Teoremi e tesi politiche su fumosi complotti. Il perseverare diabolico dei Pm
Dovranno passare altri 30 anni e quanti nuovi Mannino e Mori prima che sia estirpato, alla radice, l'orrore della gogna mediatica?
di Pietro Mancini
La carriera politica di Calogero Mannino, di Agrigento, 77 anni, è stata stroncata dal suo venticinquennale calvario giudiziario, che-ha detto, con amarezza, l'ex ministro della sinistra DC-mi ha condannato a una vita agra", come Luciano Bianciardi (1922-1971) intitolò un suo libro.
Nel corso della sua lunga detenzione, a Rebibbia, una delle toghe del pool di Caselli, la dottoressa Teresa Principato, negò i domiciliari a Mannino, che in cella aveva perso 33 anni, dicendo ai suoi avvocati: "Don Calogero è dimagrito? Tutta salute!". Leonardo Sciascia (1921-1989) definì i magistrati più accaniti e militanti, alcuni giornalisti "manettari" e persino padre Ennio Pintacuda (1933-2005) - il gesuita, che riteneva che il sospetto fosse l'anticamera della verità - i "professionisti dell'antimafia". Oggi si può parlare degli "ultimi giapponesi dei teoremi del terzo livello" i quali, invece di prendere atto delle sconfitte, subite nei processi all'eterno imputato, Mannino (di recente assolto anche nello stralcio del dibattimento sulla presunta trattativa Stato-boss) e, negli anni scorsi, ad Andreotti, a Carnevale e a Musotto, continuano a fare comizi nei tribunali, nei convegni, e a scrivere articoli di fuoco sui giornali.
Nino Di Matteo - che, nella trincea di Palermo, ha ricevuto il testimone da Ingroia, passato, senza successo, nel teatrino politico -ha sostenuto, riferendosi alla riforma costituzionale Renzi-Boschi: "Questa idea di Stato, per la prima volta, nel dopoguerra, venne delineata da don Licio Gelli (1919-2015).... La posta in gioco, con il referendum, è la realizzazione definitiva di un progetto, che lega 40 anni di costante assedio alla Costituzione". L'obiettivo del referendum, secondo Di Matteo (si tratta di un magistrato sereno e "terzo"?), è la "definitiva decostituzionalizzazione, a discapito della partecipazione dei cittadini".
Il Presidente del CSM, Sergio Mattarella, 75 anni, siciliano come Di Matteo ed ex collega di Mannino, nella sinistra della vecchia DC , ha letto la lezione di "terzietà" della toga? La condivide oppure no ? E ritiene di dover continuare nel suo lungo e, ca va sans dire, operoso, silenzio? Oppure, come noi, rimpiange Giovanni Falcone (1939-1992), che incriminò per calunnia e fece condannare un falso "pentito", Pellegriti, che aveva accusato, senza alcun riscontro, Salvo Lima, europarlamentare andreottiano, poi ucciso, nel 1992, dai killer di Cosa Nostra.
Un'altra vittima di questa interminabile stagione di processi politici è il generale dei Carabinieri, Mario Mori, 77 anni come Mannino, il quale, nel 1992, quando comandava i ROS, riuscì a catturare, a Palermo, lo spietato zu Totò Riina. Sull'alto ufficiale, pur essendo stato assolto 2 volte dalle accuse di aver favorito la lunga latitanza di Provenzano e di non aver catturato Nitto Santapaola, i magistrati "de lotta dura e de Procura" non si arrendono. E non lo lo lasciano sereno, benché non abbiano prove nè elementi concreti. Ma esprimono giudizi durissimi, sotto il profilo etico e non giudiziario, sulla sua personalità, tentando di demolirne la reputazione.
Roberto Scarpinato, 65 anni, che fu tra i sostituti di Caselli nell'inchiestona su Andreotti e attuale Procuratore generale della Corte d'Appello di Palermo, ha affermato che la carriera del generale è stata caratterizzata da "una deviazione costante dai doveri istituzionali e dalle procedure legali" volta ad assecondare inconfessabili interessi extra-istituzionali. Quali? Omissis...
Fumose e astruse tesi politiche, dunque, mai prove certe nè elementi solidi, tanto che molti giuristi sono convinti che la mega-inchiesta sulla trattativa, che lambì il Quirinale e il Ministeri dell'Interno e della Giustizia, in realtà, sia stata, soltanto, una rappresentazione mediatica e teatrale. Come lo sono stati altri processi-flop: da Capua a Sollecito, da Cioni a Bertolaso, da Errani a Cota. Eppure, il giorno della definitiva assoluzione di Enzo Tortora (1928-1988) - che Vittorio Feltri difese sul "Corriere della Sera" - l'allora Presidente dell'ANM, Criscuolo, promise che l'imminente nuovo codice di procedura penale non avrebbe più consentito il ripetersi di vicende drammatiche analoghe a quella patita dal conduttore televisivo.
Da allora, sono trascorsi 29 anni e sulla poltrona di Criscuolo siede Davigo, secondo cui le riforme della giustizia non servono: "Nella migliore ipotesi, sono inutili, se non dannose". Dovranno passare altri 30 anni e quanti nuovi Mannino e Mori prima che sia estirpato, alla radice, l'orrore della gogna mediatica?