Zaha Hadid, ecco perché è diventata così famosa
Architettura come vita: gli edifici di Zaha Hadid simbolo del nostro fluire contemporaneo
"Non credo che l'architettura sia un semplice contenitore. Dovrebbe anche far emozionare, rilassare, riflettere". Così diceva Zaha Hadid, progettista rivoluzionaria morta d'infarto a 65 anni in un ospedale di Miami dove era in cura per una bronchite. La First Lady dell'architettura contemporanea, celebre per i suoi progetti futuristici, era nata a Baghdad e aveva studiato a Beirut e a Londra. E' stata la prima donna a vincere nel 2004 il prestigioso Premio Pritzker, considerato il Nobel dell'architettura, e nel Regno Unito la Medaglia d'Oro del Royal Institute of British Architects.
Profili curvilinei, forme fluide, spazi inaspettati, angolature nascoste: Zaha Hadid era davvero in grado di far emozionare e pensare. E anche per questo ha riscosso un successo mondiale, come spiega ad Affaritaliani.it Marco Stefano Biraghi, docente di Storia e Teorie dell'architettura del secondo Novecento al Politecnico di Milano. "La sua architettura fotografa bene la nostra condizione contemporanea".
In che senso?
"Zaha Hadid descriveva attraverso i suoi edifici un'esperienza che noi facciamo comunemente nella vita: il fluire continuo negli spazi, il non avere requie, il senso di sradicamento e la trasformazione di ciò che in passato era stabile in una condizione dinamica. Lei ha saputo congelare tutto questo in un continuo movimento statico, in una torsione che torna su se stessa. Penso al Maxxi di Roma e alla stazione dei vigili del fuoco della Vitra Museum a Weil am Rheim, vicino a Basilea, uno dei suoi progetti più belli".
Politecnico di Milano
Non solo architettura. Zaha Hadid era una creativa a tutto campo: dagli edifici agli yacht, dalle boutique agli oggetti di moda e design da lei firmati. Che cosa li accomuna?
"C'è una forza che li attraversa tutti, una specie di slancio vitale. Zaha Hadid trasfondeva la sua potenza nei suoi progetti. C'era un'adesione fra vita e opera, quasi alla Oscar Wilde. Ha dedicato tutta se stessa al lavoro".
Zaha Hadid teorizzava questa filosofia?
"Zaha Hadid era più azione che pensiero. Pensava attraverso le sue forme. Ma il suo stile era evidente già quando, da giovane, entrò a far parte dello studio dell'architetto Koolhaas all'OMA, l'Office for Metropolitan Architecture ndr, facendosi notare per la bellezza dei suoi disegni, dove già si vedevano le superfici deformate e i volumi che si piegano. Erano ispirati al suprematismo, a Malevich, alle avanguardie russe degli Anni Venti. Lei ha fatto trapassare quest'idea dalla pittura all'architettura, ripetendola per tutta la vita".
Così ha lasciato un segno nel mondo.
"Avere un'idea forte e ripeterla è a suo modo anche una virtù. Certo, personalmente trovo che le sue opere siano meno problematiche rispetto a quelle del suo maestro Koolhaas, che faceva una critica più attiva della società contemporanea. Zaha Hadid andava via più liscia, era pienamente partecipe di un sistema. Ma io credo che dobbiamo guardare con rispetto un architetto donna, di origine irachena anche se di ottima famiglia, che ha costruito dal nulla un impero economico e un'idea di architettura che prima non esisteva. La sua è stata un'operazione di grandissima potenza, una volontà quasi di piegare la materia e le circostanze intorno a sé, rimodellandole secondo una propria idea del mondo".