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Economia
Mercati Emergenti, rally anche nel 2018. Ma occhio all'incognita Fed

di Maarten-Jan Bakkum*

Nelle ultime settimane, il quadro per gli investimenti nei mercati emergenti non e' cambiato in modo sostanziale. Lo slancio della crescita continua ad essere forte, trainato da quella del commercio mondiale e da un'ampia ripresa della crescita del credito. I dati sulle PMI di novembre per le principali economie emergenti erano solidi: 14 paesi su 15 (tutti tranne il Sudafrica) hanno riportato un dato superiore al valore neutro di 50 e in 14 paesi la lettura di novembre ha superato quella di ottobre. La forza delle PMI e' visibile soprattutto nelle economie manifatturiere di esportazione dell'Asia orientale, ma la ripresa della crescita di queste economie, iniziata a meta' del 2016, e' piu' ampia. Il nostro indicatore di dinamismo economico degli emergenti, costituito dagli otto indicatori ciclici piu' rilevanti delle 22 principali economie emergenti, e' chiaramente in territorio positivo ed e' addirittura migliorato nelle ultime cinque settimane.

Il deprezzamento valutario verificatosi a partire dal 2013, il forte rallentamento della crescita negli anni 2010-2015 e la conseguente riduzione degli squilibri fiscali ed esterni hanno creato ampi margini di ripresa, sia in termini di crescita economica sia dei mercati. Dal 2016, abbiamo assistito ad un provvisorio ampliamento del differenziale di crescita del PIL degli emergenti rispetto ai mercati sviluppati, che riteniamo sia necessario per un trend di sovraperformance sostenuto dell'azionario emergente. Negli utili societari vediamo chiaramente una crescita maggiore negli emergenti rispetto ai mercati sviluppati.

Riteniamo che sia ancora conveniente investire nell'azionario emergente, sebbene le prospettive di crescita di queste aree si sono in qualche modo ridotte a causa delle condizioni finanziarie meno agevoli degli ultimi mesi. Finora la dinamica di crescita e' stata robusta, ma il principale fattore di attrazione delle azioni emergenti nel medio-lungo termine risiede innanzitutto nella crescita della domanda interna. E' quindi fondamentale guardare alla crescita del credito e ai fattori trainanti della sua recente ripresa. In questo senso le condizioni finanziarie diventano rilevanti.

Le aspettative della Fed hanno cominciato a muoversi verso l'alto; da settembre i mercati hanno prezzato due ulteriori aumenti dei tassi prima della fine del 2018. Cio' spiega perche' i mercati del debito emergente siano stati sottoposti a una certa pressione e perche' all'interno delle azioni emergenti i mercati con il maggiore fabbisogno di finanziamenti esterni, come Turchia e Colombia, siano stati chiaramente sottoperformanti. L'aumento delle aspettative della Fed ha causato un indebolimento del nostro indicatore sulle condizioni finanziarie degli emergenti. Cio' dovrebbe avere un impatto sulla crescita del credito nei prossimi mesi e quindi sulle prospettive di crescita della domanda interna.

Ad ogni modo, riteniamo che sia troppo presto per preoccuparci. Le condizioni finanziarie, infatti, non stanno subendo un inasprimento. Tuttavia, se i futures sui federal funds dovessero aumentare ulteriormente, la situazione potrebbe cambiare. Un'ulteriore incertezza potrebbe derivare da un percorso di politica monetaria della Fed meno prevedibile, a seconda dei cambiamenti nella composizione del consiglio di amministrazione, degli effetti della riforma fiscale e della misura in cui l'inflazione riprendera'.

I movimenti imprevisti della banca centrale creano pertanto un potenziale rischio negativo per le prospettive. In conclusione, continuiamo ad avere una crescita costruttiva e prospettive di rendimento per i mercati emergenti, ma teniamo in giusta considerazione la possibilita' di un contesto di mercato un po' piu' movimentato.

*Senior Emerging Markets Strategist di NN Investment Partners

Tags:
mercati emergentiinvestirerisparmio gestito





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