Esteri

Elezioni in Islanda, conservatori in testa ma il governo è un rebus

Il partito conservatore del premier Bjarni Benediktsson si conferma la principale forza politica in Islanda dopo il voto anticipato di ieri, ma la composizione della futura maggioranza di governo non è per nulla scontata. Con il 65% dei voti scrutinati alle 7.46 italiane di stamani, nessun partito ha la maggioranza. Sostenuti dalla ripresa economica, Benediktsson e il suo partito dell'Indipendenza si trovano davanti la sfida della Sinistra- Verde e dei suoi possibili alleati, l'Allenza socialdemocratica e il partito dei Pirati, anti-sistema. Se trovassero un quarto alleato potrebbero spodestare i conservatori e andare al governo. In base ai risultati preliminari Indipendenza ha ottenuto 16 sui 63 seggi del parlamento islandese, il movimento Sinistra-Verde undici, l'alleanza Socialdemocratica otto. Il partito di Centro dell'ex premier Sigmundur David Gunnlaugsson, costretto alle dimissioni per il suo coinvolgimento nello scandalo di evasione fiscale Panama Papers, ha ottenuto sette seggi. C'è poi il partito del Popolo, prima forza populista a fare il suo ingresso nel parlamento islandese, con quattro seggi. Il presidente dovrà affidare l'incarico di governo al leader del partito con il maggior numeri di seggi. "Stiamo vincendo queste elezioni. Speriamo di ottenere altri seggi nel corso di questa notte" ha detto Benediktsson ai sostenitori. "Dobbiamo fare un respiro profondo e aspettare il risultato finale per vedere le opzioni sul tavolo. Ho fiducia che possiamo formare un governo".

Benediktsson ha indetto le elezioni di ieri, le quarte dal 2008 e le seconde in un anno, dopo che un alleato della coalizione di governo ha fatto mancare il suo appoggio a seguito di una disputa legale che coinvolge il padre del premier. Benediktsson, ex avvocato e imprenditore la cui famiglia è una della più potente d'Islanda, è stato toccato da vari scandali finanziari, tra cui i Panama Papers. Se i risultati i preliminari verranno confermati il suo partito ha perso quattro seggi. Ma se la sinistra salisse al potere, lo farebbe per la seconda volta da quando l'isola del nord Atlantico ha proclamato la repubblica nel 1944. La prima volta fu dal 2009 al 2013, quando socialdemocratici e verdi cacciarono la destra a seguito della crisi economica del 2008, quando le tre principali banche islandesi fallirono e il Paese finì sull'orlo dell'insolvenza. "Spero che con i risultati finali potremo far parte del prossimo governo" ha detto la leader di Sinistra-Verde Katrin Jakobsdottir, 41 anni. "Abbiamo otto partiti in parlamento e al momento non pare ci sia una maggioranza chiara. Tutti i partiti sono aperti al dialogo" ha detto all'AFP. Tra le sua promesse elettorale investimenti nelle infrastrutture e l'impegno che la prosperità economia islandese raggiunga anche la sanità e il sistema scolastico. Quasi uno su due islandesi preferirebbe lei come premier, secondo una sondaggio tenuto a settembre dal quotidiano Morgunbladid.

Un anno fa l'Islanda andò alle urne per un voto anticipato dopo le dimissioni di Gunnlaugsson, costretto al asciare quando il suo nome uscì sui Panama Papers. Più di 600 islandesi, in un Paese di 335mila abitanti, comparivano nella carte, tra cui Benediktsson, allora ministro delle Finanze. Tuttavia Benediktsson riuscì a costruire una coalizione di governo con il partito della Riforma, di centro destra, e e Futuro luminoso, di centro. Ma quest'ultimo è uscito dalla maggioranza quando è emerso che il premier aveva nascosto il fatto che il padre aveva firmato una lettera di raccomandazioni per un pedofilo condannato che cercava di riottenere i diritti civili.