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Funerali di Papa Francesco, scoppia l'intrigo internazionale
Il chiaro intento, soprattutto da parte di Emmanuel Macron, sarebbe quello di approfittare dell’occasione per cercare di bypassare Giorgia Meloni, Ma...

Funerali di Papa Francesco, scoppia l'intrigo internazionale
Non appena Donald Trump sul suo social di riferimento Truth, ha fatto sapere che parteciperà, insieme alla moglie Melania, alle esequie del papa, le cancellerie europee sono entrate subito in fibrillazione. Il chiaro intento, soprattutto da parte di Emmanuel Macron, sarebbe quello di approfittare dell’occasione per cercare di bypassare Giorgia Meloni, e a margine della cerimonia, cercare di organizzare un primo incontro tra la presidente Von der Leyen, che in questo caso sta facendo un po’ la figura della marionetta (dal momento che aveva ampiamente riconosciuto alla premier italiana il ruolo di pontiere per la commissione con Trump) e il presidente americano. Palazzo Chigi ha mostrato una certa irritazione, dal momento che, a ragione, considera, come anche riconosciuto dalla stessa commissione, che non è pensabile poter fare un mini-vertice sui dazi, quando i colloqui tra le parti sono ancora alle fasi preliminari. Molto più ragionevole e utile rimanere sulla data di fine maggio, come fatto trapelare da fonti di Palazzo Chigi all’indomani del bilaterale della Meloni a Washington.
Perché il credito conquistato nel bilaterale di giovedì scorso, dove il presidente americano l’ha incoronata come il suo principale interlocutore europeo (“l’Italia sarà il nostro migliore alleato fino a che al governo ci sarà Giorgia Meloni” ha espressamente detto Trump nello studio ovale) non può essere scalfito dalle gelosie del solito Macron, la cui credibilità a livello internazionale è ai minimi termini, su quella interna invece meglio sorvolare, che dopo avere perso la sponda tedesca con l’arrivo di Merz, prova a fare comunella con Pedro Sanchez, per rubare la scena alla premier italiana. Secondo alcune fonti vicine alla commissione, sembra che Bruxelles stia prendendo tempo, ma che comunque non escluda che possa esserci un primo contatto tra i due.
Non per parlare di dazi (su quello se ne faccia una ragione il povero Macron, se ne potrà discutere sempre a Roma ma sotto l’egida del governo italiano, prima della riunione della Nato a giugno) ma per discutere invece della pace in Ucraina. Anche se il nuovo duro attacco di Trump a Zelensky, messo praticamente con le spalle al muro (“accetta la proposta di pace o perderai il paese”) ha certamente complicato di molto le cose. E poi i tempi sono stretti, perché l’Air force one dovrebbe atterrare a Roma nella tarda serata di venerdì e ripartire nel primo pomeriggio di sabato.
Difficile trovare i tempi tecnici per organizzare anche un velocissimo vertice con la presidente della commissione, con la quale Trump non ha mai mostrato di nutrire grande stima. Allora, si ragiona a Palazzo Chigi, il ruolo di Giorgia Meloni, sarebbe proprio quello di facilitare un primo veloce contatto tra i due e il presidente del consiglio europeo Antonio Costa, compito già svolto egregiamente a Washington. Malgrado qualche indiscrezione dei soliti giornali di area progressista non sembra esistere l’ipotesi che la presidente della commissione voglia in qualche modo scavalcare la Meloni. Sarebbe rischioso e controproducente, considerando anche come la Meloni e Von der Leyen siano stati in contatto costante prima, durante e dopo l’incontro della premier italiana con Trump. Quindi pensare adesso ad un incontro di Trump, senza passare per la leader italiana, sarebbe come rinnegare tutto il lavoro diplomatico fatto in precedenza. Molto meglio quindi agire per avere, anche grazie alla presenza proprio della padrona di casa Meloni, un primo contatto informale, a favore di telecamera, con relativa stretta di mano tra i due.
Piaccia o no ai vari Macron, Tusk, Sanchez e compagnia cantante, il credito che la Meloni ha con la nuova amministrazione americana, è innegabile ed ogni tentativo di screditarla, sarebbe l’ennesima dimostrazione di quanto l’Europa sia divisa e spaccata sulle questioni di politica estera e mostrare una volta di più la sostanziale irrilevanza nel nuovo scacchiere geopolitico internazionale. E questo lo sanno bene a Palazzo Chigi, ma sembrano averlo capito anche a Palazzo Berlaymont, sede della commissione europea. Se lo capirà anche l’Eliseo, e se ne farà una ragione bene, altrimenti come già visto in occasione del clamoroso siluramento del commissario francese Thierry Breton, dello scorso settembre, la Von der Leyen non si farà troppi problemi.