Ennesimo colpo di scena nella trattativa tra Atlantia e Cassa Depositi e Prestiti sulla cessione di Autostrade per l’Italia. A quanto risulta ad Affaritaliani.it sono prive di fondamento le voci che vorrebbero un rilancio di Cdp di 100 o 200 milioni, rimanendo comunque fermi su una valutazione complessiva di Aspi intorno ai 9,1-9,3 miliardi di euro. Piuttosto necessita di un supplemento di analisi l’atteggiamento attendista di Atlantia.
Il presidente di Atlantia Fabio Cerchiai
Perché è vero che i Benetton hanno mostrato già da tempo l’intenzione reale di passare la mano, ma la famiglia trevigiana non è l’unica detentrice di azioni della holding che, a sua volta, ha l’88% di Autostrade.
I fondi, con il britannico Tci in testa (che detiene una quota prossima al 10% di Atlantia), non hanno alcuna intenzione di mollare un’autentica “gallina dalle uova d’oro”, che ha le concessioni rinnovate fino al 2038 e che di fatto non può perdere, perché può rinegoziare aumenti tariffari ogni anno in modo da avere una copertura completa delle voci di costo.
Né spaventa particolarmente l’esito delle vicende giudiziarie, che pure stanno entrando nel vivo, se è vero che a ogni offerta di Cassa Depositi e Prestiti i fondi hanno ribattuto dando una valutazione astronomica (fino a 14 miliardi) di Autostrade. Eppure l’azienda guidata da Fabrizio Palermo non ha di certo “inventato” cifre e numeri, ma si è avvalsa della consulenza di due advisor di peso come Unicredit e Citi che hanno spulciato per mesi tutte le carte per comprendere quale sia il reale valore di tutti gli asset.
Da sinistra il Ceo di Cdp Fabrizio Palermo
e il presidente Giovanni Gorno Tempini
Non sarebbe strano, fanno notare fonti vicine al dossier, se dal consorzio trapelasse una notevole irritazione non tanto per la valutazione – che fa parte dei normali giochi di compravendita – ma per l’atteggiamento mostrato da Atlantia. Che, è bene ribadirlo, non è fatta soltanto dai Benetton.
Si inizia a bisbigliare che non tutti vogliano vendere e che si stia cercando di tirare quanto più possibile la corda.
Il governo, per il momento, è rimasto abbastanza in disparte. La scorsa settimana il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini ha auspicato una soluzione per cui le quote di Aspi detenute da Atlantia venissero trasferite a Cdp e agli altri due soggetti, Blackstone e Macquarie. Ma il furore giacobino con cui si paventava la revoca delle concessioni sembra rientrato ed essersi tramutato in un atteggiamento più morbido.
(Segue...)
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