Esteri

Erdoğan-von der Leyen, l’offesa di Ankara riflette una Ue sempre più debole

di Vincenzo Caccioppoli

Il triste trattamento riservato alla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen in visita ufficiale ad Ankara insieme al presidente del Consiglio Charles Michel, da parte del sultano turco Erdogan, dimostra plasticamente quello che ormai serpeggia da mesi tra le principali diplomazie mondiali e cioè il fatto che l’Europa abbia assunto, per sue colpe sopratutto, un ruolo sempre più marginale nello scacchiere geopolitico internazionale.

Il fatto di non prevedere una sedia di ordinanza per la presidente della Commissione al fianco dei due uomini politici, non rappresenta, infatti, solo un semplice sgarbo istituzionale, comunque grave perchè come sempre si suole dire in politica estera, la forma è anche sostanza, ma anche in un certo senso un vero e proprio atto di politica estera irriverente e sfrontato verso un avversario considerato debole ed incapace di reagire.

Erdogan da quando è salito al potere, ha, infatti, sempre utilizzato la leva della politica estera, soffiando sul fuoco dello spirito nazionalista turco,  mai sopito dagli antichi fasti del  glorioso impero ottomano, per sopire i tanti malumori all’interno del paese alle prese con una crisi economica devastante, resa ancora più preoccupante dalla pandemia di Covid19. Le sue colpe nella gestione economica del paese sono sotto gli occhi di tutti, come il clamoroso ultimo episodio del licenziamento, il 21 Marzo scorso, del presidente della banca centrale Naci Agbal, a meno di cinque mesi dalla nomina, che ha inevitabilmente scatenato una fortissima pressione  da parte dei mercati internazionali sulla lira turca, che è crollata ai minimi da un anno e mezzo.

L’occasione di mostrare i muscoli con un avversario più debole, come nel caso della Libia, in Siria o nel Nagorno Karabakh, fa parte della grandeur del personaggio, che però non è folle fino al punto di non capire dove può arrivare con le sue provocazioni e davanti a chi conviene invece abbozzare.

E’ evidente che con l’Europa sa di potere “osare”, contando, a ragione, sia sulla evidente debolezza dei leader europei e sia sulla sua arma di ricatto, usata con diabolica astuzia, dei migranti siriani ( circa 4 milioni) che mirano di entrare in Europa, passando attraverso i confini turchi, per sfuggire ad anni di sanguinosa guerra. Questo fatto gli ha permesso da tempo di poter contrattare su molte delicate questioni, in una posizione di forza, con i paesi europei, letteralmente terrorizzati al solo pensiero di dover far fronte all’apertura di un nuovo fronte migratorio sul versante balcanico. Questo ha inoltre permesso alla Turchia di avere un vantaggio economico consistente.

Solo nel 2016 Ankara aveva ricevuto 3 miliardi dalla Ue per “gestire” appunti i flussi migratori ( tenendo ben sigillati i propri confini verso la stessa Europa ) a cui vanno aggiunto altri 4 miliardi circa di versamenti da parte dell’Unione verso le esauste casse dello Stato turco, negli anni successivi. E anche per parlare di migranti che la Von der Leyen e Charles Michel ( l’ultimo vertice Turchia - Ue fu nel 2017 ) avevano organizzato questa loro missione ad Ankara, ma anche di diritti umani e delle tensioni scatenate dalla Turchia con Cipro e Grecia per questioni legate alle perforazioni petrolifere turche in acque greche e cipriote .

Con questo clamoroso gesto, che non può essere derubricato solo a sgarbo istituzionale, ma sicuramente era stato preparato a tavolino, ha voluto mostrare al mondo intero e al suo paese, che lui non ha certo nessun timore reverenziale verso l’Unione europea. Il fatto poi che i due esponenti europei si siano prestati al gioco, non fa altro che rafforzare la tesi della estrema debolezza e subalternità delle istituzioni europee di fronte a chi da anni si fa beffe dei diritti umani e utilizza ogni mezzo per cercare di allargare la sua influenza sul mediterraneo orientale e non solo.

D’altra parte solo qualche mese l’alto rappresentante per gli affari esteri, lo spagnolo Joseph Borrell, conosciuto in Spagna proprio per la sua consuetudine a collezionare gaffe clamorose, aveva fatto una vera figuraccia nel suo incontro con l’omologo russo Sergej Lavarov, a pochi giorni dall’arresto di Navalny. Lavrov, infatti, ha sfruttato la presenza del ministro degli esteri europeo per attaccare le sanzioni imposte da Washington e Bruxelles al suo paese, accusando quest’ultima di promuovere a parole il multilateralismo ma di portare avanti nei fatti solo il modello occidentale, arrivando a definire l’Europa come “un partner inaffidabile” di fronte al silenzio imbarazzante di Borrell, che si è mostrato assai morbido nel condannare l’arresto illegittimo di Alexej Navalny, reo solo di operare una fiera e pacifica opposizione al presidente Putin.

Anche in quel caso l’Unione europea ha, infatti, mostrato tutte le sue debolezze di fronte al mondo, rese ancora piu evidenti dalla mancanza di leader credibili ed autorevoli. Per anni la forza della Germania e della sua leader avevano coperto una sostanziale assenza di una vera politica estera europea. Con il suo declino appare difficile vedere chi potrebbe prendere in mano lo scettro. Non Macron, che proprio con Erdogan la scorsa estate aveva mostrato i muscoli, che pare avere gia le sue belle gatte da pelare in patria dove esce da questa prima esperienza all’Eliseo molto indebolito in patria, non solo a causa di una gestione fallimentare della pandemia, ma anche per le sua politica zoppicante e assai contestata sul fronte economico, e la sua riconferma appare sempre più in bilico, non solo dalla presenza della solota Marine Le Pen ( che è in testa nei sondaggi) ma anche dalla possibilità di una candidatura di Michel Barnier l’ex negoziatore per l’unione europea sulla Brexit e con una lunga esperienza proprio in seno alla Commissione europea, che molti in Francia danno per certa.

In Spagna Pedro Sanchez ha ancora, se possibile, più problemi del suo collega d’oltralpe, e poi non sembra certo avere autorevolezza internazionale per assurgere ad un simile ruolo, Autorevolezza che invece possiede sicuramente Mario Draghi, che però non pare avere le caratteristiche per giocare un ruolo importante in politica estera, come dimostrato dallo scivolone nella sua prima missione diplomatica in terra libica. Ecco allora che la situazione viene lasciata a politici inadeguati, che contribuiscono ad enfatizzare e a rendere sempre più palese la mancanza di un vero spirito identitario intorno al progetto di Europa unita e federale, concepito in ben altra maniera in origine da grandi statisti, come Konrad Adenauer, Helmut Kohl, Charles De Gaulle, Winston Churcill, Joseph Bech. Fino a quando non si riuscirà a trovare quello spirito quella forza e leader capaci di cavalcarlo, alla povera  e bistrattata Europa resteranno solo le briciole alla tavola dei grandi del mondo, come drammaticamente dimostrato anche nella vicenda dei contratti con le case produttrici dei fondamentali vaccini anti Covid.