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I POTERI CORTI – Ma quale industria! Storia di una Fideiussione
La capacità produttiva ormai dipende dalla capacità di velocizzare i cambiamenti e i processi che sono alla base della stessa, focalizzando l’attenzione sui servizi, che ne sono il necessario strumento
Fideiussioni e burocrazia: sei mesi per un contributo statale tra rimbalzi, ritardi e inefficienze
Come riportato da Marco Travaglini su L'Identità, nell'estate del 2024 ha preso il via l'iter per richiedere un acconto legato alla concessione di un contributo statale, garantito da fideiussione. Un passaggio cruciale che segna l'inizio di una complessa procedura amministrativa. Circa una settimana per capire la prassi e compilare i moduli, soprattutto quello per la fideiussione assicurativa. Si, lasciamo stare quella bancaria per la quale, ormai, devi depositare il 110% dell’importo richiesto come garanzia. Follia pura. Oltretutto, dopo le strette degli ultimi anni, quella assicurativa non è proprio facile da trovare; tuttavia, una compagnia in Puglia è disposta ad emetterla.
Bilanci, progetto, richiesta, valutazione, fideiussione personale per la fideiussione, sembra uno scioglilingua, (roba non banale per importo e impegno); circa 70 giorni per un riscontro, fortunatamente positivo che, in un agosto dove non si muove una paglia neanche per questioni di vita o di morte, è quasi un responso. Invio del modulo al direttore, che è in ferie; torna e firma; invio del modulo via pec, ma non basta (anzi non è considerata), serve l’originale cartaceo; invio dell’originale alla sede legale a Roma, ma la Regione vuole l’invio diretto nella propria sede legale.
Circa 20 giorni di rimbalzo per scoprire che non va ancora bene, perché manca il logo dell’ente nel format. Nuovo modulo; invio; attesa della firma del direttore; solleciti per l’invio dell’originale in sede legale della Regione; scontri; litigi e incazzature: inizio novembre arriva l’ok. Amen. Inizio fase due: controllo società; controllo fideiussione. E ancora solleciti. Il 15 dicembre arriva in Tesoreria (rimane solo il bonifico): “per fine anno chiudiamo la pratica” (da luglio, circa 6 mesi), mi dicono. 2, 3, 7, 8 gennaio.. niente. Il 9 mattina nuovo sollecito: “le confesso, l’ufficio è chiuso per ferie fino al 15 gennaio”. Andate a fare in c..o è quello che viene da dire.
Ma di cosa stiamo parlando?! Ci rendiamo conto che per attuare una fideiussione per un progetto passano più di 6 mesi? Ripeto: il problema NON sono solo lacci e lacciuoli di legge, ma un atteggiamento sotto-qualitativo nel mondo dei servizi e dei processi organizzativi di tutto il Paese, pubblico e privato, dove l’attenzione alla buona pratica e al predisporre il lavoro di altri rasenta lo zero.
La capacità produttiva di un Paese non è più solamente un problema di processo industriale a regime e di ore di lavoro contrattualizzate, temi obsoleti dello scontro tra due corporazioni giurassiche come Confindustria e CGIL. La capacità produttiva ormai dipende dalla capacità di velocizzare i cambiamenti e i processi che sono alla base della stessa, focalizzando l’attenzione sui servizi, che ne sono il necessario strumento. Ma se a decidere come lavorare ci sono ministri, politici e dirigenti che hanno studiato (forse, se ci va bene) il modello del ‘900 legato agli “impianti de ferro” in serie e pensano che l’AI sia un’espressione onomatopeica per dire che hanno mal di pancia, dove possiamo arrivare? Cambiamento, qualità, servizi, altro che fabbriche.