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Transizione energetica, contrordine Usa: "Un problema, avvantaggia la Cina"

di Redazione Esteri

Pechino domina su terre rare, risorse minerarie, auto elettriche e pannelli solari. L'occidente prova a diversificare ma pensa a rallentare la trasformazione

Dominio cinese su auto elettriche, pannelli solari e terre rare: pr gli Usa la transizione energetica diventa una minaccia

Contrordine, my friends: la transizione energetica è più un problema che un'opportunità. Parola degli Stati Uniti, che intravedono nello storico processo di riduzione delle emissioni e ampliamento dell'utilizzo delle rinnovabili un grande vantaggio strategico per la Cina. A mettere nero su bianco questo timore è stata una componente dell'amministrazione Biden, per l'esattezza la segretaria all'Energia Jennifer Granholm.

Granholm ha avvertito che la transizione dai combustibili fossili renderà la sicurezza energetica "infinitamente più complessa" a causa della posizione dominante della Cina nella lavorazione dei minerali critici essenziali per le energie rinnovabili. "In questo contesto di minerali critici, ci troviamo di fronte a un fornitore dominante che è disposto ad armare il potere di mercato per ottenere vantaggi politici", ha dichiarato Granholm.

In effetti, la Cina ha una posizione di vantaggio sulle industrie del cobalto, delle terre rare e della grafite, fondamentali per le energie rinnovabili, le auto elettriche e le tecnologie di difesa. La sua quota di mercato globale per la raffinazione di ciascuno di questi tre materiali supera il 70%. Pechino domina il mercato delle terre rare, nonché le estrazioni di risorse minerali strategiche per il settore in giro per il mondo. A partire dal cobalto in Repubblica democratica del Congo, il litio in Cile o il nichel in Indonesia.  

"Il carburante di questa transizione energetica - i minerali critici - renderà la sicurezza energetica globale infinitamente più complessa e infinitamente più importante nei prossimi decenni", ha aggiunto Granholm. Il Dipartimento dell'Energia e il Dipartimento della Difesa hanno versato miliardi di dollari di sovvenzioni per accelerare la creazione di miniere e impianti di lavorazione a livello nazionale. 

Il nodo della raffinazione e il dominio sulle auto elettriche

Ma il passaggio ai veicoli elettrici e alle energie rinnovabili richiede grandi quantità di litio, rame e nichel. E il vantaggio di Pechino su questo fronte è stato costruito con oculatezza nel corso degli anni. Già ora, negli ultimi cinque anni, le importazioni di auto cinesi nell'UE sono quadruplicate. Secondo le stime, potrebbe portare le case automobilistiche cinesi a raddoppiare entro il 2025 la quota del mercato europeo, attualmente all'8%. Secondo una recente stima di UBS, entro il 2030 le case automobilistiche cinesi potrebbero veder raddoppiare la loro quota di mercato globale dal 17% al 33%, con le aziende europee che subiranno la maggiore perdita di quote di mercato.

Per soddisfare la domanda, riducendo al contempo la dipendenza dalla Cina, occorrerebbero investimenti significativi da parte dell'industria mineraria, che si muove lentamente, per incrementare l'offerta. Non è tra l'altro escluso che in caso di un aumento delle tensioni con Pechino, Xi Jinping possa chiudere i rubinetti. Già ad agosto sono entrate in vigore nuove restrizioni per le esportazioni di gallio e germanio due metalli critici per la produzione di semiconduttori tecnologicamente avanzati utilizzati proprio per il settore auto.

Secondo il Critical Mineral Intelligence Centre del Regno Unito, la Cina rappresenta circa il 94% della produzione mondiale di gallio. Un dominio sfruttato, sul gallio, nello sviluppo delle infrastrutture di rete 5G. Così come il germanio, il gallio ha un ruolo nella produzione di una serie di semiconduttori composti, che combinano più elementi per migliorare la velocità e l'efficienza della trasmissione.

Sebbene questi metalli siano rintracciabili anche altrove (per esempio in Corea del Sud, Giappone, Russia e Ucraina) la Cina ha fondato una sorta di dominio perché ha sin qui rifornito il mondo in modo altamente vantaggioso prezzo, avendo mantenuto bassi i costi estrattivi e di lavorazione. Entrambi i metalli sono infatti sottoprodotti della lavorazione di altre materie prime come il carbone e la bauxite, la base per la produzione di alluminio. Non solo. La Cina domina anche sui materiali e le tecnologie per i pannelli solari.

I timori sul futuro

E dunque che fare? Fin qui si parla di delocalizzazione e diversificazione delle catene di approvvigionamento. Anche in tal senso, gli Usa stanno provando a stringere accordi sulle terre rare con tutti i paesi che possono offrire una parziale alternativa alla Cina. In questo ambito va letto il rilancio di una grande miniera in Vietnam, seconda fonte di terre rare a livello globale. L'Unione europea sta invece finalizzando accordi di partenariato per i minerali critici con la Repubblica Democratica del Congo, l'Australia e altri Paesi, nel tentativo di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento. Ma Pechino continua a dominare il settore della raffinazione, il che rende difficile ridurre la dipendenza nei suoi confronti.

Ed ecco allora che arrivano i primi avvertimenti: forse la transizione energetica non va più così bene se avvantaggia il principale rivale geopolitico degli Stati Uniti.