Esteri

Elezioni Usa 2024 e voti truccati, cresce la tensione. Così repubblicani-democratici si accusano di "ingerenza"

di Francesco Crippa

Per i repubblicani il governo starebbe cercando di influenzare indebitamente il voto, mentre per il DoJ e per i democratici gli scudieri di Donald Trump starebbero intralciando il normale funzionamento della macchina elettorale. Il caso

Elezioni Usa 2024, il conflitto tra Stati Repubblicani e il Dipartimento di Giustizia sulle osservazioni federali

Controllare il corretto andamento delle elezioni statunitensi potrebbe non essere così semplice. Alcuni Stati a guida repubblicana, infatti, non sono disposti ad accettare la presenza nei seggi elettorali di osservatori federali inviati dal Dipartimento di Giustizia perché – questa l’accusa – si tratterebbe di un tentativo dell’amministrazione Biden di influenzare il voto a favore di Kamala Harris.

Fin dal 1965, il Dipartimento di Giustizia (DoJ) invia, a ogni elezione, i propri osservatori nei siti che ritiene più a rischio. Queste figure sono sempre state considerate una presenza imparziale. Il loro obiettivo, del resto, è quello di vigilare sulla regolarità delle operazioni e garantire l’accesso al voto alle fasce di popolazione più vulnerabili, come minoranze, persone con disabilità e cittadini che non parlano bene l’inglese. La scelta dei seggi monitorati avviene in base a fattori diversi: veloce mutamento demografico della zona, richiesta da parte dello Stato in questione, segnalazione da parte di tribunali.

Ostacolare o bloccare del tutto la loro presenza, per alcuni, è sintomo di una crisi degli istituti di salvaguardia della democrazia statunitense. “È una visione cinica che va di pari passo col negazionismo elettorale e che ha sollevato dubbi riguardo al processo elettorale stesso”, ha detto al Washington Post Bradley Heard, oggi vicedirettore per i diritti elettorali del Southern poverty law center e membro del Dipartimento di Giustizia dal 2012 al 2022.

Nelle scorse settimane, messaggi contro l’“ingerenza” del governo sono arrivati da Missouri, Florida e Arkansas, tutti a guida repubblicana. Jay Ashcroft, segretario di Stato del Missouri, si è appellato a una legge statale che non inserisce esplicitamente gli osservatori federali tra gli aventi diritto ad entrare nei seggi. Il DoJ, quindi, starebbe uscendo dal suo terreno di competenza: “Questa faccenda sta sicuramente venendo politicizzata”, ha detto, accusando il Dipartimento di voler punire gli Stati conservatori che hanno dato un giro di vite alle norme sull’identificazione dei votanti.

Sulla stessa linea la Florida. Già nel 2022, in occasione delle elezioni di mid-term, il segretario di Stato Cord Byrd aveva respinto gli osservatori federali affermando che il DoJ non era stato in grado di fornire nessuna motivazione valida per poterli inviare. Ora, un suo portavoce ha fatto sapere che, proprio come in Missouri, nessuna legge statale autorizza esplicitamente gli osservatori federali a presenziare alle operazioni di voto. Allo stesso modo, Sam Dubke, portavoce della governatrice dell’Arkansas Sarah Huckabee, ha affermato che “non permetteremo al DoJ di intimidire impropriamente o di influenzare indebitamente gli elettori”.

La risposta non si è fatta attendere. “Continueremo a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rafforzare il rispetto delle leggi federali sul diritto di voto e assicurare che tutti gli elettori possano votare”, ha ribattuto Aryele Bradford, portavoce del DoJ.

La situazione è calda anche in altri due Stati repubblicani: Ohio e Texas. Rispetto al primo, funzionari del DoJ hanno comunicato che invieranno osservatori nella contea di Portage, da cui sono arrivate alcune denunce secondo cui lo sceriffo avrebbe invitato i residenti a scrivere l’indirizzo di chi ha esposto in strada cartelli e manifesti a sostegno di Kamala Harris. Jane Nelson, segretaria di Stato del Texas, ha invece affermato che potenzierà la presenza degli osservatori statali (il compito di vigilare sulle elezioni spetta sia agli Stati che al governo federale, ndr) soprattutto nella contea di Harris, dove sorge Houston, che è di orientamento democratico e che è stata al centro delle infondate accuse di frodi elettorali nel 2020.

Insomma, per i repubblicani il governo starebbe cercando di influenzare indebitamente il voto, mentre per il DoJ e per i democratici gli scudieri di Donald Trump starebbero intralciando il normale funzionamento della macchina elettorale. Il sottotesto, in questo senso, è ovviamente la paura che possa riaccadere quanto avvenuto il 6 gennaio 2021, con il disconoscimento del risultato delle urne da parte di The Donald e l’assalto a Capitol Hill da parte dei suoi sostenitori.

La partita sugli osservatori non è l’unica battaglia legale in corso mentre ci si avvicina al voto di martedì. La Corte Suprema, infatti, ha accolto il ricorso del governatore della Virginia Glenn Youngkin, anche lui repubblicano, contro una sentenza che bloccava la cancellazione di alcune persone dai registri degli elettori. Più di 1.600 persone, dunque, non potranno votare – la motivazione di Youngkin e confermata dalla Corte Suprema è che non sarebbero cittadini americani. Sono quasi tutti immigrati, considerati vicini ai democratici e quindi pronti a votare Kamala Harris. Il DoJ e le associazioni per i diritti umani protestano: per loro, la cancellazione è avvenuta sulla base di informazioni errate.

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