Innovazione

Tutela della proprietà intellettuale: l'Italia è ancora indietro nel mondo

Eduardo Cagnazzi

Competere.eu presenta oggi a Manila uno studio realizzato da Property Rights Alliance. Gli esperti: i rischi al Paese potrebbero aumentare con la Belt and Road

Chi più tutela più innova. E’ questa la correlazione tra innovazione e tutela della proprietà, due diritti che sono di stimolo per la produttività e la competizione. E’ questo il tema dello studio sul’International Property Rights Index 2019 (Indice Internazionale sulla tutela dei diritti di proprietà) che verrà presentato oggi a Manila e che Affaritaliani è in grado di anticipare. Lo studio, realizzato dalla Property Rights Alliance, misura come viene tutelata la proprietà in oltre 129 Paesi, rappresentanti il 98 per cento del Pil mondiale ed il 93 per cento della popolazione. Sulla tutela dei diritti di proprietà l’Italia è tuttavia in affanno e ben distante dagli altri Paesi del G7. Si colloca infatti al quarantaseiesimo posto della classifica, dopo il Bahrein e la Giordania, con un punteggio finale di 6.1 su 10. Il distacco con i vertici della classifica è significativo. Finlandia, Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore e Australia, che occupano i vertici, hanno tutte un punteggio superiore a 8.5. I Paesi del G7 mediamente hanno ottenuto un punteggio pari a 7,9.

L’indice si compone di tre voci principali che riguardano il “sistema politico e giuridico”, la “tutela dei diritti fisici” e la “tutela dei diritti intellettuali”. L’Italia è insufficiente nella prima voce, soprattutto per quanto riguarda la stabilità politica e l’efficienza e l’efficacia della giustizia civile, oltre agli alti livelli di corruzione percepiti, mentre raggiunge una risicata sufficienza nelle altre due.

Nonostante il lieve miglioramento, potrebbero sorgere nuovi problemi con l’ingresso dell’Italia nella Belt and Road Initiative, scrivono gli esperti di Competere.eu nel caso studio realizzato per l’Ipri 2019. Il made in Italy, infatti, è penalizzato dalla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti, che provengono per la maggior parte dalla Cina e da Hong Kong. Nel 2016 la perdita subita dalle aziende italiane a causa del falso made in Italy è stata di 24 miliardi di euro, ossia il 3,2% delle esportazioni. L’apertura di una nuova “Via della Seta” potrebbe acuire questo fenomeno, facendo dell’Italia un punto di transito verso l’Europa per nuove merci contraffatte e danneggiando le imprese nostrane.

“I diritti di proprietà -dichiara Pietro Paganini, presidente di Competere.eu (nella foto)- sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica, e una componente fondamentale dell’innovazione. Non è un caso, infatti, che ai primi posti di questo speciale indice si trovino da anni i paesi che innovano di più, come quelli Scandinavi, gli Stati Uniti, Singapore e la Svizzera”.

“E' fondamentale -dichiara Roberto Race, segretario generale di Competere.eu- che la difesa della proprietà intellettuale diventi una priorità per il Governo. La politica e il sistema giudiziario oggi non favoriscono la tutela e mettono in difficoltà le imprese e a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro. L’indice è uno strumento importante per governi e policy maker perché dimostra la relazione che esiste tra tutela della proprietà, innovazione e crescita economica. I Paesi che crescono di più sono, infatti, primi in innovazione e guidano la classifica dell’Ipri. Se vogliamo tornare a crescere dobbiamo intervenire in maniera più determinata per favorire e tutelare imprese e marchi dal fenomeno della contraffazione ”.

Giacomo Bandini, direttore di Competere.eu, e autore del caso studio, sottolinea che con l’ingresso nella Belt and Road Initiative cinese i rischi potrebbero aumentare per la proprietà intellettuale legata al made in Italy. “Prima di proseguire con l’accordo, è necessario pertanto stabilire con la Cina degli standard di tutela della proprietà solidi e concordare attività di contrasto alla contraffazione, che causa 24 miliardi di perdite per l’Italia e le sue aziende”.