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Cronache
Strage di Nuoro, Andrea Carnevale come il figlio superstite: «Portai il cervello di mia madre uccisa a colpi di accetta in caserma»

Strage di Nuoro, Andrea Carnevale come il figlio superstite: «Portai il cervello di mia madre uccisa a colpi di accetta in caserma»

L’ex calciatore e oggi dirigente dell’Udinese Andrea Carnevale aveva 14 anni quando il padre uccise sua madre a colpi di accetta vicino a casa a Monte San Biagio in provincia di Latina. L'uomo è stato per cinque anni in un manicomio criminale poi si è suicidato davanti al figlio nella stessa casa e dopo averlo aggredito.

Carnevale ha parlato con La Stampa della strage familiare di Nuoro, spiegando di sentirsi come il figlio di 14 anni di Roberto Gleboni. "Quando mia madre è stata uccisa, mi sono messo a testa bassa e sono andato avanti nonostante il dolore: sapevo già che sarei diventato un calciatore, era il mio obiettivo. Il mio invito ai ragazzi che possono avare la tentazione di buttarsi via davanti a queste tragedie è di cercare di reagire, anche se è dura, molto dura”, ha raccontato a La Stampa. E ricorda: "Mio padre, tornato a casa dopo un anno passato a lavorare in Germania come operaio nelle ferrovie, ha cominciato a mostrarsi sempre più strano e spaesato, e poi a picchiare nostra madre davanti a noi, anche mentre cenavamo insieme la sera. Andai più volte dai carabinieri per sentirmi dire che se non vedevano il sangue non potevano farci niente. A casa c'era sempre un clima di terrore, perché da un momento all'altro papà diventava violento, soprattutto verso mia mamma, che subiva questi scatti d'ira. Mio padre si era fissato con l'idea che lei lo tradisse, una pazzia che si verifica anche oggi”.

"Una mattina mio padre si è svegliato, ha preso l'accetta ed è andato ad ammazzare mia madre mentre stava lavando i panni al fiume vicino casa. Ho raccolto il cervello di mia mamma nel fiume, l'ho portato in caserma e al maresciallo ho detto: 'Hai visto che poi è successo? Adesso il sangue lo vedi?' Oggi però non ho rancore per nessuno: mio padre era un uomo malato che non è stato curato", le parole di Andrea Carnevale.

L'ex attaccante di Udinese, Napoli e Roma aveva parlato di questa tragedia per la prima volta qualche mese fa a Repubblica.  “Parlavamo con i carabinieri di quello che succedeva a casa e ci dicevano: ‘Se non vediamo il sangue….’. Cosa potevo, cosa potevamo fare? Poi, quel giorno, il fiume si è colorato di rosso. Ho detto al maresciallo: ‘Questo è il sangue che volevi’. Ma non sono morto, ho fatto la mia vita”.

Nel corso dell'intervista aveva ripercorso gli alti e bassi della sua vita. Due storici e bellissimi scudetti vinti con la maglia del Napoli (dove componeva il trio d'attacco delle meraviglie con Maradona e Careca), poi il sogno dei Mondiali di Italia ‘90, lui che era uno dei bomber più forti in quel momento: partito titolare (dieci presenze complessive con la nazionale maggiore azzurra) finì però fuori dalla squadra titolare dopo che – al momento della sostituzione nella partita con gli Stati Uniti – le telecamere inquadrarono un labiale con un “vaffa”. “Vicini mi chiamò: ‘Andrea, ma che mi hai mandato affanculo?’. Io mi scusai, gli spiegai che era solo un’imprecazione ma dalla partita successiva mi lasciò in tribuna, fino alla fine del Mondiale”, le parole del'ex attaccante.

Pochi mesi dopo, a ottobre 1990, la squalifica, insieme ad Angelo Peruzzi, per l’assunzione di uno stimolante, la fentermina: “Me ne assumo la responsabilità totale. Dalla Federazione mi rassicurarono: ‘Prenderai uno o due mesi di squalifica’, anche perché la quantità era irrisoria, zero virgola. Invece mi diedero un anno, una mazzata. Mi perquisirono casa, ci fu il processo penale. Ricordo che il pm disse: ‘Abbiamo trovato nella sua abitazione questo prodotto’. E il giudice: ‘Ah, quelle vitamine, le prendo anche io’. Fui assolto”, ricordò a Repubblica.

Nel 2002 l’arresto con l’accusa di detenzione e spaccio di cocaina da cui venne assolto: “Una telefonata che non dovevo fare, un millantatore che mi accusò, la mia solita ingenuità. Un periodo tremendo: un mese ai domiciliari, anni di processi. Volevo liberarmi e dissi al mio avvocato: ‘Perché non patteggiamo?’. ‘No, caro Andrea, non hai fatto niente, devi uscire innocente dal tribunale’. Aveva ragione, fui assolto”.

Carnevale e Maradona: “Il più forte calciatore di tutti i tempi. Lo vedevo ogni giorno, eravamo compagni, eppure ogni volta avevo la tremarella, perché Diego era immenso, una personalità emozionante, ero e sono fiero di averlo conosciuto. Quando arrivava lui, si fermavano gli aeroporti, gli alberghi, gli stadi. Maradona mi ha reso ricco di animo, di cuore e anche di soldi”.

Oggi Andrea Carnevale è felicemente sposato con Beatrice (secondo matrimonio dopo quello con Paola Perego) e lavora per l'Udinese da ben 23 anni. In Friuli ha scoperto diversi talenti. Da Alexis Sanchez, Piotr Zielinski, Allan per fare qualche nome tra i tanti. L'ultimo è stato il 17enne trequartista Pafundi, di cui, sempre nell'intervista a Repubblica, ricordava: "Il futuro gli appartiene, sarà un titolare fisso della Nazionale”.

 

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