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Esteri
Israele massacra 100 innocenti a Gaza nell'attacco a una scuola
Gaza

Israele massacra 100 innocenti a Gaza nell'attacco a una scuola

È l’alba di una nuova strage, una mattanza, l’ennesima carneficina. Come ogni giorno da 309 giorni. Anche questa volta l’aviazione israeliana si è accanita su una scuola, piena di profughi, quella di al-Tabin nell'area di Daraj a Gaza City. Sono oltre 100 i palestinesi fatti letteralmente a pezzi e centinaia i feriti.

Il bilancio è ancora incerto. Come ogni volta, l’IDF ha dichiarato di aver colpito un rifugio di "terroristi" che fungeva da quartier generale di Hamas. Secondo i resoconti dei media locali, che citano le testimonianze dei sopravvissuti, all'alba di questa mattina ad essere centrata in pieno è stata una sala della scuola adibita alla preghiera nel cui interno c’erano circa 250 persone. Non un “covo” di Hamas, bensì un “alveare” di famiglie. Dalle prime informazioni raccolte sul campo, risulterebbe che la maggior parte dei morti e dei feriti sono donne, bambini e anziani. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha dichiarato che l'esercito israeliano aveva costretto per l’ennesima volta a evacuare da Khan Younis oltre 60.000 - 70.000 palestinesi, ai quali era stato ordinato di dirigersi verso la già densamente affollata area di al-Mawasi. E anche in quella zona sono almeno 35 i palestinesi rimasti uccisi negli ultimi attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, di cui 19 solo a Khan Younis, secondo quanto riferito da fonti mediche al corrispondente di Al Jazeera Arabic.

Hani Mahmoud, giornalista palestinese corrispondente sul campo di Al Jazeera, riferisce che oltre alle persone uccise nella sala di preghiera della scuola ci sono altre vittime, soprattutto donne e bambini, rimaste uccise nelle aule vicine, colpite dalle schegge volanti delle bombe. Parti dell’edificio sono collassate, altre hanno preso fuoco. Molte vittime portate in ospedale, a causa delle schegge, hanno gravi emorragie o sono gravemente ustionate. Mahmoud ha riferito inoltre che il personale dell'ospedale al-Ahli ha così poche risorse che è costretto a usare materiali riciclati per curare i feriti, materiali che in qualsiasi altro contesto verrebbero semplicemente buttati via. Molti dei corpi delle vittime sono a brandelli e dunque sono difficili da riconoscere. “I parenti che cercano i loro familiari stanno lottando per trovare un modo per identificarli”. Altrove, a Gaza, è un susseguirsi di attacchi e bombardamenti. Al Jazeera riferisce che il campo profughi di Nuseirat è stato colpito anche dal mare da cannoniere israeliane, mentre gli elicotteri da combattimento hanno sparato intensamente a nord-ovest del campo di Nuseirat, nell'area di az-Zahra.

Gaza è un inferno in terra, dove oltre 2 milioni di persone, metà dei quali bambini, sono ridotti alla fame con metodico cinismo. Fra le vittime di ieri, nella zona definita “sicura" di Khan Younis, ci sono dei palestinesi bruciati vivi, come a Rafah, in seguito agli attacchi aerei israeliani che hanno colpito un campo profughi affollato di tende e di famiglie. Mentre questa carneficina prosegue indisturbata, con la complicità e il sostegno delle "democrazie" occidentali, il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich ha affermato che lasciar morire di fame due milioni di civili a Gaza "potrebbe essere giustificato e morale", se necessario alla liberazione degli ostaggi. Questa sembra essere la “nuova normalità” di Israele e del mondo occidentale. Quella dove una nazione che stermina, ad oggi, almeno 39.700 persone, metà dei quali sono bambini, e ne ferisce oltre 91.800, senza contare le decine di migliaia di persone disperse, scomparse, rimaste sotto le macerie, non solo viene legittimata a farlo e viene rifornita di armi, ma è considerata all’unanimità “una vittima che ha diritto di difendersi”. Eppure, non si è mai vista una vittima mettere sotto assedio il suo oppressore e bombardarlo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, da ben 309 giorni. Né si è mai visto uno stato decimare le infrastrutture sanitarie come Israele ha fatto a Gaza e venir supportato nel farlo invece di venir condannato per violazione plurima del Diritto internazionale. Israele ha scientificamente preso di mira ospedali, operatori sanitari, facendo strage di centinaia di dottori e infermieri, molti dei quali sequestrati e deportati nei centri di detenzione israeliana convertiti in campi di tortura per palestinesi (vedi https://www.affaritaliani.it/esteri/palestinesi-detenuti-da-israele-torture-in-carcere-benvenuti-all-inferno-932030.html). Molti dei medici e infermieri trasferiti nelle prigioni di Israele non sono usciti vivi da lì.

Fatah, Movimento di liberazione nazionale palestinese, ha immediatamente condannato l'attacco alla scuola di Gaza City definendolo un "atroce massacro sanguinoso" e affermando che rappresenta "l'apice del terrorismo e della criminalità". Inoltre, ha invitato la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani a "intervenire immediatamente e fermare la guerra sistematica di sterminio contro il nostro popolo". Nella dichiarazione rilasciata questa mattina ha inoltre affermato che "Commettere questi massacri conferma senza ombra di dubbio gli sforzi di Israele per sterminare il nostro popolo attraverso la politica di uccisioni cumulative e massacri di massa che fanno tremare le coscienze dei viventi". Ismail al-Thawabta, capo dell'ufficio stampa governativo di Gaza, ha dichiarato che per colpire la scuola di Daraj Israele ha usato bombe da 2.000 libbre (907 kg), aggiungendo che era a conoscenza della presenza di sfollati all'interno della scuola.

Val la pena sottolineare che nelle ore che hanno preceduto questa ennesima strage di donne e bambini, un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha comunicato che l'amministrazione Biden intende erogare altri 3,5 miliardi di dollari a Israele da spendere in armi e equipaggiamento militare made in USA. E questo malgrado il sospetto di genocidio in corso a Gaza e malgrado siano sempre più schiaccianti le prove di gravi e diffusi abusi perpetrati dai militari israeliani a danno del territorio palestinese occupato e dei sui abitanti. Quindi, con una mano Biden - e con lui la Harris - spinge disperatamente sull’acceleratore del piano per il cessate il fuoco a Gaza onde evitare di passare alla storia come il sostenitore dei "crimini" israeliani e per il genocidio dei palestinesi; con l’altra continua a rifornire a getto continuo Israele di armi, accogliendo così una delle tante imperative richieste fatte da Netanyahu nel corso del suo discorso al Congresso americano lo scorso 24 luglio: “Dateci in fretta gli strumenti, e noi finiremo presto il lavoro”.

Un discorso, quello di Netanyahu nel Sancta Sanctorum della politica americana, che è sembrato più l’arringa di un CEO alle sue prime, seconde, terze linee, piuttosto che l’intervento di un capo di un governo, con sulle spalle oltre 150mila morti e feriti, e una sfilza di reati che spaziano dalla corruzione ai crimini di guerra e contro l’umanità, dalla frode alla violazione di trust, come ha messo a nudo un rapporto del New York Times. Un elenco enciclopedico collezionato in decenni di “onorato servizio”. L’arringa, perché di questo si è trattato, al sottomesso e conpiacente parterre di congressisti, che in 52 minuti hanno fatto 39 standing ovation, aveva il tono di quelle che si fanno nei momenti topici di un’azienda, finalizzati a stimolare il senso di appartenenza, rinvigorire il gioco di squadra, energizzare gli animi. Una sinistra impressione che si trasforma in qualcosa di più se si mette in fila tutto quel che è successo dopo la visita di Netanyahu negli USA. Dall’escalation degli attacchi a Gaza, dove le stragi si sono susseguite a ritmi sempre più incalzanti, all’escalation con gli stati confinanti, gli assassinii mirati, compreso quello di Ismail Haniyeh, fatto saltare nel suo letto mentre era ospite a Teheran.  

Ad oggi, il 90% della popolazione è stata costretta a evacuare non una ma decine di volte. Anche questo è un crimine. Inoltre, quasi l’80% degli edifici presenti nella Striscia sono stati polverizzati, distrutti da bombardamenti plurimi, quando non minati per farli collassare su loro stessi. In molti casi sono stati “bulldozerizzati”, demoliti a suon di ruspa. Perché ostinarsi a bombardare la polvere? Nella zona ci sono circa due milioni di palestinesi. Nessun posto è più sicuro, tanto meno quelli dichiarati tali dall’IDF. Dunque, dove dovrebbero andare questi disperati, dove verranno spostati, alla fine, quelli che saranno sopravvissuti a questa caccia all’uomo?

Una settimana dopo l’attacco di Hamas, il Ministero dell’Intelligence israeliano ha pubblicato un documento segreto di dieci pagine in cui delineava l’espulsione della popolazione palestinese di Gaza nel nord del Sinai, in Egitto, questa la sequenza: “1. Ordinare ai civili palestinesi di lasciare il nord di Gaza prima delle operazioni di terra; 2. Operazioni terrestri sequenziali dal nord al sud di Gaza; 3. I percorsi attraverso Rafah dovranno essere lasciati liberi; 4. Stabilire tendopoli nel nord del Sinai e costruire città per reinsediare i palestinesi in Egitto”. Secondo il sito ebraico Mekomit, che originariamente lo ha pubblicato, il documento è stato verificato da un funzionario del Ministero dell'Intelligence, e come tutti quelli dell’Intelligence è consultivo e non vincolante. Eppure, a ben leggere, si direbbe siano state attuate tutte, secondo ordine. L’unica a mancare ancora all’appello è l’ultima.

Esiste una soluzione adesso per fermare questo bagno di sangue? Si. La strada è stata indicata dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea con le loro sanzioni alla Russia nel contesto della guerra in Ucraina: ridurre il potere finanziario dell’aggressore, boicottare tutto ciò che finanzia l’aggressività e, nel caso di Israele, interrompere tutte le forniture di armi, senza eccezioni. La mattanza deliberata e ininterrotta di civili inermi, la strage di bambini - quasi la metà dei morti - è la “prova regina” che dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio, la volontà da parte di Israele di non porre fine alla guerra a Gaza. Il cessate il fuoco invocato (a vuoto) da molti e disperatamente cercato da Biden ha un solo significato e una sola possibilità di attuazione, che non è certo quella che gli vuol dare Netanyahu, il quale ha sempre ripetuto “non ho intenzione di fermarmi fino a quando non avrò finito il lavoro”.






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