Economia

Mezzogiorno a un bivio: crescita oppure il "coccodrillo rischia di affogarsi"

Eduardo Cagnazzi

Dal titolo del libro dell'economista Busetta, l'Aim lancia il grido di allarme. Riportare la questione meridionale al centro della politica economica italiana

In un momento di profonda risi del pensiero meridionalista, l’Alleanza degli istituti meridionalisti (Aim) lancia da Napoli un grido d’allarme: il Mezzogiorno è a un bivio, o si interviene con risorse ed azioni concrete di governo a favore di quest’area, o il “coccodrillo affoga”. Prendendo spunto dal libro di Pietro Busetta “Il coccodrillo si è affogato”, l’Aim intende stimolare interventi concreti per evitare lo spopolamento e ricondurre il ruolo del meridione al centro della politica economica italiana. Nonostante le cifre considerevoli investite, secondo gli economisti ed i ricercatori dell’Alleanza lo Stato non ha fatto fino in fondo quel che avrebbe dovuto fare per riportare questa vasta area ai livelli medi di sviluppo del Paese. Per avere contezza di questo, afferma Busetta, presidente dell’Issest, basta fare un raffronto con quanto ha fatto la Germania per l’ex Ddr. “Con l’unificazione del 1989, la vecchia Germania dell’Est ha ricevuto risorse pari a venti volte di più di quanto riceve il Mezzogiorno ogni anno, sia in termini percentuali di Pil che di risorse stesse. Oltre ad ingenti trasferimenti di capitale, l’ex Ddr è stata inoltre oggetto di trasferimenti di conoscenza e tecnologia, nonché di infrastrutture”. Il Paese, inoltre, continua Busetta, avrebbe dovuto mettere in conto un altro problema: nel Sud si registra “l’assenza di una classe dirigente locale in grado di portare il Mezzogiorno fuori dall’empasse. Ecco perché risulta necessario un qualche potere sostitutivo che dia la possibilità al centro, cioè allo Stato, di assumersi direttamente i compiti che competerebbero alle realtà locali laddove le stesse risultassero incapaci”. Da qui la necessità secondo gli esperti dell’Aim di bloccare “la pericolosa deriva che vede il Mezzogiorno scivolare verso situazioni di sottosviluppo senza ritorno, verso una desertificazione industriale e al depauperamento demografico che si accompagna ad una massiccia migrazione delle sue energie migliori”. Per Salvatore Matarrese (nella foto), presidente dell’Osservatorio Banche Imprese-Economia e Finanza, le ultime elezioni europee ed amministrative hanno premiato il centro-destra al Sud. “Ciononostante quest’area del Paese non rientra nelle priorità del governo. Non basta -sottolinea Matarrese- un Piano Sud per rilanciare gli investimenti se non si mette l’intero Mezzogiorno al centro delle politiche dell’Italia con un programma di medio e lungo termine per infrastrutture e lavoro”.

Lo scenario                                                                                                                                                                    Il rallentamento dei processi di istituzione delle Zes e di infrastrutturazione delle Aree logistiche attrezzate, l’assenza di politiche industriali in grado di stimolare e attrarre investimenti, rappresentano per l’Alleanza degli istituti meridionalisti tutti freni che pesano come macigni sul Mezzogiorno. Il pericoloso rallentamento della crescita che allontana addirittura al 2030 il recupero delle condizioni pre-crisi mentre il gap con il Nord si allarga, la disoccupazione giovanile, il depauperamento delle università meridionali non sono più tollerabili. La stessa autonomia rafforzata per le regioni del Nord, ai nastri di partenza, costituisce per gli analisti dell’Aim una ulteriore condanna del Mezzogiorno non solo sul piano dello sviluppo industriale ma anche su quello sociale. L’autonomia è un valore se inserita entro i recinti costituzionali dell’unità della Nazione, della solidarietà dello Stato e della garanzia di uguali prestazioni per tutti i cittadini. Solo in questo contesto, da qui l’appello dell’Alleanza, l’autonomia può divenire un valore in grado di conferire efficacia ed efficienza a tutti i territori.