Vaccini,dall'infermiera di Treviso alla Capua.No al doppiopesismo all'italiana
La vicenda dell'assistente sanitaria di Treviso
Il palcoscenico è sempre quello del Veneto. E’ di ieri, 19 aprile 2017, la notizia (https://www.affaritaliani.it/cronache/treviso-infermiera-fingeva-di-fare-i-vaccini-gettava-le-fiale-474764.html) che a Treviso una assistente sanitaria della ASL 2 sarebbe stata protagonista di una forma particolare di obiezione rispetto alle vaccinazioni che avrebbe dovuto somministrare a pazienti troppo piccoli per spiegare che cosa succedeva, realmente, nell’ambulatorio della Madonnina. Le fiale sarebbero state buttate via ma la vaccinazione registrata come regolarmente effettuata. Nessuna sostanziale conseguenza per la donna, spostata ad altro incarico, mentre l’Asl ha richiamato 500 pazienti “scoperti” rispetto a potenziali – seri – eventi morbosi.
A Padova, invece, più precisamente a Legnaro, Istituto Zooprofilattico delle Venezie, dall’inizio di questo secolo una giovane virologa si adopera per combattere l’influenza aviaria che, arrivata nei nostri allevamenti, ha causato l’abbattimento di milioni di volatili. Gravi le conseguenze per le aziende del settore, no, per fortuna, per le persone rimaste sostanzialmente indenni dall’aggressione di un virus che può essere letale per la metà delle persone colpite. Qui non ci sono fiale svuotate e non utilizzate; qui ci sarebbero stati virus spediti in modo poco accorto con il rischio concreto di provocare – consapevolmente – epidemie. Della prima donna l’identità rigorosamente protetta; della seconda assolutamente no.
La virologa, non più giovanissima ma assai giovanile, vede il suo nome sbattuto in prima pagina sulla copertina di un magazine a tiratura nazionale, famoso per inchieste scabrose che, spesso, hanno prodotto scossoni anche ai più alti livelli istituzionali (il caso Leone docet). In queste ultime settimane il caso di Ilaria Capua, la virologa che il mondo ci invidia e che una indagine superficiale ha inizialmente accusato di tentata epidemia (reato punibile con l’ergastolo, ndr) per poi proscioglierla in fase istruttoria per non aver commesso il fatto, è tornato prepotentemente alla ribalta in concomitanza con il lancio del suo libro Io, trafficante di virus, in cui racconta la sua storia di scienza e di amara giustizia.
Alla luce degli avvenimenti di Treviso chi potremmo definire presunta untrice del 21esimo secolo? L’esecutrice dissennata, inaffidabile, nel migliore dei casi consapevolmente obiettrice oppure la scienziata che ha fatto da apripista alla sconfitta della temibile influenza aviaria, rivoluzionando le politiche della sanità pubblica mondiale, sì mon-dia-le, partendo dal suo laboratorio di Legnaro, provincia di Padova? Facilmente immaginabile il dibattito. Per l’infermiera si sarà trattato di una questione di coscienza. Oggi il no vax è di gran moda, fa proseliti, alligna tra chi intravvede fantasmi, business fumosi, abusi e disinformazione dappertutto, promettendo solo la distruzione dello status quo senza proporre alternative credibili. In ogni campo e ad ogni livello.
La libertà di espressione nella somministrazione terapeutica e/o vaccinale - si dirà - deve essere tutelata: non così la salute dei bambini, povere creature che quando non se la devono vedere con famiglie idiosincratiche ai vaccini rischiano di incontrare sulla loro strada operatori incoscienti. Che forse di vaccini sanno poco, della ripresa di certe patologie ancor meno e che quando sentono parlare di immunità di gregge pensano (forse) agli ovini più che agli umani… Altro registro (e non solo degli indagati) per Ilaria Capua. Riabilitata oltre due anni dopo lo scoop da una giudice dell’udienza preliminare che nelle 17 mila pagine di atti ha ricostruito un quadro accusatorio inesistente, ha visto abbattersi sulla sua vita di donna e scienziata di rango momentaneamente impegnata in politica un tale tsunami da decidere di lasciare il paese – dove si considerava ormai un’anatra zoppa, non sostenuta dalla sua comunità scientifica – e ributtarsi a capo fitto nella ricerca oltreoceano, all’Università della Florida.
A lavorare per trovare, attraverso un originale approccio interdisciplinare, le risposte per combattere altri virus minacciosi, Zika su tutti. Risposte che si chiamano vaccini, nella sanità di tutte le latitudini evolute. Il resto lo confiniamo nel territorio degli sciamani…Ma questo non risolve la leggerezza ed il doppiopesismo con cui si sta affrontando il tema dei vaccini (dal papilloma virus al morbillo) che rischia di fare precipitare l’Italia in un oscurantismo sanitario, e prima ancora scientifico, che per niente si addice alla patria di Rita Levi Montalcini.