Esteri
"La Russia è da sempre ostile alla Nato, solo Berlusconi riusciva a mediare"
Umberto Rossi, ex generale con esperienza sia nella Nato che nella Commissione Europea, rivela ad Affari tanti retroscena: da San Pietroburgo a Pratica di Mare
"Le armi difensive? Non esistono: è una definizione inventata solamente per scopi politici, per mettersi a posto la coscienza"
Dopo quasi tre mesi, la guerra in Ucraina non accenna a placarsi. E nemmeno le paure agitate dalle sue conseguenze sull’economia. Per comprendere meglio quello che sta succedendo, affaritaliani.it ha incontrato una vera e propria autorità in campo militare: Umberto Rossi, ex generale dell’aeronautica con 42 anni di servizio, nonché rappresentante italiano alla Nato, coordinatore della missione in Afghanistan e poi in forza alla Commissione Europea, dove con la DG Move si è occupato del progetto Single European Sky, mirato a unificare le regole di utilizzo degli spazi aerei dei Paesi membri. La sua esperienza è ricca di aneddoti e considerazioni davvero illuminanti, ma il suo sguardo è proiettato verso il futuro e alle scelte di transizione ecologica ormai non più procrastinabili.
Quando Putin ha invaso l’Ucraina, molti scommettevano sul fatto che l’avrebbe conquistata in pochi giorni, se non ore. Come mai oggi la situazione è tuttora così intricata?
“Mah, non so chi avrebbe potuto scommettere su una durata bellica così breve, per quanto la potenza militare della Federazione russa sia dirompente. Sul campo le cose non stanno proprio così e i segnali di poca chiarezza, se non proprio di confusione, sono apparsi evidenti da subito. In primo luogo, l’obiettivo: la famosa ‘denazificazione’ avrebbe dovuto comportare la presa del controllo della capitale Kiev, per destituire Zelensky e rimpiazzarlo con un governo ‘fantoccio’. Dopo circa 10 giorni, però, si è capito che non sarebbe stato un obiettivo facile da conseguire, quindi i russi hanno dirottato le loro operazioni verso il Sud/Est dell’Ucraina”
Chi ha più colpe di questa confusione, Putin o lo stato maggiore dell’esercito russo?
“Da un lato è in discussione la capacità della leadership politica di definire concretamente l'obiettivo della guerra e dall’altro quella della leadership militare di agire in modo coerente. Quando si comincia una guerra, è sempre per una determinata volontà, ma spesso poi ci sono aggiustamenti in corso d'opera. Si è molto parlato della scarsa capacità dell'intelligence russa di percepire appieno le capacità operative dell'Ucraina e probabilmente qualche errore c’è stato, ma questo lo si potrà valutare bene solo a guerra finita. Quello che invece già oggi possiamo dire è che la Russia non ha mai parlato di strategie per limitare i danni collaterali, come invece dovrebbe succedere in aderenza ai principi fondanti del diritto bellico e delle relative convenzioni internazionali”
Quali sono invece i meriti della resistenza ucraina?
“Intanto diciamo che la resistenza è non solo delle forze armate, ma di tutta l’Ucraina. Zelensky sta facendo veramente un lavoro egregio, tenendo tutta la popolazione ancorata ad un obiettivo. Gli ucraini, uomini e donne più o meno giovani, vanno a combattere volontariamente e mostrano un orgoglio che fa la differenza. L’esercito russo inoltre opera fuori dal proprio territorio e quindi non mancano i problemi di logistica e supporto alle operazioni, dovendo rifornirsi di cibo e provvedere al giusto ricambio delle forze. Sul campo inoltre non c’è questa grande sproporzione in favore dei russi in termini di numero di soldati, mentre c’e’ sicuramente in termini di quantità e tipologia degli armamenti. L’obiettivo di prendere il controllo delle città (specialmente le più popolose) si ottiene mandando gli uomini sul campo. Mariupol e Odessa potranno anche essere conquistate dai russi, ma poi riusciranno a mantenerle? Le valutazioni vanno rimandate al medio termine, ora è prematuro”
La tenacia degli ucraini è sostenuta dalle armi inviate dagli occidentali, questione che tanto fa discutere: ha senso la distinzione tra armi “offensive” e “difensive”?
“L’unico senso di questa discussione è di tipo politico. Diciamo le cose come stanno: la differenza non esiste. Dipende tutto dal tipo di uso che se ne fa e l’Ucraina oggi deve difendersi da un’aggressione brutale, quindi le servono armi adeguate. Anche un semplice camion da trasporto può essere molto utile in un teatro di guerra di questo tipo. Mi sembra tuttavia corretto dire che si debbano definire con precisione le regole d'ingaggio di questi armamenti, ad esempio prevedendo di escludere lo sconfinamento dal territorio ucraino o l’impiego di armi per operazioni non autorizzate dalle convenzioni. Detto questo, è una discussione che lascio volentieri ai politici”
Viene anche paventato il rischio che, a fine guerra, le armi che inviamo finiscano nelle mani sbagliate, magari al mercato nero. Si dice che sia capitato anche in Afghanistan, scenario che lei conosce bene: è davvero così?
“Bisogna fare un po' di real politik: i problemi si affrontano uno per volta. Indubbiamente i mezzi di trasporto lasciati dagli americani a Kabul oggi sono nelle mani dei talebani, lo si vede anche nelle immagini televisive. E’ normale, così come dire che la guerra è una brutta cosa, con la quale non bisognerebbe mai confrontarsi. Però, quando arriva il momento, è necessario assumersi il coraggio delle scelte. Sì: le armi potrebbero cadere in mani sbagliate, ma queste sono valutazioni che, per quanto comprensibili, non dovrebbero condizionare le scelte di oggi”