Dallo Smart working al Near working, nuovi paradigmi per una città che cambia
Tra pochi giorni le metropolitane e le strade meneghine si riempiranno di lavoratori pronti a tornare nei propri uffici. I milanesi sono abituati a lunghe traversate cittadine, ma come sarebbe la loro vita se invece di cambiare due autobus il loro ufficio si trovasse a 15 minuti a piedi da casa?
Tra le priorità di chi – come me – si candida ad amministrare Milano, dovrebbe esserci quella di utilizzare lo Smart working come un alleato per migliorare la vita delle persone attraverso la creazione di nuovi spazi lavorativi di vicinato, utili a ridurre gli spostamenti e a dare nuova vita ai quartieri. Infatti, Smart working non significa semplicemente lavorare da casa ma, al contrario, significa lavorare con meno vincoli spaziali e temporali, mettendo al centro gli obiettivi invece del monte ore lavorate. Uno dei luoghi chiave per chi fa Smart working sono i co-working, spazi dove aziende, start-up e professionisti si incontrano condividendo la scrivania ma anche generando nuove connessioni e opportunità di business.
Le grandi città europee stanno investendo in questi spazi, che sorgono spesso in aree industriali dismesse contribuendo alla riqualificazione di interi quartieri, come Betahaus a Berlino, o in edifici pubblici abbandonati, come il Maria 0-1 a Helsinki, che ha ridato vita a un ospedale chiuso da anni. Questi spazi hanno, infatti, la capacità di contribuire al rilancio del quartiere o dell’isolato in cui si trovano, come accaduto anche a Milano con il Talent Garden Calabiana tra Lodi e Brenta.
Il Comune di Milano lavora sul tema già dal 2013, stanziando risorse per incoraggiare i privati a investire in aree della città scoperte. Una politica che si è rivelata lungimirante in tempi di pandemia, poiché ha dato ai lavoratori – inclusi i dipendenti comunali – un’alternativa al tavolo di casa, dove magari già c’erano un altro lavoratore o i figli in didattica a distanza.
Milano è oggi la città con più spazi di co-working in Italia (ben 119!); secondo i dati presentati da Yesmilano, quelli più grandi prediligono le aree periferiche, mentre quelli specializzati nei settori dell’architettura e del design si trovano in quartieri che ospitano mostre ed eventi durante l’anno. Attualmente si possono trovare spazi di co-working più o meno ovunque, anche se la copertura non è capillare e non tutte le aree della città ne hanno uno a meno di 15 minuti.
Rendere gli spazi di co-working luoghi di Near working, per lavorare in modo smart nei pressi a casa, è un tassello chiave per accelerare la trasformazione della città e la riqualificazione di molti quartieri che al momento sono poco o mal serviti. Cosa fare dunque?
Il Comune, con il suo patrimonio immobiliare, può contribuire a offrire a prezzi vantaggiosi nuovi spazi, soprattutto in aree dismesse o non valorizzate di Milano. Per far sì che sempre più lavoratori e lavoratrici milanesi scelgano di usare i co-working, il Comune dovrebbe anche impegnarsi a sostenere le spese di accesso con dei voucher, magari coinvolgendo i datori di lavoro attraverso le associazioni come Assolombarda. Bisogna poi continuare a sperimentare la contaminazione tra pubblico e privato, trovando luoghi in cui i lavoratori della pubblica amministrazione possano lavorare a fianco di quelli delle aziende private (come già sperimentato durante la pandemia).
Chi si candida ad amministrare la città, come me, dovrebbe considerare proprio politiche di questo genere, che offrono a Milano l’opportunità di diventare una città sempre più efficiente, dinamica, sostenibile e attrattiva sul piano internazionale, con impatti positivi anche su tutti i suoi quartieri.
Giulia Pastorella ha 35 anni ed è responsabile delle relazioni istituzioni europee per Zoom. Ha vissuto molti anni all’estero studiando a Oxford e LSE. Esperta di innovazione e tecnologia è con Carlo Calenda tra i fondatori di Azione. Alle elezioni amministrative di ottobre 2021 è candidata come capolista della lista I riformisti - Lavoriamo per Milano a sostegno del sindaco uscente Beppe Sala