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Cittadella dei ricchi e metropoli dei poveri: le due facce della Città Eterna

Una delle tante contraddizioni di cui si parla nel nuovo libro di Francesco Delzio «Liberare Roma» che offre un Piano Strategico per far rinascere la Capitale

Un divario economico e sociale enorme, inaccettabile – e non solo dal punto di vista etico – separa gli abitanti che vivono al centro di Roma da quelli dei quartieri periferici. A lanciare con forza l’allarme è Francesco Delzio, manager, intellettuale e docente universitario, una delle menti più brillanti della generazione dei quarantenni, nel suo nuovo libro appena edito da Rubbettino «Liberare Roma. Come ricostruire il sogno della città eterna».

«A Roma – scrive Delzio – circa 700.000 persone vivono al di fuori del Grande Raccordo Anulare. Senza asili nido, senza luoghi della cultura, senza alcun presidio di sicurezza da parte di Carabinieri e Polizia. Nascono da ciò nuove e ancor più violente forme di esclusione che possono trasformarsi in “prigionia urbana”. Non solo: attingendo ad alcuni studi pubblicati di recente Delzio osserva come applicando alle aree dell’Urbe “l’indice di sviluppo umano” si osservi come «tra aree come i Parioli o il centro storico, in cui l’indice è molto alto, e le aree che fanno registrare l’indice più basso come quelle localizzate nel quadrante Est della città o sul litorale, esiste una differenza molto simile a quella registrata tra Paesi avanzati e Paesi in via di sviluppo».

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«È la dimostrazione – conclude Delzio – dell’esistenza di una spaccatura profondissima all’interno di Roma, che oggi appare addirittura insanabile, tra la cittadella dei ricchi e la metropoli dei poveri. Di fronte a questo livello di differenze, l’appartenenza di centro e periferie a un’unica città diventa solo una formalità amministrativa. E nei prossimi anni tutto lascia pensare che i fenomeni di polarizzazione della ricchezza e di erosione del ceto medio si acuiranno ulteriormente (a Roma come in tutto il mondo avanzato): la Capitale tenderà a esportare la sua periferia nell’area regionale».

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Sfogliando le pagine del pamphlet di Francesco Delzio, si può osservare una Roma prigioniera della cattiva politica e della pessima amministrazione. Prigioniera dello stesso ruolo di Capitale, senza lo status e i finanziamenti delle altre Capitali europee. Prigioniera dell’inerzia della sua classe dirigente economica, sociale e culturale che, per convenienza o pavidità, ha scelto di disinteressarsi del bene comune. Prigioniera – soprattutto – di un sistema di rendite unico a livello globale che rassicura e stordisce i romani, ne raffredda gli animal spirits e blocca gli ascensori sociali.

Non tutto è perduto. Roma può essere “liberata” per rinascere, passando da una terribile strettoia che trasformi la Capitale nel terreno della “battaglia finale” della produzione, dell’innovazione e delle competenze contro le rendite: Roma è infatti oggi – denuncia l’autore – un concentrato di rendite unico a livello internazionale.   

«Incrociando le caratteristiche della Capitale con i macrotrend a livello globale – argomenta Delzio – è possibile costruire un grande progetto che la posizioni “in vantaggio” nella sfida per lo sviluppo che si giocherà nei prossimi anni tra metropoli globali e città internazionali (…). La seconda parte del libro, infatti, è interamente dedicata allo sviluppo di un Piano Strategico per la rinascita di Roma, ricco di idee innovative e di analisi a supporto.

Ma la politica romana ha fallito troppe volte per poterci riprovare da sola: l’unica speranza è chiamare a raccolta le forze migliori della società». Incrociando perfettamente lo spirito dell’era Draghi, Delzio propone un nuovo modello di gestione della Capitale fondato sulla partnership pubblico-privato e una rivoluzione della gigantesca macchina amministrativa romana, grazie ad una “carica dei 100” manager da inserire nei ruoli chiave di gestione di Roma Capitale e delle sue controllate.