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Sicurezza sul lavoro: cosa sono i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale)
Cos'hanno in comune una mascherina chirurgica, un guanto da forno, una cintura di sicurezza e un casco da motocicletta? Apparentemente poco o nulla. Si tratta in realtà di quattro esempi, tra loro molto diversi, di DPI, sigla che sta per Dispositivi di Protezione Individuale. Detto in altre parole, di oggetti spesso e volentieri di uso comune, quando si pratica uno sport o semplicemente quando si va al lavoro, che hanno una fondamentale caratteristica in comune: servono a proteggere la nostra salute.
Il concetto stesso di DPI da sempre fa parte della nostra società, essendo appunto ormai utilizzati in praticamente ogni ambito della vita, dai lavori di tipo domestico a quelli sanitari o bellici, fino ad arrivare agli sport o a giochi vari, ma è diventato particolarmente rilevante dallo scoppio della pandemia da Covid. La crisi sanitaria ha infatti reso molto spesso necessario e obbligatorio l'uso della mascherina, chirurgica o di altro tipo, in moltissimi luoghi al chiuso e anche all'aperto. E proprio la mascherina per tante persone, negli anni più bui della crisi pandemica, è diventata sinonimo stesso di DPI. In realtà si tratta invece solo un particolare tipo di dispositivo di questo tipo, tra i tanti esistenti e contemplati dalla legge sia in Italia che a livello internazionale. Proviamo a conoscerli più da vicino e a comprendere tutto sul loro utilizzo e sulle regole che ne delimitano l’uso.
Indice degli argomenti:
Cosa sono i DPI
Per poter conoscere in maniera più approfondita cosa sia un dispositivo di protezione individuale è necessario partire dalle basi. Il significato di DPI si ricollega a quella serie di dispositivi che hanno la funzione di salvaguardare chi li indossa da rischi per la propria salute e per la propria sicurezza, proteggendolo in tutto o anche solo in parte. Si tratta di oggetti o accessori che possono essere utilizzati in ambiti tra loro molto diversi, come quello domestico, quello lavorativo o quello ricreativo, e che si distinguono da altri dispositivi di protezione, i cosiddetti DPC, che hanno invece una funzione collettiva e proteggono un insieme di persone.
In Italia la normativa riguardante i DPI è basata sul regolamento UE 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, recepito attraverso il Decreto legislativo 475/95 che troviamo all’interno del Testo unico sulla sicurezza (D.Lgs 81/2008). In questo testo si stabilisce che sia da ritenere un DPI “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”. Secondo lo stesso decreto, l'utilizzo del dispositivo è reso necessario esclusivamente nei casi in cui l'adozione di misure tecniche preventive e organizzative di protezione collettiva non risulti sufficiente per eliminare i fattori di rischio di una determinata attività.
Stando ai regolamenti dello Stato, tali dispositivi, in ambito lavorativo e professionale, devono rispondere a dei requisiti fondamentali. In particolar modo devono:
essere adeguati alle condizioni presenti sul luogo di lavoro;
essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportarne di maggiori;
tener conto delle esigenze ergonomiche della salute del lavoratore.
Particolarmente difficile è stabilire quando un DPI debba essere sostituito o meno. Se è vero che alcuni presentano una data di scadenza, altri richiedono un controllo più approfondito da parte del singolo lavoratore, che ha il compito non di sostituirlo, ma di richiederne la sostituzione, qualora non risultasse più idoneo. Per evitare l'insorgere di problemi, sta comunque al datore di lavoro provvedere con la sostituzione del dispositivo con una frequenza stabilita da un piano o uno scadenzario interno.
Lo stesso datore di lavoro ha il compito di provvedere all'analisi e alla valutazione dei rischi, per confermare che non sia possibile effettuare una determinata attività senza l'utilizzo del DPI. Allo stesso tempo deve individuare le caratteristiche del dispositivo più adeguato e aggiornare la propria scelta ogni qualvolta ci siano variazioni significative negli elementi di valutazione.
Qualora poi fosse necessario, in determinate condizioni lavorative, utilizzare simultaneamente più dispositivi per garantire la sicurezza del lavoratore, questi devono risultare compatibili tra loro per poter mantenere, anche simultaneamente, la propria efficacia nei confronti del rischio.
Da queste definizioni e questi regolamenti sembrerebbe dunque che ogni oggetto o accessorio da noi utilizzato possa rientrare nella categoria dei DPI. Le cose non stanno però propriamente così. In effetti non tutti i dispositivi utilizzati sul proprio posto di lavoro rientrano in questa fattispecie. In particolare, ne sono ad esempio esclusi:
gli abiti e le uniformi utilizzati dai lavoratori ma non finalizzate alla loro sicurezza;
le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
i dispositivi di protezione delle forze armate, delle forze di polizia e del personale addetto al mantenimento dell'ordine pubblico (pur essendo tecnicamente dei DPI a tutti gli effetti);
i materiali sportivi se non utilizzati per fini lavorativi;
i materiali per l'autodifesa;
gli apparecchi portatili per segnalare rischi e fattori nocivi.
Per poter essere definiti per legge DPI, inoltre, i dispositivi devono essere marchiati CE. Tale marchio deve essere leggibile, visibile e indelebile sul dispositivo stesso. Se impossibile, deve essere presente sul suo imballaggio o sul manuale di istruzione che lo accompagna. Tale libretto, peraltro, deve essere disponibile in lingua italiana, a prescindere dalla tipologia di DPI o dalla categoria di appartenenza.
A cosa servono i DPI
Dalla definizione che abbiamo letto è facile intuire quale sia lo scopo per cui vengono resi obbligatori, per determinate attività lavorative, i Dispositivi di Protezione Individuale. L'obiettivo è proteggere l'incolumità di chi li indossa, e questo accade da sempre. Possono essere ad esempio considerati dei DPI dell'antichità le armature o gli scudi indossati dai soldati. Viene invece indicato come uno dei primi dispositivi di sicurezza prodotto in epoca moderna l'abito utilizzato dal medico della peste, descritto anche da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi. Si trattava di una particolare tunica lunga fino alle caviglie che veniva abbinata a guanti, a scarpe, a un bastone, a un cappello a tesa larga e a una maschera a forma di becco imbevuta da essenze aromatiche e paglia che avrebbero dovuto agire da filtro per impedire il passaggio degli odori e quindi evitare il contagio.
Da allora, ovviamente, l'utilizzo dei DPI in ambito medico-sanitario è diventato molto più comune e anche molto più efficace. E questo vale anche andando oltre l'ambito medico o professionale più in generale. Rientrano infatti nella definizione standard di DPI, pur non essendo, eccetto rari casi, contemplati dalla legge in tal senso, anche oggetti di uso molto più comune, come gli occhiali da sole, utili per proteggere i nostri occhi dai raggi ultravioletti, oppure sciarpe e guanti, che invece ci offrono protezione dalle basse temperature.
Per poter comprendere appieno quanto sia ampia la portata del concetto di dispositivo di protezione individuale è possibile anche suddividerli per la tipologia di pericolo dal quale possono difenderci.
Ad esempio, per proteggerci dagli impatti usiamo caschi di protezione, scarpe di sicurezza, guanti antiurti o paradenti, per proteggerci dai tagli abbiamo guanti appositi, per proteggerci dalle schegge esistono occhiali protettivi o visiere, per proteggerci dalle punture siamo soliti indossare delle maschere e dei guanti adeguati, per proteggerci dalle punture da insetti un abbigliamento da apicoltura e così via. E si tratta ovviamente solo di alcuni degli esempi di oggetti che possono rientrare nell'ambito dei DPI, e dei pericoli ad essi collegati. Possiamo infatti aggiungere alla lista anche lo scivolamento, l'annegamento, la caduta, l’eventuale caduta di oggetti dall'alto, il rischio termico, quello chimico, quello biologico o quell'elettrico, il rumore eccessivo, le vibrazioni, le radiazioni ottiche naturali o artificiali e anche le radiazioni ionizzanti.
Quante categorie di DPI esistono?
Se è vero che è possibile suddividere i Dispositivi di Protezione Individuale in vari gruppi a seconda della loro utilità e del tipo di protezione offerta, è altrettanto vero il Decreto Legislativo 475/92 suddivide i DPI in tre categorie.
Quelli di prima categoria sono dispositivi di progettazione semplice, che servono per salvaguardare i lavoratori da rischi di danni fisici di entità lieve o non grave. In questo caso si presuppone che il professionista che è tenuto a utilizzarli abbia la capacità di valutarne l'efficacia e di comprenderne l'effettivo grado d'usura. Sono DPI di prima categoria tutti quelli che servono per salvaguardare da:
azioni lesive con effetti superficiali prodotti da strumenti meccanici;
azioni lesive di entità lieve e facilmente reversibili causati da prodotti per la pulizia;
rischi derivanti dal contatto o da urti con oggetti caldi (con temperatura non superiore ai 50 gradi);
fenomeni atmosferici ordinari;
urti lievi e vibrazioni che possano raggiungere gli organi vitali e provocare lesioni a carattere permanente;
azione lesiva dei raggi solari.
Questo tipo di dispositivo deve avere il marchio di conformità CE del fabbricante e deve essere consegnato in allegato alla documentazione tecnica.
I Dispositivi di Protezione Individuale di terza categoria sono quelli di progettazione complessa, destinati a salvaguardare il lavoratore da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. Per questo tipo di DPI si presuppone che il lavoratore non abbia la possibilità di percepirne il grado di usura e di verificarne istantaneamente gli effetti lesivi. Deve però essere messo nelle condizioni di poterlo utilizzare in sicurezza, e pertanto deve essere formato e addestrato. Rientrano in particolare in questa categoria:
gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro aerosol solidi, liquidi o contro gas irritanti, pericolosi, tossici o radiotossici;
gli apparecchi di protezione isolanti (anche quelli destinati all'immersione subacquea);
i dispositivi che assicurano una protezione limitata nel tempo contro le aggressioni chimiche o le radiazioni ionizzanti;
i dispositivi per attività in ambienti con condizioni equivalenti a una temperatura che non sia inferiore a 100 gradi, o con presenza di radiazioni infrarosse, fiamme o materiale in infusione;
i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti a una temperatura non superiore ai -50°;
quelli che salvaguardano dalle cadute dall'alto;
i dispositivi per salvaguardare dai rischi connessi ad attività che espongano a tensioni elettriche pericolose.
In questo caso, oltre alla marcatura CE. i dispositivi devono allegare la documentazione tecnica del modello, quella di costruzione e la verifica periodica del sistema di qualità del fabbricante da parte di un organismo esterno di controllo.
Quali sono invece i dispositivi che rientrano nella seconda categoria? Semplicemente quelli esclusi sia dalla prima che dalla terza. In questo caso i dispositivi che devono presentare la marcatura CE e allegare la documentazione tecnica, ma oltre a questo necessitano solo di aggiungere la documentazione di costruzione, senza bisogno di verifica periodica.
Chi fornisce i Dispositivi di Protezione Individuale al lavoratore
Stando alle norme attualmente in vigore, l'acquisto del dispositivo è a carico del datore di lavoro, che è tenuto consegnare il materiale integro e funzionante al proprio lavoratore. Quest'ultimo non è comunque esente da obblighi e responsabilità in materia di DPI. In particolare, deve:
accettare di sottoporsi a un programma di formazione e addestramento;
utilizzare i dispositivi in modo appropriato;
provvedere alla cura dei DPI che gli vengono consegnati;
non apportare modifiche di propria iniziativa;
segnalare immediatamente qualsiasi difetto o inconveniente.
La gran parte delle responsabilità per quanto riguarda la distribuzione dei corretti Dispositivi di Protezione Individuale e del loro funzionamento resta però appannaggio del datore di lavoro stesso. È lui a dover provvedere all'acquisto e alla consegna del materiale, alla sua integrità e al suo funzionamento. Inoltre, rientrano nei suoi doveri anche i seguenti:
mantenere l'efficienza dei DPI assicurandone le condizioni di igiene mediante manutenzione, riparazioni o sostituzioni necessarie, secondo le indicazioni fornite dal fabbricante;
provvedere che i DPI siano utilizzati esclusivamente per gli usi previsti, salvo determinati casi eccezionali e sempre in conformità con le informazioni del fabbricante;
fornire ai lavoratori istruzioni che siano facilmente comprensibili;
fare in modo che ogni dispositivo sia ad uso personale ed esclusivo di un lavoratore, o prendere misure adeguate per far sì che la condivisione dello stesso non ponga alcun problema sanitario o igienico per i lavoratori;
informare il lavoratore dei rischi dai quali il dispositivo lo protegge;
rendere disponibile un'unità produttiva di informazioni adeguate a ogni dispositivo;
stabilire procedure aziendali da seguire per la riconsegna e il deposito dei dispositivi;
assicurare una formazione adeguata e organizzare, qualora fosse necessario, un addestramento specifico per l'utilizzo del DPI.
Tra l'altro, l'addestramento è comunque indispensabile, e non solo possibile, per tutti i dispositivi che appartengono alla terza categoria e sempre,a prescindere dalla categoria, per i dispositivi che proteggono l'udito.
Sanzioni e provvedimenti in ambito DPI
Essendo regolati da norme dello Stato stringenti, i DPI comportano anche delle eventuali sanzioni o provvedimenti in caso di mancato adempimento degli obblighi. Ad esempio, il lavoratore che non utilizza il dispositivo utile per la sua professione lì dove ne sussista la necessità sarà oggetto a sanzioni di tipo pecuniario (la legge prevede anche delle pene detentive, che nella gran parte dei casi non vengono però applicate). In particolare, le multe vanno da un minimo di 50 euro fino a un massimo di 600 euro.
Qualora il lavoratore si rifiutasse di indossare i DPI anche dietro insistenza del proprio datore di lavoro, del preposto o della figura delegata, le misure possono essere più severe e possono arrivare fino al licenziamento. Va però aggiunto che tali obblighi per il lavoratore sono condizionati dalla presenza o assenza del necessario addestramento e dalla corretta formazione e informazione per l'utilizzo dei dispositivi. Sono poi previste sanzioni pecuniarie anche in caso di manomissione e modifiche del dispositivo consegnato dal datore di lavoro.
Ma non solo i lavoratori possono essere sanzionati. Sono previste anche sanzioni importanti sia per i datori di lavoro che per il costruttore che produce o distribuisce i dispositivi, o in alternativa per i suoi rappresentanti. Le sanzioni vengono erogate qualora il dispositivo si rivelasse privo dei requisiti essenziali di sicurezza. Nel caso di DPI di prima categoria la multa può andare dai 7.746 euro ai 46.481 euro, mentre nel caso di DPI di seconda categoria si arriva a sanzioni da 9.296 a 15.493 euro. In caso di mancato rispetto dei requisiti necessari per i DPI di terza categoria, invece, la pena è l'arresto da sei mesi a tre anni.
A prescindere dalla categoria, la vendita di dispositivi privi della marcatura CE viene invece punita con una sanzione che va da 2.582 a 15.493 euro.
Quali sono i Dispositivi di Protezione Individuale
Come abbiamo potuto appurare nei precedenti paragrafi, la definizione di dispositivi di protezione individuale è ampia e varia, tanto da comprendere oggetti tra loro estremamente differenti, come una cintura di sicurezza e degli occhiali da sole.
Parlando di DPI per professionisti, però, e tenendo conto delle attuali normative vigenti in Italia per quanto riguarda il mercato del lavoro, possono essere considerati dei Dispositivi di Protezione Individuale i seguenti oggetti:
elmetti, caschi e cuffie;
guanti;
indumenti anticalore;
occhiali, visiere e schermi;
ortoprotettori;
dispositivi per le vie respiratorie;
scarpe di sicurezza;
sistemi di protezione contro le cadute dall'alto.
Elmetti e caschi sono copricapi a coppa fatti generalmente di plastica resistente o rinforzata, oppure di metalli, utilizzati per proteggere la testa dall'impatto e dalla caduta di oggetti. In particolar modo coprono le zone parietali, la sommità del capo e la nuca. Per cuffie si intendono invece copricapi semplici destinati ad avvolgere i capelli per motivi igienici di sicurezza.
I guanti di protezione non sono quelli che utilizziamo per coprirci dal freddo quando andiamo a sciare, bensì dei particolari guanti in possesso di determinate caratteristiche, idonei ad evitare danni da incidenti elettrici, meccanici, chimici, assorbimento di materiali tossici per via cutanea, lesione da agenti fisici di rischio e altro ancora.
Per indumenti anticalore si intendono i dispositivi che forniscono una protezione quando il corpo viene esposto a fonti di calore. Rientrano in questo variegato gruppo cappucci, grembiuli, vestaglie, tute speciali e anche guanti e ghette.
Gli occhiali, come gli schermi e le visiere, sono i DPI necessari per proteggere gli occhi contro diversi tipi di agenti: dai rischi elettrici e meccanici a quelli ottici e chimici, senza dimenticare quelli termici. Mentre gli occhiali coprono prevalentemente i due occhi, gli schermi sono generalmente utilizzati per lavori di saldatura o in prossimità di masse incandescenti e vengono portati a mano dal lavoratore per breve tempo. Le visiere sono generalmente integrate da un elmetto e, come gli schermi, proteggono non solo gli occhi ma anche il volto del professionista.
Quando si parla di ortoprotettori si fa riferimento ai mezzi di protezione auricolare. Servono, in altre parole, per proteggere l'udito. Rientrano in questi categoria i mezzi ad inserimento, che vanno messi nel meato acustico esterno o nella conca del padiglione auricolare, e poi cuffie, costituite da conchiglie che coprono le orecchie. Per quanto riguarda i caschi, sono utilizzati in condizioni di rumore particolarmente forti. Ad esempio nelle sale prove dei motori o nelle sale di collaudo degli aerei a terra. In questi casi è possibile utilizzare anche in contemporanea sia i caschi che le cuffie.
E se i DPI delle vie respiratorie, quelli che proteggono da agenti chimici, possono essere apparecchi di protezione delle vie respiratorie 'isolanti' (indipendenti dall'aria dell'ambiente) e 'a filtro' (dipendenti invece dall'aria dell'ambiente), le scarpe di sicurezza sono invece quei dispositivi atti a proteggere i piedi contro diversi tipi di pericoli, da aggressioni esterne (schiacciamento, ustioni, perforazioni, freddo) e da pericoli derivanti dal contatto con il suolo.
Arriviamo infine ai sistemi di protezione contro la caduta dall'alto. Inizialmente rientravano in questa categoria semplici cinture allacciate alla vita, ma questo tipo di dispositivo è oggi vietato, ed è stato sostituito da un'imbracatura dotata di cosciali e bretelle, in aggiunta alla cintura. Questo tipo di protezione deve essere assicurato direttamente a un cordino fisso a sua volta assicurato a un idoneo ancoraggio fisso. L'obiettivo è ovviamente fare in modo che il lavoratore possa essere salvaguardato da pericoli di caduta ma possa allo stesso modo non essere ostacolato nella respirazione.