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Esteri

Gioventù bruciata. “Mi annoio, quindi sparo”. Dove arrivano uccidono e distruggono per ammazzare la noia 

Cogito ergo sum, «penso dunque sono», questa la vecchia cara formula con la quale René Descartes, alias Cartesio, condensò la sua ricerca: la certezza indubitabile che l'essere umano ha di se stesso in quanto soggetto pensante. Ora quella certezza sembra sia stata “innovata”, se così si può dire, con un nuovo eccitante paradigma: “mi annoio, quindi sparo”. I magnifici semi di sapienza e conoscenza sparsi lungo i millenni dalla filosofia, in questi ultimi mesi sono stati spazzati via, come si fa con le ragnatale e i bauli colmi di cimeli e ricordi non monetizzabili, e per questo più preziosi, stratificati nelle soffitte avite che si è deciso di sgomberare per cavarne del profitto. Così, d’un colpo, senza rimpianti o esitazioni.

Solo in questo modo si po' tentare di capire come Israele sia giunta a livelli di aberrazione che non si vedevano dai tempi della guerra in Vietnam, che non a caso fu il prodotto della notte della ragione statunitense, che di Israele è la sorella grande, più forte di taglia ma meno fine di testa. Tanto che non a caso buona parte delle figure apicali, in vasti campi, dalle Università alla Ricerca, dall’Intelligence all’Amministrazione, dalla Medicina alla Comunicazione e Industria del cinema, negli USA sono ricoperte da esponenti della comunità ebraica, talvolta con doppia cittadinanza, americana e israeliana.

I Palestinesi si fanno strada fra le mecarie dopoI Palestinesi si fanno strada fra le mecarie dopo che l'esercito israeliano si è ritirato in seguito a un'offensiva durata due settimane nel quartiere di Shujaiya, est Gaza City, 11 luglio 2024
 

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Un altro vecchio adagio recita che “la realtà supera sempre l’immaginazione”. Tuttavia, ci sono casi in cui si fatica a credere che certi parti possano essere frutto di menti umane. La campagna di sterminio in corso a Gaza, portata avanti senza intralci da Israele con una violenza e un furore che crescono di ora in ora è uno di quei casi. In un fazzoletto di terra lungo come la nostra Costiera Amalfitana (40 km) e profondo poco più della Costa dei Trabocchi in Abruzzo (8 km) - tanto misura la Striscia di Gaza - Israele non smette di inanellare un crimine via l’altro. L’ultima rivelazione shock supera tutte le altre. Ricordate il mantra di Netanyahu e dei suoi vertici: “L’esercito israeliano è il più morale del mondo”? Ebbene, malgrado molti di noi abbiano ben chiaro che sia piuttosto vero il contrario, a fugare ogni dubbio ci ha pensato un’inchiesta della testata indipendente gestita da un gruppo di giornalisti palestinesi e israeliani, +972 Magazine, realizzata in collaborazione con Local Call, dall’eloquente titolo “Mi annoio, quindi sparo”.

Attraverso sei testimonianze, l’accurata indagine giornalistica dimostra senza margine di smentita che a Gaza non esistono regole d’ingaggio né limiti alla violenza, né controllo da parte dei comandanti dell’esercito. Ogni soldato fa quel che vuole. Insomma, a Gaza c’è licenza di uccisione libera per tutti, si può far fuoco a volontà sui palestinesi, senza distinzione di genere e di età. Per noia o per vendetta "e consentito sparare a tutti, a una bambina, come a una vecchia." Nessuno ti verrà mai a dire nulla. Uno dei soldati intervistati sostiene che “A Gaza è difficile distinguere i civili dai combattenti”, e questo perché secondo lui “i membri di Hamas spesso vagano in giro senza armi”. Sulla base di questa granitica quanto improbabile certezza “ogni uomo di età compresa tra i 16 e i 50 anni è un potenziale terrorista”.

Documentata e circostanziata, l’inchiesta firmata da Oren Ziv prende spunto da tre video apparsi all’inizio di giugno sulla testata Al Jazeera che mostravano una serie di esecuzioni sommarie di alcuni civili palestinesi inermi, freddati da soldati israeliani mentre camminavano vicino alla strada costiera nella Striscia di Gaza. “Esecuzioni che non sembrano avere alcuna motivazione di sicurezza” - scrive Oren Ziv -“coerenti con le testimonianze rilasciate dai sei soldati israeliani a +972 e Local Call dopo il loro rilascio dal servizio attivo a Gaza negli ultimi mesi”.

Le sei fonti – tutte tranne una hanno parlato a condizione dell’anonimato – concordano nel dire che “i soldati israeliani giustiziano regolarmente civili palestinesi per il solo fatto di mettere piede, per esempio, in un’area definita ‘zona interdetta’ dai militari”. Le testimonianze raccolte da Ziv dipingono un “paesaggio disseminato di cadaveri di civili, lasciati a marcire o mangiati da animali randagi”. Raccontano che l’esercito si limita a nasconderli quando passano i convogli umanitari internazionali. “Un bulldozer Caterpillar D-9 scende, con un carro armato, e ripulisce l’area dai cadaveri, li seppellisce sotto le macerie che sposta di lato in modo che i convogli non li vedano, e le immagini di cadaveri in fase avanzata di decomposizione non si diffondano”.

In altri passaggi viene descritto come la possibilità di sparare senza restrizioni offra ai soldati un modo per sfogarsi e ammazzare la noia. “La gente vuole vivere appieno l’esperienza”, ha dichiarato S., un riservista che ha prestato servizio nel nord di Gaza. “Anch’io ho sparato alcuni proiettili senza motivo, in mare o sul marciapiede o su un edificio abbandonato. Viene classificato come ‘fuoco normale’, un nome in codice che vuol dire ‘Sono annoiato, quindi sparo’”.

Secondo M., riservista che ha prestato servizio nella Striscia di Gaza, “Quando non ci sono [altre] forze dell’IDF [nell’area]… le sparatorie sono senza restrizioni, fai fuoco come un matto. E non solo con armi leggere: con mitragliatrici, semoventi di artiglieria e mortai. Anche in assenza di ordini dall'alto, i soldati sul campo si fanno regolarmente giustizia da soli. Soldati regolari, ufficiali junior, comandanti di battaglione – i ranghi junior che vogliono sparare, ottengono il permesso”. S. ricordava di aver sentito alla radio di un soldato di stanza in un complesso protettivo che aveva sparato a una famiglia palestinese che passeggiava nelle vicinanze. “All’inizio dicono ‘quattro persone’. Poi due bambini più due adulti, e alla fine sono un uomo, una donna e due bambini”. Metti insieme i pezzi e viene fuori una mamma, un papà e due bimbi innocenti massacrati senza motivo. E così è per migliaia di altre famiglie, cancellate dalla faccia della terra per il solo fatto di essere palestinesi.

Non mancano poi descrizioni di come vengono sistematicamente distrutti e bruciati edifici e abitazioni, non prima di averli saccheggiati e portato via tutto quello che di interessante possono trovare. Due dei soldati hanno detto che vige “la politica sistematica di incendiare le case palestinesi dopo averle occupate”. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle rilasciate da alcuni testimoni oculari e medici palestinesi nei mesi scorsi. “Prima di partire, si dà fuoco alle case, ogni casa. Questo è confermato a livello di Comandante di Battaglione. In questo modo i palestinesi non potranno tornare, e se lasciamo dietro di noi munizioni o cibo, i terroristi non saranno in grado di usarli”.

Il metodo utilizzato è questo: “Prima di partire i soldati ammucchiano materassi, mobili e coperte e con un po’ di carburante o qualche bombola di gas la casa brucia facilmente, è come una fornace”. L’unico dei soldati intervistati che ha voluto essere identificato, Yuval Green, un riservista di 26 anni di Gerusalemme che ha prestato servizio nella 55a Brigata Paracadutisti a novembre e dicembre 2023 e che ha recentemente firmato una lettera con altri 41 riservisti che dichiarano il loro rifiuto di continuare a prestare servizio a Gaza, in seguito all'invasione di Rafah da parte dell'esercito, ha affermato che “la distruzione che i militari hanno lasciato a Gaza è inimmaginabile. Molti soldati trattavano le case come un negozio di souvenir, saccheggiando tutto ciò che i residenti non erano riusciti a portare con sé”. E più avanti racconta “Abbiamo distrutto tutto ciò che volevamo. E non per il desiderio di distruggere, ma per la totale indifferenza verso tutto ciò che appartiene ai palestinesi. Ogni giorno un Caterpillar D-9 demolisce le case. Non ho scattato foto prima e dopo, ma non dimenticherò mai come un quartiere che era davvero bello, è stato ridotto in polvere”. Un altro dei soldati ha detto che ogni volta che “Un edificio crolla la sensazione è: “Wow, che divertimento”. E non di rado dalla sala operativa esplodono in urla di gioia quando saltano case o palazzi, nemmeno fosse un videogame. “Alla fine si muore di noia, dopo giorni di attesa lì”, ha confessato Green. “Disegnavamo sui muri frasi offensive, giocavamo con i vestiti, strappavamo le foto dei passaporti che trovavamo, appendendo la foto di qualcuno per divertimento. Abbiamo usato tutto quello che abbiamo trovato: materassi, cibo, uno ha trovato una banconota da 100 NIS (25 euro) e l’ha presa”.

È cosa nota, e ribadita anche nell’inchiesta, che fin dagli anni ’80 l’esercito israeliano si rifiuta di rivelare le sue norme sul fuoco aperto, nonostante varie petizioni all’Alta Corte di Giustizia. Come ricorda Ziv, “Secondo il sociologo politico Yagil Levy, a partire dalla Seconda Intifada, l’esercito non ha dato ai soldati regole scritte di ingaggio, lasciando molto spazio all’interpretazione delle giovani leve e dei loro comandanti”. Stando a quanto dichiarato dalle fonti di +971, “queste direttive lassiste, oltre ad aver contribuito all’uccisione di oltre 38.200 palestinesi, sono anche in parte responsabili dell’elevato numero di soldati uccisi dal fuoco amico negli ultimi mesi”.

Interpellato da +972 e Local Call, “l’esercito israeliano non ha risposto ad una richiesta di commento al momento della pubblicazione”.

Si può morire per noia a Gaza, e per cieca vendetta in Cisgiordania. Mentre scrivo, il caso come è beffardo, un ragazzino sfreccia sotto le mie finestre con lo stereo a palla. È la canzone di Angelina Mango quella che risuona: “La noia. La noia. La noia. La noia. Muoio senza morire, in questi giorni usati. Vivo senza soffrire, non c'è croce più grande. Non ci resta che ridere in queste notti bruciate”. Chissà se quando l’ha scritta Angelina ha pensato alle gioventù bruciate dalle guerre che dilagano nel mondo. Certo è che a molti dei giovani incontrati in questi mesi devo la speranza che mi nutre: sono molto meglio di come vengono dipinti. Sono consapevoli, combattivi, informati e coraggiosi. A loro la propaganda che ci viene propinata, per fortuna, è sempre più difficile venderla. Quasi impossibile.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





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