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“Anarchia”: la storia della Compagnia delle Indie
Adelphi pubblica l’ambizioso saggio di William Dalrymple, che ricostruisce l’ascesa della Compagnia delle Indie Orientali
Un resoconto storico scritto con estrema accuratezza, per mettere in luce tutta la verità sulla leggendaria Compagnia delle Indie.
William Dalrymple è uno scrittore, giornalista e storico britannico che conosce molto bene il Medio Oriente, il Sud-Est asiatico e l’India in particolare, dato che trascorre gran parte del suo tempo a Nuova Delhi. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo, sempre editi da Adelphi, Il ritorno di un re, in cui l’autore narra il primo fallimentare coinvolgimento militare dell’Occidente in Afghanistan nel 1839, vicende più che mai attuali; Koh-i-Nur, la storia del diamante più famigerato del mondo, una ricostruzione puntuale e avvincente della pietra “maledetta”, ora incastonata nella corona della Regina d’Inghilterra.
In tutti i suoi libri Dalrymple riesce a coniugare un’accurata ricostruzione storica ad una narrativa convincente, in grado di ammaliare il lettore e calarlo nelle intricate vicende dell’epoca. L’approccio dell’autore al tema trattato non è mai parziale, ma multifocale: i continui cambi di prospettiva nel corso della lettura consentono una comprensione in profondità e mettono in luce da una parte in che modo gli eventi geopolitici si intrecciano alle singole personalità coinvolte, con le loro virtù e debolezze, dall’altra come i giudizi sugli eventi cambino radicalmente nel momento in cui si abbandona il punto di vista comunemente accettato dalla nostra cultura. Civiltà come quella indiana, profondamente complesse e raffinate, dalle tradizioni antichissime, vengono finalmente poste nella giusta prospettiva; allo stesso tempo, viene sollevato il velo ideologico che cela i veri moventi dietro agli eventi della storia.
In Anarchia, costato all’autore molti anni di lavoro e ricerche su più campi, troviamo tutto ciò. Questo stupendo volume è edito da Adelphi in una veste grafica particolarmente pregevole: copertina in cartoncino rosso, come le giubbe delle truppe britanniche; pagine fotografiche ad alta definizione, in cui sono riprodotte mappe, quadri e documenti significativi; apparato tipografico eccellente; dettagliato sistema bibliografico e di note al testo.
Sulla fine del ‘500 un ristretto gruppo di individui composto da mercanti, ex-bucanieri e avventurieri sottoscrivono una delle prime società per azioni con l’intento di aprire delle rotte commerciali direttamente tra Inghilterra e India. Al tempo i mari sono in mano ad olandesi, portoghesi, spagnoli e francesi, mentre i mezzi della neonata CIO (Compagnia delle Indie Orientali) sono ancora modesti. Al contrario, l’India è uno stato ricchissimo e potente, per lo più sotto l’autorità del secolare Impero Moghul, in grado di mantenere il controllo su un territorio estremamente vasto, nonostante le tensioni interne ed esterne tra fazioni etniche e religiose alquanto differenti tra loro.
Sebbene non manchino sconfitte e difficoltà iniziali, la CIO, con grande perseveranza e intraprendenza, riesce ad insinuarsi progressivamente all’interno delle fessure che si aprono nel sempre più scricchiolante impero indiano. Dalrymple cala il lettore in vicende che si distendono su un arco temporale di più di due secoli: fazioni, generali, imperatori, re, visir si susseguono in un caleidoscopio di intrighi, guerre, tradimenti, battaglie, stragi, crisi finanziarie e calamità naturali che portano alla morte di milioni di uomini. La corruzione, l’avidità, la fortuna – spesso determinante –, le capacità di alcuni e l’inettitudine di altri sono protagoniste assolute di fatti che hanno dell’incredibile, eppure di frequente passarono inosservati nell’Europa di allora.
L’anarchia di cui parla l’autore è tutto ciò: il lento disgregarsi delle strutture politiche, economiche e sociali dell’impero indiano; processo sicuramente accelerato dalla Compagnia delle Indie Orientali, ma di cui essa non è certo l’unica responsabile. L’ascesa della CIO appare incredibile: da piccola compagnia di mercanti, anno dopo anno – anche grazie ad una licenza commerciale piuttosto ambigua – attua una vera e propria mutazione genetica, trasformandosi in una multinazionale commerciale, amministrativa e militare che non deve rendere conto a nessuno, ad eccezione dei propri azionisti. Nel momento di massima espansione, la CIO gestisce una superficie superiore a quella controllata dall’impero inglese – un impero nell’impero, dunque –, oltre a comandare un esercito professionista di centinaia di migliaia di uomini e a smistare traffici per la metà del bilancio commerciale inglese.
Un altro aspetto interessante che si evince dal libro è il fatto che sono gli europei ad apparire barbari e selvaggi agli occhi degli indiani, in un racconto in cui viene elegantemente demolita la narrazione civilizzatrice che l’Occidente ha utilizzato per spiegare le sue pratiche coloniali. Piuttosto, si deve alla superiorità tecnologica e strategica in campo militare e finanziario il conseguente sfruttamento, quando non persino distruzione, di culture antiche, complesse, raffinate. Anarchia si conclude con pacate e fondate riflessioni sul ruolo sempre più determinante che gli interessi delle multinazionali hanno nelle decisioni politiche e nella polarizzazione dell’opinione pubblica. Dalrymple non va oltre la sua veste di storico, ma il suo invito a lanciare uno sguardo sul passato, anche quello recente, è volto ad aprire nuove prospettive di comprensione sul presente, che troppo spesso appare insensatamente complicato.