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Economia
Fideiussioni redatte molto tempo dopo il 2005, la nullità non è automatica

Quando viene riprodotto lo schema ABI, le clausole fideiussorie sono nulle per violazione della normativa concorrenziale. La Cassazione mette un punto

Le clausole fideiussorie, che riproducono lo schema ABI sanzionato da Banca d’Italia nel 2005, sono nulle per violazione della normativa concorrenziale. A mettere il punto sulla questione è intervenuta la Cassazione, con una decisione presa a Sezioni unite, nel 2021. La giurisprudenza di merito, però, è andata oltre e ha stabilito che, quando in contestazione siano contratti di fideiussione redatti molto tempo dopo il 2005, la nullità non è automatica. Abbiamo approfondito i tratti salienti con l’Avvocato Nicola Ferraro, founder partner di de Tilla Studio Legale.

Avvocato Ferraro, innanzitutto quali sono le clausole nulle?

Sono quelle che riproducono le clausole contenute agli articoli 2, 6 e 8 dello schema uniforme ABI adottato delle banche fino al 2005 e, precisamente:

- la “clausola di reviviscenza” (art. 2), secondo cui il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;

- la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (art. 6), in forza della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dal’1957 c.c., che si intende derogato”;

- la clausola di sopravvivenza (art. 8), a termini della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate.

Cosa ha stabilità la giurisprudenza al riguardo?

Banca d’Italia prima, giurisprudenza di merito e quella della Corte di Cassazione dopo, ne hanno decretato la nullità perché le clausole in discorso costituiscono applicazione della partecipazione della banca a una intesa anticoncorrenziale tra istituti di credito. Nella sostanza, perché le clausole riproduttive di quelle contenute agli articoli 2, 6 e 8 dello schema uniforme ABI 2005 sono restrittive della libera concorrenza.

La nullità riguarda il contratto o le clausole?

La nullità colpisce le sole clausole e non il contratto fideiussorio nel suo complesso. La Cassazione è stata chiara sul punto. La successiva giurisprudenza di merito si è adeguata. Sicché si può dire che, oggi, l’indirizzo giurisprudenziale è uniforme. Ciò vale anche se la fideiussione sia stata rilasciata anteriormente all’epoca in cui lo schema ABI anticoncorrenziale è stato predisposto perché, come Banca d’Italia aveva già avuto modo di accertare nel 2005, prima della sua predisposizione, clausole identiche erano utilizzate dalle banche già in maniera uniforme e standardizzata. Poi sono state trasfuse nello schema ABI.

Avvocato Ferraro, la nullità è automatica?

No. La condotta anticoncorrenziale della banca va provata. Con una precisazione, però. Se per le clausole inserite nei testi fideiussori redatti a ridosso dello schema ABI del 2005 la condotta anticoncorrenziale si può presumere, perché l’istruttoria eseguita da Banca d’Italia ha coperto l’arco temporale compreso tra il 2002 e il maggio 2005, analoga presunzione non può valere per quelle clausole inserite in contratti redatti molto tempo dopo il 2005. In questi casi essa deve essere provata in maniera specifica e puntuale da chi ne contesta la validità. In giudizio grava su questo ultimo l’onere della prova della violazione dell’art. 2, L. n. 287/1990.

Cosa deve provare l’interessato per far valere la nullità?

La parte che eccepisce la nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust è onerata di produrre in giudizio il contratto di fideiussione oggetto di contestazione, il provvedimento di Banca d’Italia che, nel 2005, ha accertato l’illegittimità dell’intesa per violazione dell’art. 2, L. n. 287/1990; e questo perché i provvedimenti amministrativi (come, appunto, è la decisione di Banca d’Italia) non sono valutabili dal giudice se non tempestivamente prodotti in giudizio. Ma non basta. Poiché l’esistenza dell’intesa concorrenziale, a cui si assume che la banca abbia partecipato, deve essere provata nello specifico, la prova si estende anche alla produzione in giudizio di un considerevole numero di testi fideiussori redatti da altre banche che, nel contenuto, siano assimilabili a quello oggetto di contestazione.

E l’orientamento dell’Arbitrato Bancario e Finanziario sulla questione quale è?

Di adesione all’indirizzo giurisprudenziale maggioritario. Proprio di recente l’ABF ha chiaramente escluso che l’accertamento operato da Banca d’Italia nel 2005 possa estendersi de plano alle fideiussioni concluse in un periodo successivo al 2005 dovendo, a tal fine, l’interessato dimostrare la persistenza della intesa antitrust. Pertanto, in assenza di una specifica dimostrazione della fattispecie anticoncorrenziale denunciata, la domanda di nullità relativa della fideiussione non può trovare accoglimento.

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