Economia
Banche, non c'è pace dopo la Bce: la mina del Tfr sul rinnovo dei contratti
La piattaforma di rivendicazioni dei sindacati in vista del complesso rinnovo del contratto dei bancari che arriva in un momento non facile per gli istituti
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Il mondo del sindacato bancario registra un cambiamento. Da martedì scorso la First Cisl ha un nuovo capo: il segretario generale è Riccardo Colombani, finora responsabile dell’ufficio studi della stessa organizzazione. Colombani prende il posto di Giulio Romani che ha lasciato quella poltrona prima della scadenza naturale del suo mandato per accomodarsi nella segretaria confederale guidata da Annamaria Furlan, dove – nonostante le sue ambizioni – non avrà ruoli di primo piano. I due sindacalisti – Colombani e Romani - hanno fatto precedere il passaggio di consegne con una promessa pesantissima per la categoria. Tutto messo nero su bianco in un comunicato stampa dell’11 gennaio.
“Dal 2012 i lavoratori bancari hanno rinunciato a 1,5 miliardi di accantonamenti sul loro Tfr per contribuire al risanamento del sistema: adesso basta, non c’è più ragione di calmierare il costo del lavoro, si torni ad accantonare tutto”, così tuonò Romani. “Il Tfr ha incominciato a essere calcolato solo su tre voci tabellari: solo nel 2017 Intesa ha avuto risparmi per circa 50 milioni annui, UniCredit 28, BancoBpm e Mps una quindicina ciascuno, Ubi circa 13, Bnl attorno ai 9” ha precisato Colombani.
Un atto ufficiale che vuol dire, in sostanza, pretendere dalle banche il pagamento integrale del trattamento di fine rapporto.
L’ultimo contratto, infatti, aveva stabilito una restrizione della base imponibile. Ciò per le banche si è tradotto in una riduzione dei costi di circa 210 milioni di euro l’anno. Cifra che ora, se dovesse prevalere la linea della First Cisl, gli istituti di credito sarebbero costretti a sborsare, mentre sono alle prese con le pesantissime richieste della Bce sul fronte degli accantonamenti dei non performing loan. Dal nuovo segretario generale della Fisac Cgil, Giuliano Calcagni, il silenzio più assoluto sulla proposta della First. Né ha preso una posizione netta sull’argomento nell’intervista lasciata a Milano finanza qualche giorno fa.
Ma è anche probabile che il silenzio sia legato al fatto che oggi si riunisce a Roma il direttivo della Fisac proprio per prendere una posizione chiara. Anche la Fabi non ha ancora preso una posizione ufficiale, ma molto difficilmente la prima sigla del settore – secondo indiscrezioni – sarà disposta a fare sconti alle banche. Si guarda al 28 gennaio, quando i sindacati e l’Abi si riuniranno a palazzo Altieri a Roma: una decisione in ogni caso dovrà essere presa entro il 31 gennaio.
Ma la faccenda sarà più chiara entro un paio di giorni visto che Calcagni dovrà uscire, gioco forza, allo scoperto insieme al suo consiglio direttivo. Occhi puntati sulla First, perché se Colombani cambierà idea, potrebbe proseguire la forte emorragia di iscritti degli ultimi anni. Per quanto riguarda l’Abi (Associazione bancaria italiana), il nuovo leader del Casl Salvatore Poloni è atteso a un importante banco di prova e, è inutile nasconderlo, lo stesso presidente Antonio Patuelli sarà chiamato a dare risposte concrete alle banche in un momento così delicato per il settore, stretto fra richieste della Bce e la quotidiana invasione del governo, all’interno del quale sono in molti a voler dare una frustata ai banchieri, ridimensionando il loro potere e quello delle stesse banche.
È chiaro, quindi, che o l’intero settore risolverà al proprio interno, banche e sindacati, i vari problemi (contratto nazionale compreso) oppure saranno senza dubbio in molti i gruppi bancari che non si sentiranno più rappresentati da Abi. Con le successive decisioni che potrebbero conseguire.