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Cronache
Ndrangheta Emilia. Omertà per decenni. Silva: Ora tutti salgono sul carro
 

“Io non dimentico e far passare politici e giornalisti omertosi come paladini è ridicolo”, spiega Catia Silva, ex consigliera comunale della Lega che in totale solitudine, almeno dal 2009, ha denunciato a gran voce il fenomeno di Brescello patria di Don Camillo e Peppone ma anche insediamento del clan Grande Aracri. Ripetutamente minacciata i soggetti accusati sono stati condannati in primo e secondo grado (nella foto Catia Silva con l'avvocato Gianluca Vinci)

 

Ieri notte, con tanto di Rai regionale al seguito, ci sono stati nuovi arresti di boss e affiliati su ordine della Dda di Bologna. Dopo decenni di omertà la rivelazione.

“Ora tutti applaudono. Ma sono gli stessi che mi hanno infangato per anni”, racconta Silva, “perché non ero degna. Non dovevo aprire bocca. Ero solo una leghista fuori controllo”

 

Con chi ce l'ha?

“Mi dicevano che dovevo sciacquarmi la bocca prima di associare la ’ndrangheta all’Emilia rossa. Che loro erano puri, puliti. E non mi riferisco agli ‘ndranghetisti. Sono stati condannati per le minacce che mi hanno fatto. E questo è un fatto. Ma ai giornalisti di testate nazionali che ora scrivono libri sul fenomeno ’ndrangheta in Emilia ma prima erano più omertosi dei calabresi di Cutrello, come noi chiamiamo da sempre il quartiere dove vivono quelli del Grande Aracri”.

 

I giornalisti?

“Si. Sono gli stessi che oggi fanno i martiri. Si sbracciano. Danno lezioni sul fenomeno. Ma anni fa mi dicevano che le mie erano sciocchezze. Quando era evidente che una persona che passa in pochissimo tempo dal possedere solo una bicicletta ad un tenore di vita super agiata qualche sospetto dovrebbe destarlo. Invece no. Perché l’Emilia era pulita. C’erano state le lotte. La sinistra che qui ha comandato da sempre non permetteva queste cose. Quando le avevano sotto gli occhi. Così dicevano.”

 

E la politica?

“Peggio mi sento. La nuova sindaca di Brescello, diretta espressione dell’ex sindaco Coffrini, quello che diceva che Francesco Grande Aracri, arrestato oggi, era una persona educata e composta, ha dichiarato che oggi è giorno di festa. Ma voglio ricordare che questa signora, insieme a tutti quelli che in Comune hanno sempre comandato, nel 2009 quando era consigliera comunale col sindaco Sig. Vezzani, derise le mie denunce, non credeva alle minacce degli arrestati. Fecero addirittura un consiglio comunale per urlare che facevo tutto solo per una ricerca di visibilità. Che infangavo Brescello. Oggi vuole far credere che lei e tutta la sua giunta si sono battute contro le mafie. Ma non se ne è accorto nessuno”

 

Ora sono tutti contro la ‘ndrangheta in Emilia perché?

“Perché questo è il carro dei vincitori. Bisogna stare da quella parte. Finalmente dopo anni qualcuno si muove. Ma non sopporto chi si è sempre girato altrove. Guardi, apprezzo di più i pentiti che almeno collaborano e sanno di cosa parlano, fanno capire come stanno le cose, che chi non ha fatto nulla per anni e anzi fingeva che quei calabresi lì erano brave persone”

 

La nuova inchiesta della Dda di Bologna riguarda settantadue indagati ed ha portato a cento perquisizioni e al sequestro di beni per diversi milioni di euro, con 300 poliziotti entrati in azione nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Crotone, per eseguire le misure ordinate dal Gip del capoluogo emiliano. Tra gli indagati anche Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza, esponente di Fratelli d'Italia (Fdi), arrestato nell'operazione della Dda. Per difendere l’onorabilità del proprio partito Giorgia Meloni si è detta pronta a costituirsi parte civile nel processo: “Da noi non c’è spazio per le mafie. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d'Italia”.

 

 

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