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Intesa-Generali, criticità del merger. Così Messina lancia la banca nel futuro

Intesa Sanpaolo-Generali: i pro e i contro della “madre di tutte le fusioni” per il settore finanziario italiano

Intesa-Generali, criticità del merger. Così Messina lancia la banca nel futuro

di Luca Spoldi
Andrea Deugeni

Intesa Sanpaolo e Generali vedono le quotazioni risalire in borsa, con analisti e investitori che sembrano ormai convinti che per la formalizzazione di un'offerta di acquisto e scambio da parte della banca sui titoli della principale compagnia assicuratrice italiana sia solo una questione di tempo, col Cda della banca che potrebbe già venerdì sera riunirsi per approvare l'operazione. L'appeal speculativo di Generali è alto, tanto che Equita Sim ha appena introdotto il titolo con un peso dell'8,5% nel proprio portafoglio principale dopo aver già alzato il rating a "buy" (acquistare) con un target price di 19 euro per azione. 

Ciò nonostante, il mercato continua a interrogarsi su quali siano nel concreto i pro e i contro di un eventuale matrimonio. Generali è certamente una preda appetibile, essendo uno dei pochi gruppi italiani con una forte presenza multinazionale (solo il 35% dei premi lordi è generato in Italia, il 65% provenendo dall'estero) ben bilanciata sui maggiori mercati europei (Germania e Francia, oltre che in Centro Est Europa), risultando inoltra sia finanziariamente sia patrimonialmente molto solida con un Roe del 13% circa e un Solvency ratio pari al 188%, potendo inoltre vantare su una altrettanto solida generazione di cassa.

messina
 

Tuttavia l'operazione non apporterebbe quasi alcuna sinergia sui mercati esteri, non essendoci aree sensibili di integrazione rispetto all'attività bancaria di Intesa Sanpaolo. In Italia poi i due gruppi finirebbero col controllare oltre il 30% (soglia massima applicata in occasione della fusione di Fondiaria-Sai in Unipol) del mercato delle polizze Vita e sono dunque da mettere in conto consistenti dismissioni tanto a livello di fabbrica prodotto per i vari rami Vita quanto a livello distributivo/geografico, senza contare l'elevata sovrapposizione che si creerebbe tra la rete di agenti Generali (3.500 agenti e 14.500 subagenti) e la rete bancaria di Intesa Sanpaolo.

Valga a questo riguardo il precedente del 2006, quando per autorizzare la fusione che dette vita a Intesa Sanpaolio l'Antitrust pretese lo scioglimento della partnership tra Generali e Intesa Vita, situazione che una fusione dei due gruppi oggi di fatto ricreerebbe, su scala più ampia. In compenso nel ramo Danni non vi sarebbe nessuna sinergia possibile, visto che il peso di Intesa Sanpaolo in tale ambito dopo 10 anni di attività ha raggiunto appena l'1% di quota di mercato.

(Segue...)


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