Cronache

Superare l'assunto che ambientalismo vuol dire decrescita

Vincenzo Caccioppoli

Le politiche di protezione dell'ambiente per molti rappresenterebbero un freno all'economia, ma è davvero così?

L'Italia è prima in Europa per l'economia circolare. Nella classifica delle cinque principali economie europee, infatti, il nostro Paese con 103 punti di indice complessivo di 'circolarità' delle risorse batte il Regno Unito (90 punti), la Germania (88), la Francia (87), e la Spagna (81). E' il dato che emerge dal primo rapporto nazionale sull'economia circolare in Italia 2019, realizzato dal Circular economy network (la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa) e dall'Enea, presentato a Roma. Questo è sicuramente un dato incoraggiante analizzando  il ritardo che da sempre contraddistingue il nostro paese sul tema dell'ambientalismo. Ma ovviamente non può bastare. Come hanno fatto notare le proteste di questi giorni da parte dei giovani, la politica un po' in tutto il mondo sembra aver dimenticato la questione ambientalista. Questo perchè sopratutto, come la politica di Trump dimostra, da sempre si pensa che le politiche attente all'ambiente possano rappresentare un freno per lo sviluppo economico di un paese. Ma questo è sicuramente un pensiero che si è dimostrato assolutamente fallace anche se continua a fare proseliti. Forse è anche per questo da tempo, anche nel nostro paese, il tema della ecologia è quasi sparito dai radar della politica. In Italia addirittura praticamente non esiste più un partito “verde”, come invece è presente per esempio in Germania e in Francia. Ma anche in Olanda e in Austria da tempo i verdi sono rappresentati da una nutrita schiera di rappresentanti al parlamento. In Italia essi sono assenti dalle istituzioni dal 2008, dopo la contradditoria parentesi di Pecoraro Scanio nel governo Prodi. Osservando gli investimenti nella protezione dell’ambiente, però, paradossalmente, come nel caso della economia circolare, il nostro paese non si comporta poi cosi male. la Francia, infatti, spicca su tutti, avendo incrementato dal 2008 al 2016  la propria spesa a favore della protezione ambientale da circa 17,8 miliardi di euro a 21,9 miliardi. Ma l’Italia, con livelli di spesa, in termini assoluti, di poco inferiori alla Germania, nonostante gli esigui consensi ottenuti dalla Federazione dei Verdi nel corso degli anni e il poco spazio riservato, anche nei programmi degli altri partiti, alla tutela e la protezione dell’ambiente, rappresenta appunto una eccezione. Infine, la Spagna registra addirittura un calo della spesa a favore della protezione dell’ambiente, passando da circa 10,9 miliardi di euro del 2008 ai circa 9,2 miliardi del 2016.  A questo proposito occorre anche  aggiungere che il nostro paese  è stato il primo in Europa, nel 1986, ad istituire proprio un ministero dell'ambiente.

Ma perchè si fa comunque cosi poco per l'ambiente? Come dicevamo, molto lo si fa dipendere dal fatto che le politiche di protezione dell'ambiente per molti rappresenterebbero un freno all'economia. Su questo aspetto, secondo alcuni, può aver sicuramente inciso la famosa teoria della cosiddetta Curva di Kuznets Ambientale (CKA). Alla base della teoria c’è l’idea che la curva rappresenti un meccanismo secondo cui i paesi in via di sviluppo tendono ad inquinare maggiormente, suggerendo il raggiungimento di una fase matura e stabile di crescita economica come strumento essenziale per una diminuzione dei danni ambientali. Ma forse molti non analizzano il fatto che, sempre secondo l'economista, in questa fase, raggiunta un determinato livello di sviluppo, le persone e i governi dovrebbero essere portate ad investire di più sull'ambiente. Ed è proprio su questo aspetto il giornalista di Repubblica Antonio Cianciullo ha scritto di recente un libro“l'ecologia del desiderio”, edito da Aboca, in cui appunto si fa leva proprio sulla necessità di sviluppare una economia più ecosostenibile. Lui parla, infatti, di ecologia del piacere proprio perchè questo deve essere un piacere e non un dovere. Un piacere che può e che deve essere anche fruttuoso dal punto di vista economico oltre che della salute. Sembra , infatti, ormai dimostrato come il degrado ambientale sia responsabile di una morte su quattro: 12,6 milioni di vittime nel mondo ogni anno. Secondo un rapporto del OMS del 2016 su 133 malattie esaminate è stato trovato un nesso significativo con l'inquinamento in 101 casi, 3 volte su 4.

E tutto questo porta ovviamente anche danni economici, non solo misurabili nella spesa sanitaria accresciuta. Secondo Nicolas Stern, ex chief economist della World Bank, i danni dell'inquinamento inciderebbero negativamente sul Pil mondiale fra il 9 e il 20%. Ecco perchè conviene anche economicamente investire sull'ambiente. Thomas Piketty, celebre economista francese, di recente ha proposto proprio una riconversione produttiva verso un modello rispettoso dell' ambiente. La politica del riciclo, quella della trattazione dei rifiuti, lo sviluppo di una economia verde e sostenibile sono tutte proposte che possono portare verso un percorso di crescita economico più salutare in tutti i sensi. E' giunto il momento che i governi si prendano carico di queste tematiche, senza pregiudizi fuorvianti. Occorre uscire dalla sbagliata antitesi fra ambiente e crescita.  Si dice sempre che la vera politica deve fare politiche lungimiranti per le generazioni future. Le manifestazioni spontanee di questi giorni hanno mostrato che le generazioni future hanno ben in mente quali sono le loro priorità. Sarebbe davvero un delitto che, come spesso è accaduto in passato, la politica non si facesse carico di tutto ciò.

 

vcaccioppoli@gmail.com