Camilla's Kitchen: la cucina torinese del golden boy Ferrero
Carni della macelleria Silvio Brarda, il pesce Di Giuseppe gallina, presidio slow food consorzio sambucano per la carne ovina e insaccati della agrisalumeria Luiset. E ancora il porro Cervere dell'omonimo consorzio e il cardo gobbo di Nizza Monferrato del grande Claudio Vaccaneo.
Con un biglietto da visita così, la qualità della materia prima vale da sola la cena.
Se poi la lavora Riccardo Ferrero, chef di eseprienza e fantasia con un passato strutturato da Gualtiero Marchesi e al ristorante del Cambio, il tutto vale il viaggio.
Dove? nel centro storico di Torino, in via Maria Vittoria, dove al numero 49/b fa angolo il Camilla's Kitchen, ristorante molto accogliente e di gran fattura, nato dalla passione di Francesca (Titti) Alecci e Alberto Ramondetti.
Due sale accoglienti, calde con tavoli ben disposti (che belli i due "in vetrina") una aperta sulla via e l'altra più raccolta arredata come un salotto/libreria. Da notare anche l'ingresso con vista sulla cucina che invoglia e invita a provare, assaggiare, degustare.
Servizio accurato e preciso, mosso dalla simpatia del sommelier (davvero un winelover) Angelo Susigan che vi prende per mano e vi guida tra le etichette in carta e non (bello il concetto di offrire un fuori carta, qualcosa di personale, dedicato) con professionalità.
Per noi Altalanga Rosè Riserva Millesimato di Antonio Colombo. Cocchi Pas Dosè Altalanga Brut Nature e Barbera d'Asti Piano Alto di Bava 2011. Uno meglio dell'altro.
Dopo il dessert, non ci siamo fatti mancare Muscat de Frontignan Chateau de Stony.
In cucina, dicevamo, guida la brigata Riccardo Ferrero, esperienza e ottima mano nel proporre un amouse bouche da godere anche con gli occhi per colori ed equilibrio geometrico del gamberone e delle salse. Sapore delicato, ma "vero" al tempo stesso.
Dalla carta scegliete sereni la "capasanta arrosto, topinambour, crema di acciughetta e sale affumicato" o il tris di antipasti piemontesi di carne "battuta al coltello, vitello tonnato e girello di manza affumicato al Wisky" eseguiti con maestria.
I primi sono davvero notevoli. Noi abbiamo voluto gli "Agnolotti quadrati di Torino ai tre arrosti con burro di alpeggio e salvia" dal brunito colore della salsa consistente e ghiotta e poi i "Tajarin 40 tuorli con il comodino delle Langhe" un ragù di fegatini..."commovente" nel senso che già vi mancherà poco dopo che vi avranno portato via il piatto vuoto.
Per proseguire il viaggio come ho fatto io non perdete il "Filetto di Fassone piemontese alla Giovanni Vialardi" cucinato come nel 1800 faceva il cuoco di Carlo Alberto di Savoia. Tagliatene un boccone generoso, mettetelo in bocca e vi sentirete anche voi un reale sabaudo.
Bene i dessert con il giusto equilibrio di acidità e freschezza, non troppo di pasticceria ma più di cucina, come piacciono a me. Lascio a voi la scelta, io ho gustato il "Budino di Santa Vittoria con Chinotto candito di Savona Igp" e lo rimangerei adesso.
Punto da migliorare? Un difetto ? Direi che il nome anglosassone starebbe meglio nel quartiere newyorkese di Tribeca
GAURDA LA VIDEOINTERVISTA A RICCARDO FERRERO