CdB, Gavio, Boroli-Drago e Lunelli: l'agrifood conquista il capitalismo
Da De Benedetti ai Boroli-Drago, da Farinetti ai Lunelli, la filiera agroalimentare (che rappresenta il 3,9% del Pil) attrae le grandi famiglie imprenditoriali
Non a caso in questi anni non sono mancati operazioni finanziarie dedicate specificamente al comparto, come il fondo Agrifood One, lanciato lo scorso anno da Garnell Sgr (società di private equity fondata da Filippo La Scala, un passato da banker e top manager per Julius Baer in Italia) con Slow Food come advisor, o IDeA Agro, il fondo da poco annunciato da DeA Capital Alternative Fund (Boroli-Drago) che investirà in aziende della filiera agricola, localizzate nel territorio italiano e che operano in modo eco-sostenibile.
O come H-Farm, acceleratore trevigiano (con sede a Roncade) quotato a Piazza Affari che da 13 anni supporta startup e imprese innovative ma anche aziende tradizionali impegnate in una trasformazione digitale e che dal giugno 2016 ha lanciato, con Cisco (e Generali), Food Accelerator, un programma di accelerazione dedicato a startup che sviluppino soluzioni innovative nell’ambito del food e dell’agricoltura. Insomma: dalla “grandi famiglie” del capitalismo italiano ai giovani startupper, l’agrifood continua a rappresentare un settore attrattivo e trainante per l’economia italiana, alla faccia di pensa che nei campi ci si sia fermati ai tempi di “Riso Amaro”.
Luca Spoldi