Economia
Scarpetta, Ocse: "1,15 mln di posti di lavoro persi entro fine anno in Italia"
I dati emersi durante il Think Tank sviluppato dal Gruppo Unipol e The European House - Ambrosetti
Il webinar organizzato dal Think Tank di Unipol e Ambrosetti
Si è svolto oggi il live webinar “Il presente e il futuro delle politiche sociali nel nuovo scenario: principali azioni e misure dei Paesi Oecd”, organizzato dal Think Tank “Welfare Italia”, sviluppato da Gruppo Unipol con The European House - Ambrosetti.
Il webinar ha ospitato l’intervento di Stefano Scarpetta, Direttore del Dipartimento di Employment, Labour and Social Affairs dell’Oecd, che ha analizzato l’impatto che sta avendo la pandemia sul mondo del lavoro in Italia e più in generale nei Paesi Ocse, anche sulla base dei recenti dati dell’Oecd Employment Outlook 2020.
Prima della pandemia, il tasso disoccupazione nei Paesi Ocse aveva raggiunto a febbraio il 5,2%, uno dei più bassi degli ultimi anni. Ad aprile questo dato è cresciuto fino ad arrivare all’8,5%, riportandosi così ai massimi storici del post-crisi finanziaria del 2008.
La media è il risultato di diverse dinamiche occupazionali tra i Paesi: in Italia, in particolare, il tasso di disoccupazione si è apparentemente ridotto, ma in realtà si è trattato di un effetto solo statistico dovuto alle molte uscite dalla forza lavoro, ovvero a causa dell’alto numero di persone che non sta più cercando impiego.
Il dato importante è che in Italia in tre mesi abbiamo avuto 500.000 occupati in meno e sono crollate le assunzioni, come indicato anche dall’andamento degli annunci online di lavoro, che tra febbraio e giugno hanno registrato un calo del 30%. Le ore lavorate si sono ridotte del 27% in tre mesi e ben il 45% dei lavoratori sono stati coinvolti nella Cassa Integrazione o in generale nelle misure governative di sostegno al reddito da lavoro.
Non ci sono dubbi sul fatto che l’impatto sull’occupazione è stato asimmetrico e che, in particolare, quattro categorie sono state colpite in misura rilevante: i lavoratori a basso salario (che in gran parte non hanno avuto accesso allo smart working), gli autonomi e temporanei, i giovani e le donne.
Venendo al futuro che ci attende, le previsioni OCSE tracciano due possibili scenari per l’Italia: se auspicabilmente non ci sarà un nuovo picco del virus nei prossimi mesi (“single-hit”), i posti di lavoro persi in Italia saranno pari a 1,15 milioni entro la fine del 2020 e scenderanno a 564mila entro la fine del 2021. Ma nello scenario “double-hit”, con un ritorno della pandemia in autunno, i posti di lavoro persi saranno 1,48 milioni alla fine di quest’anno e 708mila a fine 2021.
Cosa fare in termini di politiche attive? Scarpetta, in merito, ha commentato: “La soluzione della crisi sanitaria rimane la conditio sine qua non per risolvere la crisi economica. Circa la metà dei lavoratori è impiegata in lavori che comportano un rischio di contagio per cui fino a quando non sarà disponibile un vaccino o un trattamento efficace sarà necessario prevedere interventi di salute pubblica per mitigare la pandemia, ulteriore estensione del telelavoro, ove possibile, adottare standard di sicurezza e salute sul lavoro ben definiti e applicati, varare un congedo di malattia pagato per permettere ai lavoratori malati di rimanere a casa”.
“I diversi Paesi dovranno adattare le politiche nei prossimi mesi – ha proseguito Scarpetta - da un lato aggiustando le misure di crisi a seconda della situazione dei singoli lavoratori e imprese con politiche attive e passive, Cassa integrazione, misure di sostegno al reddito e promozione e creazione di posti di lavoro, dall’altro ricostruendo mercati del lavoro più equi e resilienti favorendo la costituzione di una rete di protezione sociale, puntando sui giovani e sulle competenze.”
“In particolare, per quando riguarda il caso italiano – ha concluso Scarpetta - il nostro Paese sarà chiamato ad adattare la cassa integrazione alla fase di ripresa, a riconsiderare il divieto di licenziamento e i limiti all'assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato, a rivedere l’accesso a prestazioni di sostegno al reddito per evitare l’aumento della povertà, a non perdere il contatto con i giovani rilanciando e rinnovando significativamente la Garanzia giovani, a investire in politiche attive e di formazione e, infine, ad accompagnare le imprese nella creazione di nuovi posti di lavoro”.