Culture
Potere & Morte. Le matite di Canetti, di Davide D’Alessandro (Morlacchi)
“La scrittura, per quanto ti maceri, per quanto possa spolparti fin dentro le viscere, ti collega alla vita, esprime la forza della vita, il suo non essere per la morte. La vita vuole vivere, non morire” (p. 117), da qui come una relazione amorosa, al momento della fine, dell’abbandono, ti lascia cencio e nonostante tutto, ancora vivo, così il libro su Elias Canetti, “Potere & Morte. Le matite di Canetti”, edito da Morlacchi Editore U.P., di Davide D’Alessandro. È intriso di amore per la vita, di una intensa passione per la scrittura, con matite ben appuntite, tenta di oltrepassare la fine, per raggiungere l’oltre.
Si tratta di un saggio contenuto nella prestigiosa Biblioteca di Cultura Morlacchi, fondata e diretta da Antonio De Simone. Sempre attuali le tematiche rivolte al potere, argomento ampiamente discusso da Canetti, e ancora, alla paura e all’intreccio inestricabile con la morte. Oltre alla preziosa e curata forma del libro, Davide D’Alessandro cattura l’attenzione nel disporsi nell’arte del dialogo. Amante e profondo conoscitore del pensiero canettiano, ne evidenzia il ruolo del potere, paragonandolo al direttore d’orchestra e ne riporta affascinando, le sue caratteristiche: apparentemente ignaro del ruolo che ricopre, si pavoneggia e seduce i suoi orchestrali.
Desta inoltre, attenzione sia l’abbrivio di “Potere & Morte. Le matite di Canetti”, sia la conclusione: il “se”, condizionale, dubitativo, ma, al contempo, D’Alessandro afferma nella dualità - pare fosse simmeliana - la certezza della grandezza di Elias Canetti e la speranza rivolta nell’essere umano ad un possibile cambiamento.
E dunque, è opportuno ricordare come il tardo Novecento abbia creduto di aver scoperto che il vero problema non risieda nella sovranità che è una maschera, ma nel potere. Il potere è la funzione sociale reale che articola gli spazi e colloca i membri del gruppo al loro interno. A tal proposito, Foucault, in “Sorvegliare e punire”, prima ancora Hobbes; in Canetti si rilevano inoltre, i concetti del potere e della massa che distingue rispetto a Schmitt in due masse, facenti parte di un unico sistema. Uno studio approfondito sulla politica e sul potere da Machiavelli a Canetti lo si trova ne “L’arte del conflitto” di Antonio De Simone, e meravigliosamente, approfondito, sgorga su una nuova arteria il saggio di D’Alessandro.
Si legge nel libro: la morte per Norbert Elias non cela alcun mistero, non apre alcuna porta: è la fine di una creatura umana (p. 59), sono poi, citati dall’autore, anche Salvatore Natoli, Eugenio Borgna, Giuseppe Ungaretti, un elenco approfondito di filosofi, poeti, intellettuali anche contemporanei, che dissertano riguardo uno dei temi fondamentali per ogni essere vivente: la morte; nello specifico, per l’uomo solo perché ne ha coscienza.
Non è un demone questa morte, e quasi affascina, ci si avvicina volentieri e si comprende, avvalorati dallo studio effettuato da D’Alessandro, come la morte sia necessaria, senza di essa non ci sarebbe la vita, scrive Georg Simmel nella “Metafisica della Morte”: vita e morte fanno parte del medesimo gradino dell’essere, possiamo pensarli come tesi ed antitesi ma comunque, parte di un assoluto dal quale l’essere non può sfuggire. Così, Hannah Arendt: la morte viene costantemente costretta in un’opposizione alla vita, benché in realtà essa la caratterizzi sin dal suo principio.
E quindi, tra questa dualità, apparentemente estrosa, o estrorsa, “potere e morte”, si dipana la narrazione, un’esegesi della scrittura come confine funambolico tra vita e morte, con un intermezzo poetico, e sembra ricordarci Davide D’Alessandro che la filosofia e la poesia non sono per nulla distanti, ambedue intrecciano il profondo e ricercano la verità, il senso, si pensi a Maria Zambrano, senza mai giungerci. Costui racconta la vita, la morte, il potere. Nel sottolineare tali categorie, per di più, D’Alessandro, nel saggio “Potere & Morte. Le matite di Canetti” enfatizza un’idea che circola, dopo aver letto l’intero saggio, vale a dire la volontà ferma, determinata di Elias Canetti di uccidere la morte, di abbatterla, non si rassegna come i suoi predecessori, ma incalza, nell’idea di vincerla con le sue matite. Ci sarà riuscito? Sarà stata un’illusione?
Se ancora si parla di lui, certamente non sarà stato un dileggio. La scrittura, la parola vincono, sempre.