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Economia
Stellantis, crisi irreversibile? Mirafiori in panne, crolla la produzione anche a Melfi, Cassino e Pomigliano

Crisi Stellantis: volumi ridotti e stabilimenti italiani verso il collasso

La situazione di Mirafiori è il perfetto specchio delle difficoltà che Stellantis sta affrontando in Italia. Con la Fiat 500 elettrica ormai al capolinea e i numeri modesti delle Maserati Gran Cabrio e Gran Turismo, lo stabilimento torinese si trova in una delle fasi più critiche degli ultimi anni.

A luglio e settembre, gli addetti alla linea di assemblaggio hanno lavorato appena cinque giorni, segno di una crisi ormai sistemica che non sembra destinata a risolversi nel breve termine. La promessa della 500 mild hybrid, prevista solo per la fine del 2025, lascia poco margine di speranza: nel frattempo, l’obiettivo è resistere, ma come?

I numeri parlano chiaro: come riporta il Sole 24Ore, nel primo semestre del 2024, la produzione ha registrato una flessione del 60%, con appena 19mila veicoli assemblati. Un crollo che, senza interventi incisivi, sembra destinato a proseguire anche nella seconda metà dell’anno. E la previsione per il 2024 non è migliore: Stellantis conta di produrre mezzo milione di veicoli, un terzo in meno rispetto all'anno scorso, ben lontano dall’obiettivo del milione stabilito con il Mimit

La situazione non è rosea neanche negli altri stabilimenti. Cassino e Melfi, sebbene assegnate alle nuove piattaforme Stla Large e Medium, stanno anche'esse vivendo una fase di profonda incertezza. Melfi ha già visto dimezzarsi i volumi di produzione in un anno, con la Fiat 500X e la Jeep Renegade sospese a favore di nuovi modelli Ds e Lancia. A Cassino, i nuovi modelli Alfa Romeo arriveranno solo a partire dal 2025. Pomigliano, con la Pandina ibrida, sembra l’unico stabilimento con un piano a breve termine, ma per Mirafiori non c’è nulla prima del 2026.

A peggiorare il quadro, la delocalizzazione della produzione di modelli chiave in Polonia e Serbia, dove costi più bassi rendono i nuovi progetti più appetibili. La nuova Lancia Ypsilon, l’Alfa Romeo Junior, la Jeep Avenger e la Fiat 600: tutti modelli che avrebbero potuto dare respiro alle fabbriche italiane, ma che invece sono stati dirottati all’estero, almeno fino al 2025.

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La crisi colpisce duramente anche l’indotto, legato a doppio filo alle ex fabbriche Fiat. A Melfi, la riduzione dei volumi ha messo a rischio numerosi fornitori, mentre a Cassino il peggiore semestre di sempre ha ridotto la fabbrica a un turno solo. Infine, Atessa, dopo la pausa estiva, ha ripreso la cassa integrazione a rotazione per 1.300 dipendenti, con una riduzione dei turni da tre a due. Il rischio è che la crisi dell’automotive italiano, in mancanza di un piano strategico per il rilancio, diventi irreversibile.






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