La Mediobanca di Leonardo Del Vecchio? Un'anomalia non solo nel panorama degli assetti proprietari delle 115 grandi banche del Vecchio Continente vigilate dalla Banca centrale europea, ma anche nella governance, perché con in tasca solo il 20% del capitale, anche senza avere rappresentanti in consiglio di amministrazione e senza dover incrementare ulteriormente le proprie quote, Mr Luxottica (data la presenza media dei soci in assemblea della merchant) potrebbe bloccare tutte le operazione straordinarie della banca, avendo già in mano quindi di fatto un evidente potere di condizionamento della vita dell'istituto.
Il Ceo di Mediobanca Alberto Nagel
Mentre la Vigilanza di Francoforte ha iniziato ad analizzare la richiesta di Delfin di salire dal 9,9% del capitale di Piazzetta Cuccia, oltrepassando la soglia regolamentare del 10% per arrivare fino al 20% e il governo Conte valuta il da farsi sul dossier, gli addetti ai lavori iniziano a interrogarsi sugli effetti concreti del rafforzamento dell’imprenditore di Agordo fra i soci di Piazzetta Cuccia.
Innanzitutto, facendo uno screening delle 115 grandi banche europee vigilate da Francoforte, emerge che al momento ci sono solo sei istituti (il 5% quindi del totale) che presentano un singolo socio privato sopra il 10%. In posizione, dunque, preminente rispetto agli altri in un settore dove invece la configurazione principale nella suddivisione del capitale fra gli azionisti è quella della public company, con la presenza di molti investitori istituzionali internazionali.
La Mediobanca di Del Vecchio, dunque, si aggiungerebbe alla sparuta lista che conta la spagnola Bankinter, le due belghe Banque Degroof Petercam e Argenta, l’italiana Credem, la banca più antica del Lussemburgo (Banque Internationale à Luxembourg, Bil) e il lusitano Banco Comercial Portugues, il secondo istituto di credito del Paese iberico salvato da Lisbona nel 2012 e passato poi ai due anchor investor Fosun e il gruppo petrolifero angolano Sanangol.
C’è di più. Mettendo da parte nel mini-elenco le ultime due banche, il cui nuovo assetto azionario è conseguenza di un salvataggio finanziario (in Bil i cinesi di Legend Holdings a settembre 2017 hanno rilevato il 90% dalla famiglia reale del Qatar che sua volta era subentrata nel capitale nel 2012 dopo il fallimento della controllante Dexia), per i primi quattro istituti di credito, l'avere un singolo socio privato sopra il 10% è legato a una ragione storica: i soci oltre questa soglia infatti sono tutti fondatori, come nel caso nostrano del 38% del capitale del Credito Emiliano in mano alla famiglia Maramotti che ha dato vita al gruppo di Reggio Emilia nel 1983.
Il presidente di Mediolanum Ennio Doris
La configurazione che si verrebbe a creare dunque con Del Vecchio al 20%, ben oltre al 12,6% del patto di consultazione capeggiato dai Doris, sarebbe ancora diversa, un caso quasi unico nel panorama europeo. E cioè quello di un singolo azionista che decide di entrare in una banca condizionandone le sorti, in un gruppo che negli ultimi 10 anni, con un cambio di rotta rispetto alla stagione dei salotti finanziari del capitalismo tricolore, ha intrapreso un’evoluzione importante. Quella verso una governance indipendente e un assetto da public company, con un ruolo di primo piano del board rispetto all’azionariato.
E' vero che, dopo la comunicazione dell'operazione, fonti vicine al patron di Delfin hanno tranquillizzato subito il management di Piazzetta Cuccia spiegando che quello della holding lussemburghese è un investimento finanziario e che quindi non vuoi partecipare alla governance della merchant (pare che, visto il peso, Del Vecchio si aspetti di esser invitato in autunno in occasione della compilazione della lista del prossimo Cda da parte del board uscente). Di fatto, però, il 20% in portagoglio, senza bisogno di comprare ulteriori azioni, consegnerebbe a Mr Luxottica già un enorme potere di incidere sulla vita di Mediobanca.
Mediamente infatti nell'assemblea dell'istituto si riunisce il 64%-65% del capitale e, da diritto societario, le operazioni straordinarie vanno approvate almeno con i 2/3 del capitale presente ai lavori. Depositare nelle assise il 20% per partecipare alle decisioni che incidono fortemente sulla vita della banca, significherebbe essere sulla soglia di esercitare anche il potere di veto sulle scelte del management. Semplicemente alzando la mano.
@andreadeugeni
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