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Economia
Mercati in fase di correzione: è presto per parlare di recessione

Mercati in rapida correzione: prematuro parlare di recessione

Due settimane fa avevamo descritto il primo sentore di quella che si stava rivelando una violenta correzione di mercato, soprattutto nelle aree più affollate. Avevamo illustrato come l'inversione del momentum trade fosse accompagnata da un rapido e forte de-grossing da parte di diversi investitori, che stavano riducendo le posizioni long consensuali sulle mega cap, soprattutto nel settore tecnologico, e coprivano le posizioni corte per realizzare parte dei profitti. Questo movimento era iniziato dopo che il dato CPI inflattivo negli Stati Uniti era risultato inferiore alle attese, portando a menzionare l'evento del black Monday del 1987 per la velocità di chiusura del gap tra gli indici SPX e NDX rispetto a quello delle small cap Russell 2K.

Un movimento così violento è raramente costruttivo, soprattutto se accompagnato da un risveglio della volatilità, la quale era la più bassa su tutte le asset class da diversi anni. In sostanza, si stava assistendo a un risveglio dal torpore e a un sovraffollamento del mercato solo su certe posizioni sia long che short, che avevano funzionato per mesi, in un mercato che era cresciuto in modo consensuale su poche posizioni con un breath così basso da rendere difficile seguirlo senza acquistare opzioni rialziste o futures.

A pochi giorni di distanza, ci si trova di fronte a performance strabilianti su diversi fronti e a una velocità di azione che ricorda il periodo Covid, con la differenza che ora la causa risiede nel mercato stesso: nell'eccessivo posizionamento, nella fiducia e nella concentrazione, tutte variabili che nelle ultime settimane sono state descritte e che si sono ritorte contro in questo mese di agosto, caratterizzato da bassi volumi che spesso accentuano i movimenti.

Le principali headlines di mercato odierne riportano preoccupazioni legate al “growth scare” e alla paura di una recessione, nonché un crescente scetticismo sull'effettiva efficacia e profittevolezza dell'intelligenza artificiale e sul pericolo che le banche centrali possano ora essere "behind the curve". È curioso notare come, fino a poco tempo fa, si parlasse ancora di un possibile rialzo dei tassi negli Stati Uniti e della necessità di "higher for longer", con la forza del consumatore e dell'economia. È possibile che tutto sia cambiato così velocemente? Oggi verranno analizzati i principali elementi di mercato per arrivare a una conclusione che potrebbe anche sorprendere.

Passando in rassegna le performance degli ultimi giorni, l'indice Nikkei in Giappone ha perso il 12,4% nella peggiore performance giornaliera dal black Monday del 1987. L'indice è ora negativo di quasi il 20% da inizio mese ed è negativo anche da inizio anno. Si parla del mercato azionario che, fino a poche settimane fa, era considerato il migliore a livello globale e su cui c'era un consenso rialzista unanime. Lo Yen, usato come fonte di finanziamento del carry trade poiché la banca centrale era l'unica ancora accomodante, era utilizzato per investire in altre asset class con rendimento superiore. Un'altra valuta coinvolta nel carry trade, il peso messicano, ha subito una sorte simile.

La posizione più consensuale era lo short sui future dei Treasury. Questo trade era una sorta di carry trade, sostenuto dalla convinzione della Fed di mantenere tassi "higher for longer". Con tassi alti, aveva senso investire nelle mega cap del settore tecnologico ad alta crescita, soprattutto perché queste aziende avevano molto cash reinvestito con ulteriore profitto. Tuttavia, si era raggiunto un posizionamento estremo che si è rapidamente sgonfiato nelle ultime ore a seguito di alcuni trigger, tra cui i dati macro, i messaggi delle banche centrali e le trimestrali, in un cocktail esplosivo che ha auto-alimentato il ribasso, accompagnato dall'esplosione di volatilità e dallo spread sul credito. Questo movimento è stato così repentino che ci riporta al periodo più critico del Covid, con il mercato che ha dovuto ridurre pesantemente sia i carry trade che le posizioni lunghe e corte consensuali.

La volatilità sull'azionario è aumentata del 400% in quattro settimane, un fattore chiave per gli investimenti dei fondi sistematici, i quali erano corti su volatilità e Treasury e lunghi al massimo possibile sull'azionario, soprattutto statunitense. Questi investitori hanno dovuto aggiustare le loro posizioni in misura massiccia, come testimoniano i volumi record degli ultimi giorni sui future Treasury e il movimento dei tassi, con il 2Y che è passato dal 4,8% di inizio luglio a ben 100 bps sotto quel livello attuale. La domanda cruciale è quanto di questo movimento sia stato dettato dalle stop loss e quanto invece dalla nuova politica della Fed. Probabilmente, per ora è più importante il posizionamento; una volta chiarito questo aspetto, si potrà tornare a riflettere sul macro e sulle banche centrali, e concentrarsi anche sul micro, trovando certamente molte più opportunità rispetto a poche settimane fa.

In ambito macroeconomico, il recente dato US Payrolls ha sorpreso tutti risultando molto più basso delle attese; non si vedevano licenziamenti così numerosi dai tempi della pandemia. La "Sahm rule" indica che se la media a tre mesi della disoccupazione è almeno dello 0,5% superiore al minimo degli ultimi 12 mesi, l'economia è in recessione. Questo spauracchio, pur da prendere con cautela, diventa rilevante in un mercato fragile. Dati sul lavoro complicati sono emersi anche dai Jobless Claims, mentre l'ISM Manufatturiero ha mostrato una severa contrazione. Tutto ciò ha innescato il rapido movimento ribassista dei tassi già discusso.

Ora il mercato si attende fino a cinque tagli da 25 punti base da parte della Fed entro fine anno, con una significativa probabilità di un primo taglio entro una settimana, senza aspettare settembre. Parte di questa aspettativa è dovuta alla bassa tolleranza mostrata da Powell al deterioramento del mercato del lavoro. Ci si chiede se tutto ciò non sia un'over-reaction. Intanto, la Bank of Japan ha alzato i tassi dopo mesi di tentennamento, mentre la Bank of England è riuscita a effettuare un taglio in una votazione dibattuta, dove ha prevalso la view accomodante grazie al voto del suo presidente.

Le trimestrali delle aziende, che dovrebbero essere l'argomento del mese, sembrano passare in secondo piano a causa della situazione attuale. Avevamo menzionato l'alto posizionamento nei confronti degli utili delle mega-cap, e questo ha avuto un impatto. È importante notare che in aggregato, più del 70% delle società statunitensi ha superato le stime di EPS. Tuttavia, la situazione varia notevolmente da settore a settore, con la parte più ciclica in difficoltà. In Europa, le società più difensive hanno riportato risultati migliori. Particolare attenzione va posta alle società coinvolte nell'intelligenza artificiale, dove sorgono i primi dubbi su come trasformare l'entusiasmo iniziale in vendite e profitti.

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Non è necessario menzionare la crescente tensione geopolitica, evidente a tutti, ma è opportuno soffermarsi un momento sulle presidenziali americane. Kamala Harris sta recuperando terreno rispetto a Donald Trump, con il 40% della Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) che si è recentemente schierato dalla sua parte. Harris ha arruolato quasi 200.000 nuovi volontari e raccolto 200 milioni di dollari, una somma senza precedenti in un lasso di tempo così breve. Sebbene il mercato sia attualmente concentrato su altre problematiche, presto si tornerà a parlare delle elezioni americane, con i Democratici che sembrano avere una possibilità fino all'ultimo.

Infine, il tema del rallentamento economico, seguito costantemente, ritorna alla ribalta. Il rallentamento del consumo non è una novità, ma il mercato sembrava non preoccuparsi della forte stretta creditizia, dell'incremento dei default, dei risparmi delle famiglie statunitensi sui minimi e del debito su carte di credito ai massimi degli ultimi 15 anni. Questi aspetti, privi di un timing certo di impatto sul mercato, sono ora al centro dell'attenzione. È ancora presto per parlare di recessione, e se è vero che la Fed possa intervenire massicciamente sui tagli, qualche effetto potrebbe essere presto già prezzato.

La fotografia attuale dei mercati mostra un re-pricing dei tassi al ribasso, raramente visto negli ultimi decenni, un mercato azionario europeo vicino allo zero da inizio anno dopo aver perso il 10/12% in un mese, SPX e NDX rispettivamente a -10% e -16% in meno di un mese e un dollaro significativamente indebolito, nonostante rimanga ancora una valuta di riferimento. A questo punto, non è tanto una questione di recessione imminente, poiché metà del movimento ribassista potrebbe essere già prezzato. Se fosse semplicemente un rallentamento, la reazione potrebbe essere esagerata. Tuttavia, il movimento è stato sostanziale e permette di tornare a selezionare settori difensivi e nomi quality.

In conclusione, nonostante tutto il contesto descritto e il numero di variabili negative emerse, vi sono possibili opportunità a valle del reset valutativo in atto. Bisogna evitare di abbattersi, ma rimanere lucidi e selezionare gli elementi che saranno alla base del prossimo rimbalzo nelle settimane a venire. Il mercato aveva bisogno di una correzione, che è avvenuta velocemente.

*Head of European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR






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