Libri & Editori

Giornali cartacei? Zombie uccisi dagli stessi editori che ora li piangono

di Pietro Treccagnoli*

C'è un eccesso di informazione senza notizie ma non esiste solo il Covid: basta scendere in strada o fare qualche telefonata in più evitando le solite persone

Questa mattina sul "Corriere della Sera" è stata pubblicata una pagina intera di pubblicità della Fieg, la Federazione italiana degli editori dei giornali, con la quale si "chiedono ai parlamentari interventi urgenti a sostegno del settore". Un appello che a me fa paura. Perché troppo tardi gli editori italiani si sono accorti che i buoi sono quasi tutti scappati dalla stalla. Sono scappati anche per le politiche suicide che gli stessi editori hanno messo in campo nell'ultimo quarto di secolo.

Già prima della pandemia, la stampa era sull'orlo dell'abisso, per responsabilità anche dei giornalisti, anche mia, nella mia microscopica quota parte, almeno fino a quando ero in servizio permanente effettivo e con un ruolo decisionale molto molto marginale. Con la pandemia si sta verificando il disastro, lo scontro titanico con un iceberg ignorato, uno schianto che si è aggiunto a quello provocato dalla precedente pandemia, subdola e mal governata, dei social (pure io adesso sto scrivendo su un social, contribuendo in quota parte al declino della carta stampata). Ma così è, anche se non vorremmo.

Dato conto dell'appello disperato degli editori, autori del male che adesso subiscono e lamentano, mi preme fare alcune succinte considerazioni. Non vi azzellierò, sarò per quanto possibile, breve.

In questi dieci mesi di pandemia e di infodemia ogni giorno i quotidiani hanno proposto e propongono una ventina di pagine sul Covid, inseguiti e preceduti da tg che non parlano d'altro se non marginalmente (giusta la parentesi delle presidenziali Usa) e di social pieni di post monocordi. Dieci mesi e non se ne vede la fine. Eppure attorno a quelle tre o quattro pagine che danno qualche vera informazione sul Covid, c'è tanta fuffa, peso inutile, interviste superflue a esperti spesso ignoti a se stessi, microfono messo davanti alla mascherina del primo che capita. Fiera della vanità, nuovi narcisismi travestiti da scienza.

Sfuggire alla bulimia del terrore sembra ancora impossibile, tappati come siamo in casa a sorbirci infiniti, ripetitivi, ormai noiosissimi talk show, con l'unica alternativa delle serie tv (ma va bene perfino qualche stravisto film di Totò e Peppino).

I giornali e i tg in questi mesi, in un tourbillon di numeri e affannati inviati inchiodati fuori agli ospedali, erano già vecchi mezzora dopo la stampa o la messa in onda. Superati, inutili, ma anche dannosi nel dare voce a voci senza voce e senza certezze, ognuna in contrasto con l'altra, ognuna sovrapposta all'altra, volutamente messa a confronto con sgangherata sfacciataggine e con la scusa della par condicio. Speriamo che i vaccini siano la soluzione e non l'ennesimo problema.

La replica a chi, come me adesso, punta il dito sull'eccesso di informazione senza notizie, è che il mondo è fermo, non c'è altro che il Covid. Non succede nulla. Be', non è vero. C'è altro oltre il Covid. C'è sempre altro, basta scendere in strada (i giornalisti possono) o fare qualche telefonata in più evitando le solite persone. Invece è più facile attingere alla mangiatoia bassa dei social o dei comunicati stampa e alle perfide imbeccate informali dei soliti ben informati, ma molto interessati.

Temo che la morte della carta stampata arriverà prima del previsto, alla faccia del cappello in mano degli editori. Forse la morte è già arrivata e sul palcoscenico è in corso una danza macabra di zombie.

 

Appello fieg
 

*Da Facebook