Tumori, Deflorian (Ifom): “Ecco le nuove scoperte contro il cancro”
Il ricercatore dell’Ifom Gianluca Deflorian racconta ad Affaritaliani.it il suo lavoro d’avanguardia per sconfiggere i tumori
È da poco stato eletto Clodiense dell’anno, titolo che ricevono gli abitanti di Chioggia distintisi per importanti opere a favore della collettività. Un riconoscimento davvero meritato, perché ormai da molti anni Gianluca Deflorian ha scelto di dedicare la propria vita alla ricerca contro il cancro, ponendosi come obiettivo quello di scoprire qualcosa di importante che possa portare, con il tempo, a una svolta, forse persino a una cura definitiva. Sebbene si è ancora lontani da questo traguardo, Gianluca, biologo con un curriculum di tutto rispetto alle spalle, è riuscito davvero a raggiungere dei risultati fondamentali, che potrebbero rivoluzionare il nostro modo di approcciarci ai tumori. Lo abbiamo intervistato per saperne di più.
Partiamo da te e dal percorso che ti ha portato fin qui. Ci racconti brevemente la tua storia?
“Sono laureato in Biologia Molecolare con un PhD in Genetica e Biologia dello Sviluppo. Nel 2006 mi sono trasferito all’IFOM di Milano dove, dal 2009, sono il responsabile della Zebrafish Unit. L’IFOM è il primo centro di ricerca italiano specializzato nello studio dei meccanismi molecolari alla base della formazione e dello sviluppo dei tumori. A dieci anni dall’avvio del programma scientifico, sotto la direzione di Marco Foiani, abbiamo spostato il baricentro su uno scenario internazionale, attivando alleanze strategiche con centri di ricerca individuati soprattutto nei Paesi del continente asiatico più promettenti per la ricerca biomedicale, come Singapore e l’India”.
Tu studi ormai il cancro da molti anni. Potresti spiegare a un lettore non esperto di medicina e biologia a che punto siamo nella battaglia contro i tumori?
“Per quel che riguarda i meccanismi molecolari che sono alla base dell’insorgenza e della propagazione del cancro, nell’ultimo decennio sono state fatte moltissime scoperte importanti e lo scenario ora appare abbastanza chiaro: sappiamo cosa causa i tumori, come si diffondono, cosa differenzia i vari tipi di malattia e quali sono i geni che giocano un ruolo principale in tutto ciò. Tuttavia, se parliamo di debellare la malattia la strada è ancora in salita ma, spero, non lunghissima. Ora come ora se dovessi puntare su un filone per la cura del cancro sceglierei la cosiddetta Immunoterapia, che sfrutta i nostri stessi anticorpi per eliminare le cellule cancerogene in maniera mirata. Si tratta di una cura che andrebbe personalizzata sulla base del profilo genetico di ciascun paziente”.
Poco tempo fa sei salito alla ribalta della cronaca per un’importante scoperta. Ce la puoi spiegare in termini semplici?
"L’evento più problematico, difficile da diagnosticare e, soprattutto, da curare durante l’evoluzione di un tumore è quello della sua propagazione in altri organi e tessuti dell’organismo (evento più comunemente noto come metastasi). Nella sua fase iniziale, generalmente asintomatica, la maggior parte dei tumori è costituita da una piccola massa di cellule iper- proliferanti che, se venisse identificata, sarebbe facile da asportare chirurgicamente. Per crescere questa massa di cellule ha bisogno di ossigeno e nutrimento, così rilascia nei tessuti circostanti una serie di segnali molecolari che stimolano lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni attorno ad essa. È a questo punto che la malattia passa alla fase più maligna, aggressiva e, di conseguenza, difficile da curare. Grazie ad una collaborazione con i ricercatori Claudia Ghigna (CNR Pavia) e Costanza Gianpietro (Università di Milano), abbiamo scoperto che la proteina Nova2, prima ritenuta presente solo nel cervello, in realtà è espressa anche nell’endotelio vascolare e ha quindi un ruolo fondamentale nello sviluppo dei vasi, specie in quelli che si originano ex-novo. La scoperta è di rilievo perché evidenzia come Nova2 sia uno dei fattori chiave in questi processi: non a caso, questa proteina è misurabile ad alti livelli in alcuni tipi di cancro”.
Quali sono le conseguenze pratiche, o le porte che si potrebbero aprire, a fronte di questa scoperta?
“Ancora è difficile da prevedere, ma ovviamente la speranza è che grazie ai nostri studi si possano delucidare i processi che danno il via all’angiogenesi tumorale e, di conseguenza, sviluppare dei farmaci che riescano a modulare e bloccare questo pericoloso fenomeno, evitando così la crescita di metastasi”.
Una notizia che ultimamente è molto circolata in rete è quella secondo cui la carne aumenterebbe le probabilità di sviluppare il cancro, tesi sostenuta anche dal Prof. Umberto Veronesi. Sei d’accordo?
“Bisogna precisare che – a differenza di quanto riportato erroneamente da molti media – la questione non riguarda in generale tutta la carne, ma il metodo di lavorazione cui sono sottoposti alcuni tipi di insaccati. Inoltre, lo studio da cui è scaturita la notizia è stato condotto su una porzione ristretta della popolazione. Io sono dell’idea che l’organismo umano abbia bisogno anche dell’apporto di alcune proteine e della vitamina B2, presenti in abbondanza nella carne. Il giusto atteggiamento nei confronti dell’alimentazione secondo me sta nel bilanciamento corretto di tutto ciò che mangiamo”.
Se dovessi darci qualche semplice consiglio applicabile alla vita di tutti i giorni per diminuire il rischio di sviluppare un tumore?
“Evitare o limitare al massimo l’esposizione a tutti quei fattori che possono arrecare un danno al DNA, quali le radiazioni ultraviolette (raggi solari o lampade abbronzanti), raggi X, idrocarburi (es. fumo della sigaretta), tossine vegetali. Inoltre, una dieta ricca di anti-ossidanti (frutta, verdura, cereali) è consigliabile. Vorrei anche sottolineare l’importanza della diagnosi precoce perché, ahimè, alcune mutazioni le ereditiamo e come unica arma non ci rimane che la prevenzione!”.
Chiara Giacobelli
Per maggiori informazioni: www.ifom.eu.