Economia
Bankitalia taglia le stime del governo, Pil in crescita dello 0,8% nel 2024
Le attuali tensioni geopolitiche, tra la guerra in Ucraina e quella in Israele, affossano l'economia
Pil in crescita dello 0,8% nel 2024, Bankitalia taglia le stime del governo
Si addensano le nubi sull'economia mondiale e su quella italiana. Dopo gli shock degli ultimi anni, le tensioni geopolitiche, accentuate ora dai recenti attacchi terroristici in Israele, pesano sull’evoluzione del quadro congiunturale globale. Un quadro che già vede il peggioramento dell’economia cinese e la maggiore rigidità delle condizioni di offerta del credito in Italia, così come nel complesso dell’area dell’euro con la conseguenza di un aumento dei rischi al ribasso per la crescita. E' il contesto che tratteggia l'ultimo bollettino della Banca d'Italia che oggi taglia le stime per il nostro Paese.
Infatti, lo scenario di base del quadro dell'istituto centrale indica una frenata del pil che nel 2023 aumenterebbe dello 0,7 per cento dello 0,8 nel 2024 e dell’1,0 nel 2025. A luglio la previsione era dell'1,3% per quest'anno (quindi -0,6%), dello 0,9% per il 2024 e dell'1% confermato per il 2025. La crescita, spiega Bankitalia, risentirebbe dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza degli scambi internazionali; beneficerebbe invece degli effetti delle misure del Pnrr e del graduale recupero del potere d’acquisto delle famiglie.
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Dopo la diminuzione del secondo trimestre è proseguita, rileva Bankitalia, la fase di debolezza dell’attività economica in Italia, estesa sia alla manifattura sia ai servizi. Gli indicatori confermano la fiacchezza della domanda interna, che riflette l’inasprimento delle condizioni di accesso al credito, l’erosione dei redditi delle famiglie dovuta all’inflazione e la perdita di vigore del mercato del lavoro. Le esportazioni risentono sia della scarsa vivacità della domanda mondiale, sia dell’attività economica nell’area dell’euro.
Sul fronte dell'inflazione, sorvegliata speciale, dopo il calo degli ultimi mesi, a settembre si registra una leggera crescita, risentendo dell’aumento delle quotazioni dei carburanti. L’inflazione di fondo è rimasta pressoché invariata, su un livello nettamente inferiore al massimo raggiunto in febbraio. Le previsioni dell'istituto centrale indicano ora una riduzione dei prezzi al consumo al 2,4 per cento nel 2024 dal 6,1 del 2023 e all’1,9 nel 2025.
Il calo riflette il netto rallentamento dei prezzi all’importazione, determinato soprattutto dalla flessione in termini tendenziali dei corsi delle materie prime energetiche. L’inflazione di fondo scenderebbe al 2,3 per cento nel 2024 (dal 4,6 del 2023) e all’1,9 nel 2025, in linea con il progressivo svanire degli effetti dei passati rincari energetici e con il rallentamento della domanda interna.
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Secondo i nuovi obiettivi di finanza pubblica, aggiornati dal Governo alla fine di settembre, nel 2023 l’indebitamento netto e il debito in rapporto al pil continuerebbe a diminuire e si collocherebbero rispettivamente al 5,3 e al 140,2 per cento. È programmata per il 2024 un’espansione del disavanzo rispetto al quadro a legislazione vigente di circa 0,7 punti percentuali del prodotto. L’indebitamento netto scenderebbe gradualmente nei prossimi anni, fino al 2,9 per cento del pil nel 2026. L’incidenza del debito sul prodotto nel prossimo triennio segnerebbe una riduzione solo marginale, con rischi tendenzialmente al rialzo, avverte Bankitalia.
Tra maggio e agosto il credito a famiglie e imprese è nuovamente diminuito. La domanda di finanziamenti è frenata sia dall’aumento del costo dei prestiti sia dalle minori esigenze di liquidità per investimenti. Le indagini presso le banche evidenziano inoltre che il maggiore rischio percepito dagli intermediari e la minore disponibilità a tollerarlo continuano a contribuire a un irrigidimento delle politiche di concessione dei finanziamenti, indebolendone la dinamica.
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Gli intermediari si aspettano un ulteriore inasprimento dei criteri per la concessione del credito alle imprese. I nuovi crediti deteriorati si mantengono su livelli contenuti. Segnali di debolezza arrivano poi dal mercato del lavoro nel bimestre luglio-agosto. L’occupazione e il tasso di partecipazione sono rimasti sostanzialmente stabili. Si è rafforzata la dinamica delle retribuzioni nel settore privato non agricolo, ma le pressioni al rialzo provenienti dai rinnovi contrattuali appaiono nel complesso contenute. I margini di profitto sono diminuiti in tutti i settori.