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Aldo Cazzullo e la critica all'Italia nella Grande Guerra

Giuseppe Vatinno

Cazzullo attacca D'Annunzio e i generali

Aldo Cazzullo, ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera, ha voluto scrivere un articolo che dovrebbe essere di commemorazione dei cento anni della vittoria italiana del 4 novembre nella Grande Guerra.

Intento assolutamente encomiabile, ma il risultato ha lasciato molto a desiderare.

Infatti, Cazzullo non perde occasione per denigrare le strategie militari italiane e lo fa con un  condimento in salsa sociologica francamente irritante e cioè, secondo lui gli ufficiali nobili e borghesi avrebbero mandato allo sbaraglio i fanti proletari e contadini per soddisfare la propria vanità strategica e tattica che Cazzullo definisce “criminale”, incuranti delle pallottole austro-ungariche e cita a supporto un libro di stampo deamicisiano, “Un anno sull’altopiano” di Emilio Lussu in cui sono gli austriaci a voler risparmiare gli italiani dalla insensatezza dei “signori ufficiali”.

Ovviamente non è così. Gli atti di umanità in guerra ci sono sempre stati, ma sono frutto della sensibilità (e della coscienza) dei singoli individui e non una reazione programmata alla “insensatezza” degli attacchi italiani.

Questo senza niente togliere ai gravi errori che furono commessi dai generali italiani, basti pensare per tutti a Caporetto da Luigi Cadorna che infatti perse il comando e avviò quel processo di ricambio dei vertici militari che condussero al trionfo di Vittorio Veneto con il generale Armando Diaz.

Parimenti, anche i primi ministri si succedettero con Antonio Salandra (liberale, poi conservatore), Paolo Boselli (liberale) e Vittorio Emanuele Orlando (destra liberale cattolica).

Insomma il sistema, sia a livello militare che politico, resse perfettamente e rimediò agli errori commessi portando l’Italia al successo.

Cazzullo sembra elogiare, obtorto collo, la vittoria finale, ma trova il modo di fare retorica, come la citazione dell’apporto delle donne soldato di cui francamente non c’è molta traccia né evidenza storica. E non poteva mancare nella retorica cazzuliana l’attacco a Gabriele D’Annunzio “la cui responsabilità di averci trascinato in guerra è immensa”, come se fossimo ancora a discutere di interventismo e neutralismo.

Cazzullo è rimasto fermo a cento anni fa ed evidentemente considera sbagliata una guerra che portò invece l’Italia a recuperare le città di Trento e Trieste e di completare così il percorso di rinascita nazionale avviato con il Risorgimento.