Milano
A scuola a giugno, luglio e settembre: una modesta proposta politica
Orari più lunghi e scaglionati, cambiare i tempi delle città: rivedere il sistema scolastico e lavorativo nella fase 2 sarà un lavoro immane
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Ci siamo presi un bel po' di insulti, ma ce l'abbiamo fatta. Tutti insieme. A sconfiggere il virus? Macché. A mettere in luce che in Italia esiste un altro virus, molto più potente, meno letale ma sicuramente altrettanto dannoso, del Covid: il corporativismo. Non nuova come cosa, e in fondo tollerata. Siamo tutti una corporazione. Primi fra tutti i giornalisti Ma fin quando le corporazioni sono una forma di difesa, diciamo che le tolleriamo un po' tutti. Oggi a me, domani a te. Il motore del Paese è un po' ingrippato ma nessuno sta davvero e incontrovertibilmente male. Invece questo virus ha fatto saltare tutti gli schemi. Tutti gli schemi. Pensate che cosa succederebbe se per rivendicazioni sindacali si fermassero gli addetti della filiera alimentare. Pensateci un po'. Moriremmo di fame. E gli autotrasportatori. I benzinai ci hanno provato, inutilmente, per fortuna. In tutto questo c'è la questione delle scuole. Io non so che cosa si può fare per garantire - come è dovuto - la sicurezza degli operatori, e dunque degli insegnanti e non solo, e ancor di più la sicurezza dei bambini. Ma so per certo che se si riapre tutto a casa i bambini non possono stare, e dai nonni - a meno che non vogliamo un caso Rsa moltiplicato per centomila - non possono andare. Il modo di risolverlo non è dicendo: ci vediamo a settembre, quando verosimilmente dovremo stare a lavorare anche questa estate. Il modo di risolverlo è cercare soluzioni. Ci ha provato Beppe Sala con le summer school, che però, francamente, non mi sembrano risolutive. Mi sembrano la cartina di tornasole di un malessere che non può essere il Comune a risolvere. E neanche la Regione. Deve essere il Governo. Riaprire le scuole a giugno e luglio. Riaprirle il primo di settembre. Fare orari più lunghi e scaglionati, cambiare i tempi delle città. Il lavoro da fare è enorme. Ma in fondo abbiamo 400 task force. Qualcuno che si occupi di far andare il cervello, statisticamente, ci deve pur essere.
fabio.massa@affaritaliani.it