Cronache
Roma città di poveri, le reti sociali si organizzano, il Comune smonta tutto
In un anno di pandemia centinaia di reti solidali al lavoro per combattere la povertà. E la Raggi? “Ha rinunciato all'impegno”. Il punto di Andrea Catarci
di Andrea Catarci *
A Roma c' una tela di Penelope: le reti solidali fanno comunità e la Raggi smonta tutto. Dall’esplosione della pandemia le associazioni, i comitati e le organizzazioni di volontariato hanno prodotto un imponente sforzo di solidarietà, contrastando sul campo le povertà, le solitudini, i disagi e i meccanismi di rancore e intolleranza che attecchiscono in mezzo alle difficoltà.
In oltre un anno ad esse si sono aggregate centinaia di persone, accorse a offrire il proprio tempo per consolidare la filiera di raccolta e distribuzione di aiuti alimentari, medicinali, beni per l’igiene personale, materiali scolastici, capi di abbigliamento. Sono nate reti e raggruppamenti di scopo, si sono promosse collette e mutuo aiuto, si è offerto supporto psicologico e animazione culturale, si sono allestite attività di informazione e servizio legale, per facilitare l’accesso alle misure di sostegno promosse dalle istituzioni. Con il sopraggiungere dell’inverno, che a Roma quest’anno ha fatto 12 vittime, in parecchi quartieri si è proceduto ad aprire e attrezzare spazi d’emergenza per assicurare un pasto caldo, un letto e protezione dal freddo, talvolta in collaborazione con i municipi, le realtà locali della protezione civile e la Croce Rossa.
Il covid19 ha colpito con la forza di un cataclisma, si è abbattuto sulla salute e sulle condizioni socio-economiche di singoli e famiglie causando perdite di reddito e lavoro non adeguatamente compensate. Secondo il Rapporto 2020 della Caritas il 18% della popolazione romana è a rischio povertà, con il 10% che non riesce ad affrontare spese fisse, il 7% che vive in condizioni di pesante deprivazione abitativa, il 9,4% che non è in grado di sostenere i costi legati all’abitazione, cioè mutui, affitti, bollette. Di fronte a tale scenario di estrema gravità la mobilitazione dal basso ha fatto da argine, tenendo in piedi spirito di comunità e frammenti di coesione sociale.
La giunta Raggi sembra non essersene accorta e anziché affiancare la meglio Roma si è defilata, rinunciando ad assumere la regia delle tante iniziative spontanee e a facilitarne l’operatività. Quando non si è registrata assenza ed è stata obbligatoriamente chiamata in causa ha fatto di peggio, come nel caso del recente avviso finalizzato all’erogazione dei “buoni spesa”, finanziati - per la seconda volta - dalla Regione Lazio. In esso si prevede come requisito indispensabile la residenza nel territorio capitolino, fatto che comporta l’esclusione proprio di “chi ha maggiore necessità di un supporto per la sopravvivenza e l’acquisto di beni di prima necessità, come una parte della popolazione migrante, gli studenti e i cittadini fuorisede”. Così alcune realtà associative particolarmente attive - A buon diritto, Amnesty International, Arci, Csa Astra, Brancaleone, Casetta Rossa, Civico Zero, Casa dei diritti sociali, Grande come una città, Laboratorio 53, Liberi Nantes, Nonna Roma, Pensare Migrante, Arci Pianeta sonoro, Sparwasser e Tuteliamoci – hanno sollecitato maggiore attenzione nei confronti di chi sta pagando di più la crisi e rischia di non rialzarsi e hanno chiesto di correggere il provvedimento sostituendo alla residenza il domicilio, anche temporaneo. Per ora non è giunta nessuna risposta.
Nella quotidianità Sindaca e M5s capitolino esibiscono linguaggi e comportamenti opposti a quelli delle reti solidali, anche quando non fanno da spettatori e non sbagliano avvisi sulla pelle delle fasce svantaggiate. La priorità che hanno scelto nel contesto determinato dall’emergenza pandemica non è la lotta alle povertà e alle solitudini ma la “caccia agli assembramenti”. Si ricordi al proposito il frequente utilizzo di una comunicazione poliziesca – per tutti basti il tweet dello scorso anno “a Pasquetta oltre 14.000 i controlli effettuati dalla Polizia Locale, 122 le violazioni registrate. Multato anche un runner sull’Appia Antica, individuato grazie a un drone”-. O il tentativo di coinvolgere la cittadinanza nell’azione di controllo e repressione, per cui non si è esitato a impegnare risorse umane ed economiche e ad attivare un servizio specifico sul portale istituzionale di Roma Capitale. Si chiama “Sistema unico di segnalazione”. Con esso la giunta Raggi chiede ai cittadini di farsi parte attiva e di denunciare il luogo e il momento in cui si assiste a presunte violazioni delle norme sul distanziamento. Tale scelta risulta ancor più odiosa e incomprensibile alla luce dell’estrema compostezza di cui hanno dato prova i romani che, come sottolineato da Walter Tocci, fin dal primo lockdown hanno smentito l’abusata immagine negativa “con un’adesione popolare alle regole più ampia rispetto alle altre città europee”.
Ma tant’è. A Roma oggi c’è una società civile che promuove idee e pratiche solidali e un’amministrazione incivile che soffia su rabbia e conflitti di vicinato. Chi dona e consegna pacchi e chi dà enfatica lettura di verbali di polizia. Per fortuna tra pochi mesi ci sono le elezioni amministrative con cui si può evitare che questa ennesima contraddizione si consolidi…
* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma