Medicina

Biorobot. Creata in Usa dalle rane una macchina biologica ‘quasi viva’

Daniele Rosa

I nuovi soggetti potrebbero ‘lavorare’ nel campo medico e ambientale.

‘Ricreare la vita’  è sempre stato il sogno di tutti gli scienziati del mondo. Un sogno impossibile fino ad ora per tutti. Dagli immaginari e discutibili esperimenti del dottor Victor Frankenstein fino agli attuali studi approfonditi e avanzati di biologia molecolare.

 

Non certo la vita ma qualcosa di ‘quasi vivo’ è stato realizzato negli Stati Uniti.

 

’Un biorobot, né robot né organismo vivente, ma una terza classe di materia animata’ è stato l’incredibile risultato, pubblicato sulla rivista americana PNAS, a cui sono giunti quattro giovani, due biologi americani e due esperti in robotica,finanziati dal Dipartimento della Difesa statunitense.

Biorobot, una nuova forma di 'quasi vita'

Sam Kriegman e Josh Bongard, giovani esperti in robotica e due biologi, Michael Levin e Douglas Blackiston, hanno iniziato il loro studio nel loro lavoro utilizzando cellule del cuore e della pelle  di un tipo di rana africana.

Attraverso un supercomputer hanno poi simulato diversi milioni di processi differenti di aggregazioni di tali cellule e il comportamento delle stesse nei differenti modelli.

 

Il risultato della ricerca per creare una ‘quasi vita’ si è concretizzato in una sorta di macchina biologica di mezzo millimetro costituita da un centinaio di cellule in grado di muoversi in una direzione determinata.

 

I risultati,a detta degli stessi ricercatori, sono promettenti, ma ancora abbastanza lontani da quelli che potrebbero essere gli utilizzi  dei biorobots soprattutto in campo medico e ambientale: dalla pulizia delle arterie intasate da placche di colesterolo, alla diagnosi di tumori fino alla messa in sicurezza di ambienti contaminati.

Biorobot, una nuova forma di quasi vita

Ciò che invece sono emersi, in modo abbastanza evidente, da questa scoperta/creazione di una sorta di ‘quasi vita’, sono gli aspetti etici e filosofici di soggetti di questo tipo.

Come dovranno essere considerati questi ‘biorobots’?. Solo macchine, solo organismi, o una terza specie?

 

Sarà quindi necessario, osservano i ricercatori, ripensare, per questi ‘soggetti’, ad una nuova definizione di vita e pure ad una diversa definizione di macchina.

 

In fondo i nuovi organismi sono formati da cellule di rana ma non hanno né la forma né tantomeno si comportano come una rana.

 

La verità su questi su questi soggetti, per chi crede in un qualcosa di soprannaturale e non solo nella scienza, è subito trovata: potrebbero essere soltanto un ennesimo tentativo fallito dell’uomo di voler creare una sorta di vita sostituendosi al ‘Creatore’.

Un nuovo tentativo di modificare geneticamente il comportamento delle cellule in un corpo. Per chi invece crede nella forza unica della scienza i biorobots sono un primo passo importante verso una sorta di soggetti ‘quasi in vita’ dal potenziale inimmaginabile.

 

Per meglio comprendere quanto potrebbe essere questo potenziale di questi nuovi organismi gli studiosi americani hanno presentato un esempio, semplice ma molto chiaro.

In natura, sostengono i giovani studiosi americani, uno dei sistemi costruttivi più complessi è il formicaio. Nessuna formica però tiene idea del disegno della sua casa, ma tutte insieme agiscono per crearla uguale e sempre nello stesso modo.

Obiettivo degli scienziati è così di riuscire a modificare geneticamente i comportamenti e, nel caso dell’esempio,far si che gli animali costruiscano un modello di casa differente, ad esempio con due porte di ingresso invece che una sola.

 

E’ chiaro che la conoscenza del comportamento delle cellule nella costruzione di un biorobot potrebbe aprire enormi spazi di conoscenza e possibilità sia sotto l’aspetto medico, nella medicina rigenerativa ( ricostruzione di pelle e arti) per esempio, sia nell’ambito della robotica, dove si potrebbero migliorare comunicazioni e piattaforme di intelligenza artificiali.

 

Ed ancora l’evoluzione di questa scoperta potrebbe dare una mano a risolvere , ad esempio, uno dei grandi problemi ambientali della terra: la presenza di microplastiche negli oceani.

Infatti se si riuscissero a creare grandi quantità di bioborobots essi potrebbero essere dispersi negli oceani con un compito preciso: quello di riuscire a raggruppare grandi quantità di microplastica che potrebbero poi essere facilmente distrutte.

Senza dimenticare che tutti questi organismi, essendo biodegradabili, potrebbero alimentare la fauna marina.

 

In questa corsa dell’uomo verso la creazione della vita , più o meno artificiale, i ricercatori ne hanno riconosciuto, obiettivamente, i limiti e i rischi.

’Siamo ancora lontani anni luce,  osservano,  riguardo alle molte applicazioni immaginate’.

 

Anche perché il primo biorobot realizzato è costituito da un centinaio di cellule. Le simulazioni fatte arrivano fino alla preparazione di grandi biorobot con qualcosa come 300000 cellule. Sembrano valori grandissimi che però vengono subito ridimensionati se si considera il numero di cellule presente in un corpo umano, ben 30 bilioni.

 

Altri e comprensibili punti di domanda che gli studiosi si sono fatti è capire quali saranno i rischi di un abuso di questa tecnologia e soprattutto di come fare ad ‘ammazzare’ queste cellule robot alla fine del loro lavoro, del rischio che possano autoriprodursi in continuo.

Certo che un lavoro importante come questo fa capire,ancora una volta e se voce ne fosse bisogno, di quanta ricerca l’uomo debba fare per avvicinarsi, ma solo avvicinarsi, ad un qualcosa di simile a quello che in natura, invece, avviene ogni secondo, e cioè la nascita della vita.