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Usa, tornano i missili a medio raggio in Asia: il Pacifico è sempre più armato

di Redazione Esteri

Per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda, nel 2024 Washington schiera nuove testate a lunga gittata, mentre si scalda il fronte con la Cina

La corsa al riarmo: nel 2024 missili a medio raggio Usa nell'Indo-Pacifico

Il Pacifico potrebbe presto diventare un po' meno pacifico. Mentre la Cina continua a rafforzare il proprio esercito e a condurre manovre sempre più assertive nelle acque della regione, gli Stati Uniti rispondono non solo con manovre contrapposte e armando gli alleati e partner, ma ora (pare) schierando anche l'artiglieria pesante in modo diretto. Washington si prepara infatti a dispiegare nuovi missili terrestri nell’Indo-Pacifico nel 2024.

Si tratterebbe del primo arsenale statunitense nella regione dei tempi della Guerra Fredda. Un portavoce dell’esercito statunitense, Rob Phillips, lo ha ammesso a Nikkei Asia, specificando che si tratta di missili a raggio intermedio manovrati da terra. La novità è molto rilevante, visto che sarebbe anche il primo dispiegamento di armi del genere da quando il Trattato sulle forze nucleari (INF) è scaduto nel 2019. L’accordo era stato firmato con l’Unione Sovietica nel 1987 e vietava ai Paesi di sviluppare e possedere missili terrestri con una gittata compresa 500 e 5.500 chilometri. La gittata dei missili terrestri Usa dovrebbe essere compresa tra 500 e 2.700 chilometri.

La mossa avverrebbe prettamente in funzione anti cinese, anche se forse non esplicitamente. Pechino sta continuando nel frattempo ad espandere il suo arsenale di missili a medio e intermedio raggio. Secondo il rapporto annuale del Pentagono sulla potenza militare cinese, Pechino possiede attualmente 1.500 missili con una gittata compresa tra 1.000 e 5.500 chilometri. Secondo le previsioni, l'esercito americano invierà le unità missilistiche a raggio intermedio principalmente nel territorio statunitense di Guam, cercando di schierarle più avanti verso gli alleati asiatici in caso di contingenza.

L'occhio è ovviamente su Giappone e Corea del Sud, principali alleati di Washington e Nato in Asia, dove sono già presenti forti contingenti militari a stelle e strisce. Anche se per ora, il Giappone e le Filippine sono riluttanti a ospitare le nuove capacità americane per paura di diventare un bersaglio immediato dell'esercito cinese in caso di crisi.

Lo schieramento di missili tra Asia e Pacifico

Lo schieramento di missili potebbe giocare un ruolo su eventuali una crisi nello Stretto di Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale. Guam è diventata una posizione strategicamente critica per le operazioni militari statunitensi nel Pacifico occidentale e dista 4.000 km dalla Cina continentale. Le unità missilistiche a raggio intermedio potrebbero essere dispiegate rapidamente dall'isola agli alleati asiatici in risposta alle emergenze.

D'altronde, secondo le previsioni di Ankit Panda del Carnegie Endowment for International Peace, entro il 2030 la regione indo-pacifica si riempirà di migliaia di nuovi missili, con Stati Uniti, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Giappone, Australia e Taiwan faranno a gara per espandere i propri arsenali. Anche altri Paesi della regione sono attivi nel mercato degli armamenti. Il Vietnam, che possiede missili di superficie di tipo Scud, potrebbe presto avviare trattative per l'acquisto del missile supersonico indiano-russo BrahMos, ha detto Panda. Le Filippine, alleate degli Stati Uniti, hanno firmato un accordo per l'acquisto di tre batterie di missili supersonici da crociera antinave BrahMos.

Il risultato è che entro il 2030 gli arsenali missilistici potrebbero espandersi in modo esponenziale. Una corsa al riarmo che per qualcuno significa deterrenza, per altri maggiori rischi di escalation.

La Cina accusa: "Nave americana illegalmente nelle nostre acque"

Nel frattempo, ci sono già tensioni strategiche tra Cina e Stati Uniti, a dimostrazione che il recente summit di San Francisco fra Joe Biden e Xi Jinping non ha certo risolto tutti i problemi. Lunedì la Cina ha affermato che una nave militare statunitense si è "illegalmente intromessa" nelle sue acque territoriali del Mar Cinese Meridionale. Una forza navale cinese è stata mobilitata per seguire la USS Gabrielle Giffords quando si è avventurata nelle acque del Second Thomas Shoal, ha dichiarato Pechino.

La barriera corallina fa parte delle isole Spratly, un'area al centro di una disputa territoriale tra Cina e Filippine. È qui che nei mesi scorsi si sono verificate due collisioni tra navi cinesi e filippine. Ed è sempre non lontano da qui che si sono sfiorati incidenti tra jet cinesi e statunitensi. La Sierra Madre è una nave di fabbricazione statunitense, impiegata durante le battaglie contro i giapponesi nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale. Rimasta alla deriva, è passata poi di mano alle Filippine. Nel 1999, Manila ha deciso di arenare il vecchio relitto nei pressi di Second Thomas, una minuscola secca all'interno dell'arcipelago delle Spratly, un centinaio di piccole isole rivendicate dalla Cina. I resti dell'imbarcazione sono utilizzati dalle Filippine come un avamposto, presidiato da una dozzina di militari, per rafforzare le proprie pretese di sovranità.

Da allora, Pechino chiede a Manila di rimuovere il relitto in maniera più o meno diplomatica a secondo dello stato dei rapporti col governo filippino. Il governo cinese non riconosce la validità del pronunciamento del tribunale dell'Aia, che nel 2016 si è espresso contro la sua rivendicazione di sovranità su circa il 90% del Mar Cinese Meridionale. E finora non si è mai riusciti a stipulare un agognato codice di condotta regionale su un quadrante fondamentale per il passaggio di enormi quantità di merci ma anche per le sue risorse naturali. Ma anche una regione che sta vivendo da tempo una costante militarizzazione e su cui si riverberano le tensioni tra Pechino e Washington.