Libri & Editori
L'epoca d'oro della canzone italiana narrata da un protagonista
di Raffaello Carabini
La trimurti della "fu" discografia italiana era formata negli anni del grande boom (grosso modo un trentennio, a partire dai primi 60) da Ennio Melis, Vincenzo Micocci e Lucio Salvini. Furono loro, dalle poltrone di direttore artistico e/o generale delle maggiori etichette, a traghettare i nostri ascolti dalla musica leggera "cuore-amore" e melodie melense alla poetica dei cantautori e al pop-rock, durante una stagione elettrizzante, caratterizzata da successi venduti in milioni di copie e da flop profondi, da geniali invenzioni promozionali e da spudorate furbizie commerciali, da intuizioni immediate e da colpi di pura fortuna, da concerti in giro per il mondo e da cavalcate su e giù per la penisola (letterali come quella del 1970 da Milano a Roma di Battisti e Mogol ed eufemistiche come le trionfali tappe del Cantagiro).
"Non erano solo canzonette" di Lucio Salvini (Skira, pgg. 293, € 18,50) è un volume agile e leggibilissimo che ci propone trent'anni di memorie di un grande protagonista. Una serie di retroscena, bizzarrie, astuzie e curiosità, narrati con lievità e partecipazione dedicati ciascuno a un personaggio celebre, introdotti da puntuali presentazioni che li contestualizzano nel periodo, opera del giornalista Giovanni Choukhadarian.
Ci vengono così presentati ricordi che vanno dalla fondazione della Dischi Ricordi con i lanci dei "Sassi" firmati da Gino Paoli e "Il cane con i capelli" gonfiabile di Jannacci, il salvadanaio del Banco e l'anonimo Guardiano del Faro; operazioni uniche come la doppia uscita a brevissima distanza (cosa mai successa nel mondo) degli album di Edoardo Bennato "Uffà! Uffà!" e il celeberrimo "Sono solo canzonette", da cui prende il titolo lo stesso libro, oppure i primi dischi per beneficenza e quelli venduti in edicola; scherzi goliardici, dalla pipì negli stivaletti di Ricky Gianco alla dissenteria di Renzo Arbore; i retroscena delle manifestazioni dell'epoca, come il Festivalbar oppure Castrocaro; le magnifche tette di Loredana Bertè esibite all'indifferente omosessuale Cat Stevens oppure la scarsezza a poker di Celentano oppure ancora il mancato incontro di Patty Pravo con i primi astronauti in partenza per la Luna.
Senza seguire un percorso cronologico, Salvini ci fa vivere con sorridente ironia quella che il sottotitolo definisce "L'epoca d'oro della canzone italiana", dimostrando l'attenzione che i discografici avevano comunque per il loro fine ultimo, le vendite. Il tutto trattato con l'eleganza e la signorilità conosciute dell'autore, fin troppo "politically correct", sempre lontano da ogni gossip e dalla, ai tempi invasiva, triade sesso, droga e rock&roll.