Economia
Tim, Vivendi prepara il controgolpe e de Puyfontaine cerca sponde nel governo
Il Ceo di Vivendi Arnauld de Puyfontaine sta lavorando sottotraccia per cercare sponde nel governo giallo-verde
Quello di Tim sarà un autunno caldissimo. La battaglia senza esclusione di colpi tra il fondo statunitense Elliott – che a maggio scorso si è insediato sulla tolda di comando – e i francesi di Vivendi è destinata a inasprirsi nelle prossime settimane, almeno fino all’assemblea per la nomina dei revisori, che verrà probabilmente messa in calendario per novembre.
Ma già così la tensione è ai massimi livelli, lo scambio di accuse non risparmia nessuno, meno che mai la governance dell’azienda, con cadenze ormai quotidiane. Se è vero che Vivendi ha alzato il tiro è altrettanto innegabile che Elliott abbia risposto e contrattaccato, con un occhio sempre attento alla quotazione del titolo in Borsa, che viaggia su livelli ai minimi degli ultimi cinque anni.
Il ribaltone avvenuto in primavera, con il sostegno di Cassa depositi e prestiti, ha consentito al fondo di Paul Singer di controllare il Cda con 10 consiglieri e di relegare Vivendi in un angolo, nonostante il ceo in carica, Amos Genish, sia stato indicato dai francesi e lo stesso direttore finanziario, Piergiorgio Peluso, non sia stato cambiato quando il gruppo transalpino deteneva il controllo di fatto di Tim.
A pagare il prezzo più salato dell’esercito di Vincent Bolloré è stato Aurnaud de Puyfontaine: l’a.d. di Vivendi è presente nel board di Tim ma con un ruolo del tutto marginale e con capacità decisionale pressoché azzerata.
E’ la ragione per la quale de Puyfontaine sta lavorando sottotraccia per cercare sponde nel governo giallo-verde. Un’azione ‘sommergibilistica’, in buona sostanza, per permettere a de Puyfontaine e a Vivendi di attuare un controgolpe a novembre, prendendo di nuovo possesso della stanza dei bottoni attraverso un nuovo ribaltone in un'assemblea straordinaria.
Il prossimo passaggio nodale è previsto con la riunione del cda del 24 settembre in Tim. Mentre i Palazzi romani guardano con preoccupazione all’evolversi di un vicenda intricata e pericolosa, de Puyfontaine, in nome e per conto di Bolloré, lavora ai fianchi il nostro esecutivo.