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Biden e Xi: pronto il summit. Elezioni-economia: a entrambi serve il disgelo

di Redazione Esteri

Usa e Cina pronti a stabilizzare il disaccordo. Washington non può permettersi un confronto con Pechino dopo le guerre in Ucraina e Medio Oriente. E Xi...

Pronto il summit del disgelo tra Xi Jinping e Joe Biden

"E' molto importante che il presidente Xi Jinping vada a San Francisco per incontrare il presidente Joe Biden". Non è ancora ufficiale, ma l'incontro diplomatico più atteso dell'anno è stato confermato (inavvertitamente?) dal premier australiano Anthony Albanese. Parlando in conferenza stampa a Pechino al termine del suo incontro con Xi, Albanese si è lasciato sfuggire questa considerazione che dà ulteriore corpo a una voce che in realtà aveva già trovato molteplici conferme nelle ultime settimane.

Xi andrà a San Francisco per il summit della Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC) in programma tra il 15 e il 17 novembre. A margine dell'evento, il leader cinese terrà un bilaterale con Biden. D'altronde, l'amministrazione americana ha lavorato incessantemente per far sì che Xi decidesse di presentarsi negli Usa per la prima volta dopo sei anni. Prima della guerra commerciale, prima della contesa tecnologica, prima dell'inasprimento delle tensioni su Taiwan e mar Cinese meridionale, prima della rottura del dialogo sul fronte militare.

I segnali di una volontà di arrivare a una stabilizzazione dei rapporti tra le due potenze sono stati molteplici nelle ultime settimane. Durante l'estate, c'è stata un fitto andirivieni di membri dell'amministrazione Biden a Pechino. Prima Antony Blinken, poi Janet Yellen e John Kerry, infine Gina Raimondo. Non è tutto. Anche decani della diplomazia a stelle e strisce come Henry Kissinger e capitani d'industria come gli amministratori delegati di Intel e Apple si sono presentati a Pechino. 

Favore ricambiato da Wang Yi, il ministro degli Esteri cinese che è andato a Washington una decina di giorni fa per preparare i dettagli del viaggio di Xi, che con una mossa dall'alto valore simbolico ha anche ricevuto il governatore della California Gavin Newsom. Cioè il padrone di casa del summit APEC al quale è chiamato a partecipare. Una delegazione del Pentagono si è persino presentata allo Xiangshan Forum, importante appuntamento in materia di difesa, a Pechino dopo la rimozione del ministro della Difesa Li Shangfu, che era sotto sanzioni Usa dal 2018 per l'acquisto di armi dalla Russia.

Ecco perché Usa e Cina non possono permettersi l'aumento delle tensioni

Ulteriori sviluppi negli ultimissimi giorni. Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti è presente alla più grande fiera d'importazione cinese, la China International Import Expo (CIIE). "L'agricoltura potrebbe essere la storia di successo nelle relazioni tra i nostri due governi, perché c'è una perfetta sintonia", ha dichiarato l'ambasciatore statunitense in Cina Nicholas Burns a Pechino. 

Dopo aver subito un brusco calo nel 2018, quando l'allora presidente americano Donald Trump lanciò una guerra commerciale contro la Cina, gli acquisti agricoli del Paese dagli Stati Uniti sono aumentati costantemente negli anni successivi. L'anno scorso, la Cina è rimasta il più grande mercato di esportazione agricola per gli Stati Uniti, acquistando un record di quasi 41 miliardi di dollari, il triplo rispetto ai 13 miliardi di dollari del 2018, secondo i dati dell'USDA. Gli acquisti sono stati guidati da soia e mais.

Anche l'American Ballet Theatre è tornato in Cina per la prima volta in un decennio. Gli 85 ballerini della troupe newyorkese hanno tenuto una serata inaugurale al Grand Theater di Shanghai, dove si esibiranno in "Classic Old and New", un programma di tre opere diverse che comprendono sia coreografie contemporanee che classiche, ha dichiarato Susan Jaffe, direttore artistico del gruppo. Il tour segna una ripresa degli scambi culturali tra Cina e Stati Uniti. Il colosso asiatico ospiterà anche una serie di esibizioni dell'Orchestra di Filadelfia a partire dalla prossima settimana, in occasione del 50° anniversario della storica visita dell'orchestra in Cina nel 1973.

Da mercoledì 8 novembre sarà poi negli Usa il nuovo zar dell'economia cinese, He Lifeng. Si tratta di un fedelissimo di Xi, appena promosso a capo delle politiche economiche di Pechino. Incontrerà Yellen e aprirà la strada al successivo arrivo di Xi. Da questa dinamica non bisogna certo aspettarsi che all'improvviso Usa e Cina diventino amici. Ma sarebbe già un ottimo risultato la stabilizzazione del disaccordo.

D'altronde, a entrambi i leader farebbe comodo raggiungere un certo tipo di consenso sulle relazioni bilaterali. Per diversi motivi, entrambi non possono permettersi un confronto diretto nel breve termine. Gli Usa sono quelli che forse hanno la maggiore urgenza. Sono già coinvolti nell'assistenza a Ucraina e Israele per i conflitti in Europa orientale e Medio Oriente. Non possono permettersi l'apertura di un terzo fronte in Asia-Pacifico, che è peraltro il cuore degli interessi strategici americani.

Non solo. Biden ha anche bisogno di mostrare qualche risultato in una politica estera che sin qui gli ha riservato quasi solo delusioni. I repubblicani lo criticano per la debolezza, sostenendo che non sia in grado di trovare accordi con nessuno, né di impedire azioni aggressive dei paesi rivali. Con la campagna elettorale non troppo lontana all'orizzonte, Biden ha bisogno di mostrare di saper gestire il rapporto con la Cina.

Per Xi, invece, la priorità attuale è senz'altro quella economica. La Cina ha appena registrato il suo primo deficit trimestrale di investimenti diretti esteri (IDE), sottolineando la pressione del deflusso di capitali da parte dei governi occidentali. Secondo un'analisi dei dati cinesi, per sei trimestri consecutivi fino alla fine di settembre le imprese straniere hanno sottratto alla Cina oltre 160 miliardi di dollari di utili totali, una serie insolitamente sostenuta di deflussi di profitti che dimostra quanto il fascino del Paese stia diminuendo per i capitali stranieri.

Interessante l'analisi dell'influente osservatore cinese Wang Xiangwei: "Il torrente rischia di diventare un fiume se il governo non prende misure immediate e sostanziali per rilanciare la fiducia". E come rilanciare la fiducia meglio di mostrare che si può gestire il disaccordo con gli Usa?