozio. Birolo, all’epoca 47enne, dormendo al piano superiore della struttura aveva sentito i rumori. Nello scendere, lasciando moglie e figlia piccola soli in casa, si porta con sé una pistola con cui spara al rapinatore, uccidendolo. Quello di Franco Birolo è stato un calvario iniziato quella notte, ma che pare non essersi ancora concluso. Inizialmente, una condanna a 2 anni e 8 mesi per eccesso colposo di legittima difesa ed una richiesta, dai familiari della vittima, di 325 mila euro. A distanza di sette anni dall’omicidio, i familiari del ladro hanno agito in sede civile per il risarcimento del danno, ma la Cassazione ha respinto la richiesta.

 

GRAZIANO STACCHIO

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“Non vorrei sembrare poco gentile con queste persone che parlano di me e fanno tante cose belle. Ringrazio tutti, ma io sono in uno stato di confusione e malessere totale, vorrei solo tornare a fare il mio lavoro”. Non vuole essere considerato un eroe, ma quanto accaduto per Graziano Stacchio ha dell’hollywoodiano. Lo scorso 3 febbraio 2015, in quel di Ponte Nanto (Vicenza) cinque rapinatori armati assaltano la gioielleria che si trovava in prossimità del suo benzinaio. In difesa della proprietaria Genny, Stacchio spara sui delinquenti con il suo fucile da caccia. Tre colpi, di cui uno mortale per Albano Crasso, un giostraio 41enne trovato morto dissanguato. Inizialmente, il benzinaio vicentino viene indagato con l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Poi, grazie ad una raccolta fondi avviata dalla Confcommercio e al forte sostegno del suo paese, Stacchio riesce a pagare 40 mila euro di spese legali (senza mai andare a processo). Infine, Il 16 giugno del 2017 il pm chiede e ottiene l’archiviazione del caso. Proprio recentemente, Graziano Stacchio si è pronunciato a riguardo del disegno di legge sulla legittima difesa: Salvini ha fatto una promessa su un tema che è stata la campagna di forza della Lega. Sono dunque fiducioso e convinto che la discussione andrà in porto perché la gente ha paura. E sulla paura non si costruisce una nazione, uno Stato”.

 

FRANCESCO SICIGNANO

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La notte del 20 ottobre 2015 Sicignano si trovava in casa con la moglie. All’improvviso, dei rumori e la visione di una sagoma lo allarmano. Di lì a poco, la confusa presenza di un ladro sarebbe diventata una tragica realtà. Per fermare Gjiergi Gjonj non è bastato un richiamo, ma è stato necessario un colpo di pistola fatale. Si apre la vicenda giudiziaria. Inizialmente, il sospetto che l’uomo avesse sparato dalle scale esterne fa tremare Sicignano e la sua famiglia. Poi, il medico legale mandato dalla procura smentisce e conferma la tesi riportata dal 67enne. Cade quindi l’accusa di omicidio volontario. Anche in questo caso a opporsi sono i familiari della vittima che chiedono un risarcimento per i danni subiti, ma nel 2016 i pm Alberto Nobili e Antonio pastore decidono di archiviare il caso. Per giorni, sul cancello della villa della famiglia Sicignano è rimasto appeso un cartello che recitava “la difesa è sempre legittima”.

 

MARIO CATTANEO

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“Non c’è giorno che non pensi a quel ragazzo, ma io non avevo nemmeno l’intenzione di ferirlo, ho la coscienza tranquilla”. È il pensiero a freddo di Mario Cattaneo, l’oste di Casaletto lodigiano che, nella notte del 10 marzo 2017, ha sparato al ladro che si era introdotto nella sua locanda per derubarlo. A subirne le conseguenza è stato in primis Cattaneo stesso, rimasto visibilmente ferito durante l’aggressione. Per il malvivente romeno 23enne Petre Ungureanu, invece, il colpo di fucile alla schiena è stato fatale. In seguito all’accusa per eccesso di legittima difesa, il ristoratore lodigiano è stato poi depenalizzato. “Una notizia commovente che attendevo da mesi” ha spiegato Cattaneo, giunta al termine di un incubo in cui si è visto sostenere da vari esponenti politici e, soprattutto, da un gruppo di commercianti vittime di rapine. Un’iniziativa dell’Unavi, l’unione nazionale delle vittime. Alla notizia dell’approvazione della legge in Senato, il 68enne del lodigiano si è commosso: “Ho già ricevuto due telefonate da due politici che mi hanno comunicato la notizia che attendevo da mesi. Non mi sembra vero e ora non riesco quasi nemmeno a parlare”.

 

ANGELO PEVERI

angelo peveri ape
 

Ancora caldo per la recente notizia della condanna, il caso Peveri risale al 5 ottobre 2011. Quella notte tre ladri di nazionalità romena fanno scattare l’antifurto e vengono colti mentre cercano di rubare il gasolio da un escavatore della ditta di Peveri, situata a Borgonovo Val Tidone. Per l’imprenditore e la sua famiglia si trattava del 91esimo furto nel giro di pochi anni. In compagnia del suo dipendente, egli decide di intervenire e spara tre colpi di fucile contro i malviventi che si mettono in fuga. Ma il fatto che rende questo caso atipico rispetto ai precedenti è nel seguito. Nel tentativo di recuperare l’auto utilizzata per il colpo, un ladro torna sul luogo e viene colto da Peveri che spara un altro colpo di fucile. Il ladro viene ferito gravemente, ma sopravvive. Una vicenda che al padre di famiglia ora costa 4 anni di carcere per tentato omicidio e non per omicidio effettivamente commesso.