Economia

Il lusso non conosce crisi: nel 2022 fatturato in crescita dell'11,7%

di Redazione Economia

I gruppi luxury crescono più del mass-market, tra i colossi mondiali Lvmh primo per ricavi (79,2 mld)

Mediobanca: "Nel 2022 fatturato maggiori 80 multinazionali a 566 mld (+11,7%)"

Nel 2022 le 80 maggiori multinazionali della moda hanno fatturato complessivamente 566 miliardi di euro (+11,7% sul 2021, superando del 21,6% i livelli pre-pandemici), di cui il 58% generato dai player europei e il 33% dai nordamericani. Sono alcuni dei dati contenuti nel nuovo report sulla moda realizzato dall'Area Studi Mediobanca. Le aziende italiane, evidenzia il report, riflettono la varietà e creatività imprenditoriale del nostro Paese e sono quindi più numerose, ma di dimensione inferiore. Tra i 37 gruppi europei, l’Italia con i suoi 12 big è il Paese con più protagonisti, ma è la Francia ad aggiudicarsi il primato per giro d’affari (43% del totale europeo), davanti a Germania (11%), Spagna e Regno Unito (10% entrambi), con l’Italia al 7%.

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I gruppi del lusso crescono di più di quelli mass-market (+19,3% vs +8,3% sul 2021), anche rispetto ai livelli pre-Covid (+32,7% vs +13,8%). Al primo posto per ricavi tra i colossi mondiali si conferma Lvmh (79,2 mld). Seguono, a distanza, Nike (48,0 mld), la spagnola Inditex (32,6 mld) che controlla Zara, EssilorLuxottica (24,5 mld), la tedesca Adidas (22,5 mld), l’altro player francese del lusso Kering (20,4 mld, di cui 10,5 mld Gucci, 3,3 mld Yves Saint Laurent, 1,7 mld Bottega Veneta), la svedese H&M (20,1 mld), il gruppo svizzero Richemont (20,0 mld), quello giapponese Fast Retailing che controlla Uniqlo (16.4 mld) e Chanel 2 (16.1 mld). Prima tra gli italiani si posiziona Prada (4,2 mld), al 33esimo posto in classifica, seguita da Oniverse (44esima posizione), Moncler (50esima) e Giorgio Armani (54esima).

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Il giro d’affari complessivo appare concentrato: le prime dieci multinazionali rappresentano oltre la metà dei ricavi aggregati, con Lvmh che da sola ne concentra il 14%. La redditività supera anch’essa i livelli pre-crisi, con l’ebit margin aggregato al 15,1% (dal 13,1% del 2019), risultato dell’aggregazione di due cluster differenti: da una parte i colossi del lusso con l’ebit al 24,4%, inferiore solo alla redditività delle farmaceutiche (25,1%), e dall’altra i player mass-market con il 9,7%. Hermès si conferma di gran lunga al primo posto (ebit margin al 41,5%), davanti a Chanel (34,1%) e Lvmh (31,5% al netto della divisione 'selective retailing'). Seguono Moncler (29,8%), prima italiana in classifica, e Kering (27,5%). Gli investimenti superano i livelli del 2019: +29,4% rispetto al 2021 e +24,8% rispetto al 2019. I gruppi del lusso registrano un’intensità di investimento più che doppia rispetto a quelli orientati al mass-market: 9,4% vs 4,5% il rapporto fra investimenti e ricavi. I big italiani si distinguono per il tasso di investimento medio più elevato, pari a 13,5%, oltre il doppio della media del settore (6,4%), e superiore a quello francese (9,9%). Il podio è tutto tricolore: Valentino (23,6%), Otb (20,2%), Prada (17,2%). Anche gli acquisti di azioni proprie si sono intensificati superando i livelli pre-pandemici (+81,5% sul 2019) e raggiungendo il record nel 2022, con un’accelerazione per i gruppi europei rispetto a quelli nordamericani (+135,4% vs 66,6%) a cui, però, è attribuibile il 68,7% degli acquisti complessivi.

Nel 2022 i colossi della moda hanno distribuito 24,8 miliardi di dividendi, anche in questo caso record del quadriennio, pari al +17,5% sul 2021 e al +15,4% sul 2019. Sul fronte patrimoniale, le multinazionali della moda godono di una struttura finanziaria più solida rispetto alla grande manifattura (debiti finanziari sul capitale netto al 67,1% vs 71,0%), con i gruppi europei più capitalizzati di quelli nordamericani (57,0% vs 115,7%).

La moda italiana è lontana dai riflettori della Borsa: solo il 18,4% del giro d’affari aggregato (15,8 miliardi di euro) è prodotto dalle dodici società quotate del panel. Le imprese quotate, si legge nel report, hanno un fatturato medio di 1,3 miliardi, quasi il doppio di quelle non quotate (0,7 miliardi), una redditività superiore (ebit margin al 14,6% vs 10,4%), così come la proiezione internazionale (75,0% di export vs 62,0%). A fine 2023 le società quotate raggiungono una capitalizzazione di 42,1 miliardi (+5,3% sul 2022), pari al 3,8% del valore dell’Euronext Milan (2,9% nel 2019), escludendo Ermenegildo Zegna e Prada, quotate all’estero. Al 31 dicembre 2023 il podio di Borsa è occupato da Moncler (15,3 mld di euro), Prada (13,2 mld) e Brunello Cucinelli (6,0 mld). Al quarto posto si colloca Ermenegildo Zegna (2,6 mld), seguita da Salvatore Ferragamo (2,1 mld).

I primi nove mesi del 2023 dei maggiori player mondiali della moda segnano un incremento del giro d’affari dell’8%, con mercato asiatico (+9%) ed europeo (+8%) allineati, ma Nord America in sofferenza, unica area geografica in calo, dopo essere stata quella più brillante nel 2022. Secondo il report di Mediobanca, le prime evidenze per l’intero 2023 confermano un ulteriore anno di crescita (+7% sul 2022), anche se a un ritmo inferiore rispetto a quello precedente, con un incremento più accentuato per i gruppi del lusso con un +9%. Inoltre, il contesto macroeconomico, i solidi fondamentali del comparto e la stabilizzazione della crescita dopo i brillanti risultati del post-pandemia lasciano presagire un futuro consolidamento del settore con ulteriori investimenti da parte delle multinazionali sulla supply chain e sul rafforzamento del presidio di filiera. Per il 2024 si attende un rallentamento della crescita che si fermerebbe al +4%, sostenuta anche dall’aumento dei listini implementati nei mesi scorsi e da un’accelerazione dei flussi turistici.