Economia
Confindustria, l'Emilia si scalda. Quelle categorie che vogliono contare...
La Motor Valley e il distretto del packaging. Ma anche l’alimentare, il Sistema Casa e i poli biomedicali. Distretti dell’Emilia-Romagna che nel 2017, secondo gli ultimi dati Istat disponibili sulla crescita del Pil a livello disaggregato regionale, hanno trainato (sopravanzando Lombardia, Veneto e Piemonte) quel Nord che, dopo l’esperienza del salernitano Vincenzo Boccia che a maggio del prossimo anno farà il passaggio di consegne nella confederazione dell’Aquilotto, ora rivendica la presidenza della Confindustria.
Dopo la sconfitta di tre anni fa al fotofinish del bolognese Alberto Vacchi, pare che anche l’Emilia Romagna, forte di questi numeri e delle proprie realtà industriali, voglia esprimere un proprio candidato, mentre in Lombardia il presidente degli industriali bresciani Giuseppe Pasini è uscito in anticipo allo scoperto come candidato su spinta della propria territoriale per contrapporsi al numero uno di Assolombarda Carlo Bonomi. Imprenditore che si scalda da tempo per questa partita e che però non ha ancora sciolto ufficialmente le riserve.
Per dirla alla Boccia “il fischio d’inizio è partito”, ma la procedura formale per l’elezione si aprirà a gennaio con la scelta dei saggi confindustriali incaricati di sondare le candidature disponibili nel Sistema.
Fonti confindustriali al top raccontano ad Affaritaliani.it che il movimentismo in Emilia-Romagna è elevato soprattutto fra le associazioni di categoria, attori che a differenza delle territoriali, che finiscono per muoversi più come dei club Rotary provinciali privi di efficacia, riescono invece ad essere portatori compatti di grandi interessi di settore e di far così sentire maggiormente la propria voce.
A differenza delle territoriali venete dove il papabile Matteo Zoppas ha dovuto alzare bandiera bianca anche dopo aver preso atto della sempiterna frattura campanilistica che a Nordest oppone Padova e Treviso a Vicenza e Verona, l'Emilia-Romagna potrebbe procedere compatta. Fattore non da poco, come dimostrano ora i tentativi del presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti nel cercare di ricomporre il fronte degli industriali lombardi, per aumentare il peso in vista della conta finale in Consiglio.
Se la candidatura di Maurizio Marchesini, presidente di Marchesini Group, azienda specializzata nel packaging farmaceutico ed ex numero uno della confederazione regionale viene data per sicura, non sono passati inosservati gli attivismi di Fabio Storchi, attuale presidente di Unindustria Reggio Emilia ma ex numero uno di Federmeccanica, la potente confederazione delle imprese metalmeccaniche di Confindustria. Esperienza al termine della quale, Storchi ha dribblato il nuovo statuto della propria territoriale emiliana e si è fatto rieleggere.
L'altra ipotesi all'orizzonte è che i big dell'industria dell'Emilia Romagna possano chiedere compatti ad Emanuele Orsini, dal 2017 alla guida di FederlegnoArredo, campione dell’export tricolore, di scendere in campo. Ma si vocifera anche che Bologna, Ferrara e Modena, raggruppate in Confindustria Emilia, possano comportarsi come Brescia (ma rispettando i tempi della procedura elettiva) ha fatto con Pasini: chiedere con una mozione a Valter Caiumi, che in primavera ha raccolto il testimone di Vacchi, di mozione di verificare le condizioni per una possibile candidatura alla prossima presidenza di Confindustria.
Più defilato, invece, rispetto alle indiscrezioni della prima ora Pietro Ferrari, attuale numero uno della confederazione regionale, meno adatto, dicono in regione, a una corsa che come l’ultima rischia di essere senza esclusione di colpi.
@andreadeugeni